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L’arrivo di Pastore all’Elche riporta in auge la figura di Bragarnik, plenipotenziario agente e proprietario del club, con un passato oscuro e una carriera partita da zero

A mercato finito e durante una sosta che ha calamitato la maggior parte delle attenzioni sui match di qualificazione a Qatar 2022, in Spagna sono stati battuti un paio di colpi di mercato a parametro zero niente male. Mentre il Rayo Vallecano si assicurava Radamel Falcao, l’Elche – a pochi giorni dall’acquisto di Dario Benedetto – ufficializzava Javier Pastore.

Il Flaco, fresco di risoluzione con la Roma, ha deciso di accettare la chiamata del club valenciano, al secondo anno in Liga dopo una salvezza abbastanza inaspettata, arrivata in seguito a una promozione raggiunta nei minuti di recupero di una finale playoff mozzafiato.

Elche, la creatura di Bragarnik

Una scelta curiosa, quella del trequartista argentino, ma nemmeno troppo. Infatti, il trasferimento di Pastore all’Elche è stato veicolato da Christian Bragarnik, proprietario del club ma anche, parallelamente, socio di maggioranza di una delle agenzie di procuratori più potenti al mondo.

Che porta di fatto il suo nome, a testimonianza di quanto sia egocentrico e accentratore, e dà lavoro anche a qualche parente, perché fidarsi della propria famiglia è meglio. In circa due anni di gestione all’Elche, Bragarnik ha stabilizzato la situazione economica di un club che stava per fallire, in una terra nella quale i biancoverdi vivono da sempre all’ombra di Valencia e Levante.

Lo scorso anno ha rivoltato la rosa come un calzino, movimentando 18 giocatori in entrata e 20 in uscita, per poi affidare la panchina a Jorge Almiron – suo connazionale, non a caso, e poi si capirà il perché – ma correggendo il tiro in corsa, cacciandolo per tentare l’assalto alla salvezza con il più esperto Fran Escribà.

L’asse con l’Argentina

Scorrendo la rosa messa a disposizione di Escribà si nota la forte presenza di calciatori argentini. Il motivo è facilmente intuibile: la maggior parte di questi ragazzi, direttamente o indirettamente, fanno parte della sua scuderia o sono rappresentati da colleghi amici, con i quali Bragarnik da anni lavora a stretto contatto.

Il 3 dicembre 2019, nella conferenza stampa di insediamento, il patron chiarì subito la volontà di tornare in Liga, facendocela al primo colpo. Lo scorso anno, sfruttando la vetrina del miglior campionato al mondo, ha riempito la squadra di connazionali e, in estate, ha sfruttato ganci personali per mettere le mani su nomi che, se non altro, fanno volare la fantasia dei fan.

Dario Benedetto e Javier Pastore sono solo gli ultimi colpi di un Elche che, a oggi, in rosa conta sette argentini, ma anche due colombiani e un cileno, a riprova che il Sudamerica rimane un po’ il feudo nel quale, in assenza di Mino Raiola e Jorge Mendes, Bragarnik è libero di spadroneggiare.

Il caso Defensa y Justicia

Ex attaccante dalla carriera tranquillamente bypassabile, ha cominciato a operare quasi per caso quando, anni fa, un amico gli chiese di fargli da procuratore. Bragarnik ci si ritrovò per caso e da lì cominciò a costruirsi una rete molto forte e consolidata, che negli anni lo ha portato a monopolizzare anche il calcio messicano (portò lui Maradona ai Dorados prima e al Gimnasia poi).

Oggi rappresenta 15 allenatori oltre che un centinaio di calciatori, ha avuto il controllo diretto su diversi club (tipo l’Irapuato, proprio in Messico) e, in Argentina, è stato l’artefice oscuro degli ultimi successi del Defensa y Justicia, trovando a Florencio Varela terreno fertile per piazzare dei veri e propri affari.

Con l’Halcon ha stretto una fortissima collaborazione, veicolando trasferimenti di vari giovani esuberi che dalle big locali andavano a trovare spazio in provincia. Dall’ufficio situato in un’officina al controllo dell’Elche, nel quale recentemente ha coinvolto anche un potente politico messicano, Jorge Hank, ribadendo che il club non è in vendita, ma anzi il progetto studiato a tavolino è solo all’inizio.

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