Il Sassuolo si trova a rischio retrocessione per la prima volta in dieci anni, e per la prima volta dal 2017 ha cambiato allenatore in corsa. Cosa è successo a quello che era ritenuto un club modello?
L’esonero di Alessio Dionisi non ha fatto scalpore quanto avrebbe dovuto. Arrivato al Sassuolo dopo un’esaltante promozione ottenuta con l’Empoli, era considerato uno dei più promettenti allenatori italiani della sua generazione e un potenziale nuovo De Zerbi. Invece è diventato il “nuovo Bucchi”, l’ultimo allenatore esonerato in corsa dagli emiliani, alla fine del 2017. Il suo fallimento tecnico è però il sintomo dei più grandi difetti di un modello che, negli scorsi anni, è stato esaltato ben oltre i suoi reali meriti.
Il club della Mapei ha raccolto molti consensi in Italia per il suo interesse nel lanciare giovani di grandi prospettive, sia in campo (Locatelli, Raspadori, Traoré, Frattesi, Scamacca) che in panchina (Di Francesco, De Zerbi). Per molti è diventata l’unica squadra in Serie A a credere veramente nei giovani e a cercare di proporre anche un gioco moderno pur senza essere un club di primo piano o spendere cifre importanti sul mercato. Il rovescio della medaglia, troppo poco evidenziato in questi anni, è che nonostante questo lavoro il Sassuolo è rimasta una squadra di secondo piano del panorama italiano. Dalla sua promozione in Serie A, nel 2013, solo una volta si è qualificata in Europa, nel 2016 (uscendo poi ai gironi dell’Europa League), e negli ultimi cinque anni non è mai andata più su dell’ottavo posto.
Questo ha avuto conseguenza diretta la formazione di una squadra è che gioca sì tranquilla, senza la pressione eccessiva del risultato, ma che di recente è sembrata anche faticare a trovare le adeguate motivazioni (infatti, le partite più brillanti le abbiamo viste contro le big del campionato: il Sassuolo è l’unica squadra ad aver battuto l’Inter in campionato). La totale assenza in Europa è uno dei “peccati originali” dei neroverdi: che senso ha assicurarsi giocatori di talento e dar loro spazio, se poi non gli si garantisce di fare esperienza ai massimi livelli? Scamacca, Raspadori e Frattesi si sono affermati come alcuni dei migliori prospetti italiani degli ultimi anni, ma sono rimasti privi di presenze internazionali fino quasi ai 23 anni, e il risultato è che adesso che giovani non sono più sono tutti e tre riserve nelle loro rispettive squadre.
Il fragile calciomercato del Sassuolo
Un altro punto, maggiormente legato alla crisi di questa stagione della squadra emiliana, è legato al calciomercato. Dopo la prima stagione di Dionisi in panchina è avvenuto un passaggio di consegne tra la generazione di Scamacca, Raspadori e Boga e un nuovo progetto tecnico. L’attacco è stato tutto da rifare, con la sola costante di Berardi, e su questo fronte il Sassuolo ha completamente sbagliato a investire: Pinamonti, Laurienté, Thorstvedt, Matheus Henrique e Agustin Alvarez non si sono ancora rivelati sostituti adeguati. Lo stesso lo possiamo dire anche di Volpato, Ciervo, Bajrami e Mulattieri, sorpresa l’anno scorso in Serie B e praticamente invisibile quest’anno in A.
Un club che era divenuto famoso per avere in rosa diversi giovani in grado di essere già protagonisti nel massimo campionato italiano, oggi si ritrova senza nessun titolare con meno di 23 anni. Oggi il Sassuolo non è più la squadra delle giovani promesse, ma piuttosto una composta da ex giovani inespressi. A ciò si aggiunge, come ultimo tassello di una strategia di mercato più che discutibile, il disinteresse nell’acquisto di giocatori non offensivi, e difensori in particolare. Questo sembra il sintomo di una società che ha sempre pensato molto al reparto avanzato e meno a quello arretrato: in questi anni la difesa è cambiata pochissimo, e vanta ancora dei senatori inossidabili come Consigli e Ferrari. Solo la scorsa estate si è provato a introdurre alcune novità con Pedersen e Viti, e poi a gennaio con Doig e Kumbulla. Ma quella emiliana resta la terza peggior difesa del campionato.
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