Ilario Castagner e il Perugia dei miracoli del 1978-79, una squadra passata alla storia del calcio italiano, ma di cosa stiamo parlando e perché è stata così importante?
Ilario Castagner, Fabio Capello e Antonio Conte: solo tre allenatori nella storia del campionato hanno chiuso imbattuti una stagione. Il primo è stato propri il tecnico scomparso ieri.
E se Capello e Conte ci erano riusciti alla guida di squadre comunque di caratura, come Milan e Juventus, Castagner ci riuscì nel 1979 con il Perugia, peraltro l’unica di queste squadre a non aver vinto lo scudetto.
Anche per questo motivo il tecnico di Vittorio Veneto va ricordato, insieme a quella formazione, come merita.
Perugia dei miracoli la storia
Che schema aveva quel Perugia? Una sorta di 1-3-2-3-1 ispirato dal calcio totale degli olandesi, con il libero dietro, naturalmente, che era Pierluigi Frosio, scomparso proprio un anno fa.
Malizia in porta, Frosio come libero, appunto, e con linea di difesa a tre composta da Nappi, Della Martira e Ceccarini – soprannominato ‘Tigre‘ per la grinta che metteva in campo. Il centrocampo a due vedeva titolare il neoacquisto dal Parma Cesare Butti e Paolo Dal Fiume, mentre il reparto offensivo era composto da Salvatore Bagni, Walter Speggiorin e Franco Vannini, con Gianfranco Casarsa come unica punta.
Qui un ipotetico schema
Malizia
Frosio
Nappi, Ceccarini, Della Martira
Butti, Dal Fiume
Bagni, Vannini, Speggiorin
Casarsa
Vannini che in realtà era uno capace di fare il “falso nove”, e la cui carriera venne troncata in due da un fallaccio di Fedele dell’Inter: tibia e perone per Franco, all’epoca la chirurgia non era come oggi, fine delle trasmissioni per uno dei “freak” più leggendari del calcio italiano.
Con questa squadra Castagner andò a un passo dal vincere un incredibile scudetto, perdendolo solo per tre punti contro il Milan della “Stella”, che conquistò appunto il suo tricolore numero dieci, l’ultimo con Gianni Rivera in campo, prossimo al ritiro come calciatore.
In un campionato con ancora 16 squadre, il Perugia vinse 11 partite e ne pareggiò 19. Un risultato assolutamente clamoroso, visto che le favorite erano altre. Forse nemmeno il Milan, bensì la Juventus (terza), l’Inter e il Torino quinte a pari merito.
Il miglior marcatore del Perugia di quell’anno fu Speggiorin, che segnò 9 gol. Altre statistiche clamorose, le sole 6 partite su 30 in cui gli umbri andarono sotto nel punteggio e una difesa strepitosa, capace di subire appena 16 reti, la migliore del torneo, con Malizia imbattuto 16 volte.
Una squadra modernissima non solo in panchina ma anche dietro la scrivania. Due le figure decisive, il direttore sportivo Silvano Ramaccioni (futuro milanista) e il presidente Franco D’Attoma.
Ramaccioni, umbro di nascita, fu un clamoroso scopritore di talenti, ad esempio andò a pescare Salvatore Bagni, prelevato dal Carpi, che all’epoca era in Serie D, e che diventerà un giocatore da nazionale capace di vincere anche uno scudetto con il Napoli di Maradona.
Il presidente Franco D’Attoma era un altro personaggio incredibile: pugliese di nascita, si trasferisce a Perugia per frequentare la rinomata università cittadina, diventando presidente della squadra del capoluogo umbro nella prima metà degli anni Settanta. Tra le sue idee migliori, gli sponsor sulle maglie, che permetteranno l’anno successivo di arrivare addirittura a Paolo Rossi, seppur in prestito.