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La sconfitta in casa contro il Milan riporta in auge un grosso problema per il Bologna di Mihajlovic: manca un centravanti che faccia la differenza

A poco più di 24 ore dalla fine del calciomercato di gennaio il Bologna si guarda attorno per trovare un centravanti. La rosa a disposizione di Mihajlovic va assolutamente implementata con un numero nove: lo dice la logica, visto che in rosa i rossoblu non hanno un profilo di questo tipo (se si eccettua Santander, evidentemente fuori dai piani del tecnico serbo), ma anche il campo.

Infatti, la mancanza di un attaccante puro si è particolarmente notata nel match perso 2-1 in casa contro il Milan, dove il Bologna – soprattutto nel secondo tempo – ha prodotto diverse situazioni offensive interessanti, senza però riuscire a sfondare l’ultima linea rossonera. La tendenza a giocare lontano dall’area di rigore ha aiutato il Milan, che spesso difendeva alto costringendo i quattro uomini offensivi di Mihajlovic a rinculare, rendendoli inoffensivi.

bologna

Fonte immagine: @Fantacalcio (Twitter)

Il ruolo (depotenziato) di Barrow

Nel 4-2-3-1 proposto da Mihajlovic contro il Milan il centravanti doveva essere Musa Barrow. Doveva, perché in fin dei conti non lo è stato. Dando infatti un’occhiata alla sua heatmap personale, si vede come l’attaccante gambiano non abbia mai messo piede nell’area di rigore avversaria. Ha lavorato per la squadra, si dirà, e questo in parte è vero, ma giocando così lontano dalla porta – in una sorta di ruolo da suggeritore con la libertà di svariare – non è mai andato al tiro e spesso ha pestato i piedi a Soriano.

Ovviamente la “colpa”, volutamente tra virgolette, non può essere di un giovane talento volenteroso, ma totalmente fuori contesto, così come non sarebbe cambiato nulla se, dal primo minuto, al suo posto avrebbe giocato Rodrigo Palacio. Il punto è che, cassato Santander, il Bologna non ha una punta in grado di far salire la squadra, né tantomeno capace di aprire spazi per gli inserimenti degli esterni.

Giocare con due elementi offensivi sulle fasce schierati a piede invertito significa voler sfruttarne le doti alla conclusione, ma per dialogare tra le linee serve una punta in grado di farlo, soprattutto quando l’avversario annulla il trequartista giocando praticamente a uomo la fase di non possesso (Kessié su Soriano). Ergo, si dovrebbe intervenire sul mercato, anche se al momento di nomi se ne sono fatti tanti – Arnautovic su tutti – ma piste concrete ancora non ce ne sono.

https://twitter.com/Falso_Nueve_IT/status/1355555867425460225

Un problema di gol

I ragionamenti di cui sopra sono però strettamente collegati anche al fatto che il Bologna, quest’anno, abbia perso l’unica peculiarità delle squadre di Mihajlovic, ovvero l’efficacia in zona gol. Da quando Sinisa è tornato in Emilia non era mai partito così male – nella scorsa stagione i rossoblu segnarono 27 gol nelle prime 20 partite contro i 25 di oggi, nel ritorno di due anni fa addirittura 33 in 18 match – e la classifica ne è una diretta conseguenza.

Per contro, il Bologna va avanti a una media di 1,5 gol subiti a partita, il che significa dover per forza segnare almeno due reti ogni 90 minuti per avere una possibilità di portare a casa l’intera posta in palio. Per questo la squadra continua, da anni, a vegetare in un limbo preoccupante, dal quale però potrebbe tranquillamente uscire se, con una prova di forza, la società tenesse duro un paio di anni confermando i tanti giovani interessanti che stanno sbocciando.

Si può fare? Difficile, ma non impossibile, soprattutto sacrificandone uno sull’altare delle plusvalenze (il maggiore indiziato è Tomiyasu). Poi andrebbe rivisto l’intero parco dei cosiddetti esperti, che a parte Skorupski, Sansone e Soriano sembrano poco utili alla causa. Loro, uniti ai vari Orsolini, Barrow, Vignato, Svanberg, Schouten, Hickey, Skov Olsen e Dominguez possono assicurare un futuro interessante a un Bologna atteso da tempo al salto di qualità.

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