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A 33 anni, Alessio Cerci torna in pista con l’Arezzo, per la prima volta in Serie C. Ripercorriamo le tappe della carriera di un giocatore nomade, geniale e complicato.

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C’è stato un periodo in cui Alessio Cerci sembrava destinato a conquistare il mondo. Nel 2014 era l’ala più determinante della Serie A e uno dei punti fermi della Nazionale di Prandelli, che all’epoca schierava un suggestivo tridente offensivo composto da giocatori geniali quanto discontinui: Cerci, appunto, con Cassano e Balotelli. Poi, qualcosa andò storto e la sua carriera precipitò.

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Oggi, a 33 anni, Cerci riparte dalla Serie C con l’Arezzo, la squadra toscana allenata da Alessandro Potenza che ha iniziato in maniera molto deludente il campionato (due sconfitte e un pareggio) e ha bisogno di una scossa quanto prima, se vuole tornare a lottare per l’alta classifica, dopo aver rinunciato ai play-off nella scorsa stagione.

Cerci, il gioiello di Velletri

Nato a Velletri nel 1987, e poi cresciuto a Valmontone, Cerci si mette presto in mostra nella Primavera della Roma a metà anni Duemila, nella stessa generazione di Curci, Rosi, Galloppa e Virga. Fin da subito è evidente a tutti che ha un talento fuori dal comune: schierato come ala destra, semina il panico sulla fascia, rientra e tira con una facilità impressionante, mettendo in mostra quel movimento che, di lì a poco, verrà reso celebre a livello mondiale da Arjen Robben.

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Cerci strega Fabio Capello, che nel maggio del 2004, all’ultima di campionato, lo fa esordire in prima squadra benché non abbia ancora compiuto 17 anni. È ancora giovane, e la Roma è una grande squadra in un periodo di transizione, dall’epoca dorata di Capello al più morigerato corso di Spalletti; Cerci è un giocatore dalla forte personalità e consapevole del proprio talento: di restare ai margini della squadra maggiore, non ne vuole sentir parlare.

Inizia così a girare in prestito: la prima volta è a Brescia, in B, dove parte riserva ma presto diventa uno dei sostituti favoriti a disposizione di Serse Cosmi. L’anno dopo è a Pisa, e qui vive un momento fondamentale della sua carriera: Gian Piero Ventura decide di schierarlo più avanzato, da seconda punta, lasciandogli grande libertà. Cerci, nonostante un infortunio che lo tiene a lungo fuori dal campo, disputa una stagione da 10 gol e 7 assist in 26 partite, e diventa per i i tifosi il “Thierry Henry di Valmontone”.

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Il salto di Cerci in Serie A

“Penso di rimanere a Roma. Credo di potere fare molto bene anche qui, ho voglia di giocarmi le mie possibilità” dice nell’estate del 2008, ma la società giallorossa è di un altro avviso, e lo dà in prestito per la terza volta, ora all’Atalanta. Altri infortuni non gli permettono di rendere al meglio, e ritorna a Roma, dove Spalletti sembra intenzionato a dargli finalmente spazio, tanto che Cerci trova la sua prima rete in giallorosso nel play-off di Europa League.

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L’improvviso cambio in panchina (Ranieri prende il posto di Spalletti) non gli giova, anzi lo allontana dai titolari, e per Cerci tutto ricomincia daccapo. Viene così ceduto, per 4 milioni di euro, alla Fiorentina: la Toscana si conferma la sua terra calcistica prediletta, e finalmente inizia a fornire le prestazioni che ci si attende dal suo talento, al punto che Roberto Mancini lo fa inserire tra gli obiettivi principali del suo Manchester City.

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Ma Alessio Cerci è il più classico genio e sregolatezza, e Firenze è una piazza dove, se non conquisti i tifosi, non puoi sperare di avere successo. Arrivato già tra i malumori (la Viola era reduce da una grande stagione, ma il mercato era stato di basso profilo, e il grave infortunio a Jovetic esigeva un sostituto di peso, che Corvino aveva individuato proprio in Cerci), entra spesso in conflitto con la tifoseria, in particolar modo per i suoi comportamenti extra-campo, ma anche e soprattutto diventando come capro espiatorio per la brutta stagione della squadra.

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“Perché ce l’avevano con me? Ancora me lo devono spiegare. Non arrivavano i risultati, la squadra andava male, ma io sembravo l’unico colpevole. Forse perché giovane, forse perché sono di Roma e qui i romani non li possono vedererisponde, mentre ribadisce di voler rimanere. Invece, nell’estate del 2012, la Fiorentina lo scarica per 2,5 milioni al Torino.

Cerci e Ventura, di nuovo insieme

In Piemonte, Cerci ritrova Gian Piero Ventura e una società ambiziosa, dopo la promozione in Serie A. Al Torino, vive due anni magici, i migliori della sua carriera, qualificando la squadra per l’Europa League grazie a un record di 75 presenze, 21 gol e 23 assist, conquistandosi inoltre un posto in Nazionale.

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È un momento decisivo per l’intero calcio italiano: il biennio granata pone le basi per la chiamata, nel 2016, di Ventura in Nazionale, e rivitalizza anche uno dei principali attaccanti italiani degli ultimi anni, Ciro Immobile. “Per tre mesi ho letto che Cerci non poteva giocare da seconda punta. I fatti, però, hanno smentito tutto, dimostrando che lui è un giocatore universalespiega, senza mezzi termini, Ventura.

La parabola discendente

Nel 2014, Cerci è al suo punto più alto: l’Atletico Madrid lo acquista per 15 milioni di euro. Nella stessa sessione di mercato, ai Colchoneros è arrivato pure Antoine Griezmann, che teoricamente gioca nel suo stesso ruolo: la competizione tra i due è senza storia, l’italiano si stufa e pretende pù minuti da Simeone, e la favola finisce.

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A gennaio è di nuovo in Italia, in prestito al Milan, ma non lascia il segno. Tanto lenta è stata la sua ascesa, quanto rapido è il crollo: in picchiata, Cerci attraversa come una freccia Genoa e Verona; approda in Turchia, all’Ankaragucu, che si rivela senza dubbio la peggiore tra tutte le sue scelte di carriera. Il club scopre di non avere i soldi per pagarlo, così lo mette fuori rosa, e si finisce in tribunale. Nel 2019 rimane svincolato, e riparte dalla Salernitana, tornando in Serie B, di nuovo allenato da Ventura.

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Ma stavolta le cose vanno diversamente: i campani si aspettano di aver fatto il colpo che sarebbe valso la promozione, e invece le prestazioni di Cerci sono molto sottotono. Il rinnovo per la seconda stagione non scatta, e l’ex-romanista è nuovamente appiedato. Arezzo è l’ultima chiamata per Alessio Cerci, che ritorna nella Toscana da cui aveva spiccato il volo ormai dodici anni fa, e cerca di ricucire il filo della storia.

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