Da intoccabile a elemento sotto osservazione: gli ultimi mesi di Belotti evidenziano un calo figlio di molte circostanze che il Torino non ha saputo affrontare
Andrea Belotti e il Torino, un rapporto che ormai dura da sei anni e, inevitabilmente, sembra arrivato a un bivio. Il capitano granata, nel match perso 2-0 contro il Napoli, è uscito visibilmente deluso al minuto 70, sostituito da un Nicola obbligato a fare delle scelte forti visto lo scarso rendimento del proprio centravanti.
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Un Belotti, quello visto nel 2021, che è lontano parente del centravanti efficace, cattivo, decisivo e trascinante delle scorse stagioni: quest’anno, nonostante abbia già superato la doppia cifra in classifica marcatori, la sensazione è che faccia fatica a imporsi e abbia perso un po’ di smalto. La variabile Coronavirus è senz’altro da considerare, ma un solo gol su azione nell’anno nuovo è davvero troppo poco.
Belotti e la questione rinnovo
La questione rinnovo può essere senz’altro una delle chiavi di lettura di una situazione abbastanza delicata. I tifosi del Torino vogliono bene a Belotti, al netto di qualche malumore fisiologico più dovuto ai risultati scadenti che ad altro. Però è innegabile che, mese dopo mese, il rendimento del ragazzo stia calando e, chiaramente, non si può non notare come questa discesa coincida con l’avvicinamento alla scadenza del contratto.
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Prima della partita contro il Napoli, il ds del Torino Vagnati ha detto che il club procederà con cautela, ma il vincolo con il Gallo scade nel 2022. Ergo, o il rinnovo arriva entro l’estate, o il calciatore probabilmente verrà ceduto. In caso contrario, sarebbe un serio rischio cominciare la prossima stagione – ammesso e non concesso che arrivi la salvezza: in caso contrario sarà addio certo – con il capitano in scadenza, che a gennaio potrebbe addirittura accordarsi a zero con chiunque.
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Cambio di ruolo
Dalla stagione 2018/19, quella – per intenderci – culminata con la qualificazione in Europa League – il ruolo di Belotti è profondamente mutato. Da attaccante centrale, capace di concretizzare molte delle occasioni che che gli capitavano negli ultimi metri di campo, è passato a giocare in una posizione sempre più defilata sulla sinistra.
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Da una parte, questo cambiamento lo ha messo in mostra come faticatore instancabile, capace di proporsi in una zona ‘bassa’ del campo a lavorare e ripulire palloni che, nel gioco sparagnino di Mazzarri, davanti arrivavano col contagocce. Dall’altra, il Gallo si è autoimposto un ruolo che lo sfianca troppo, privandolo di lucidità sotto porta. Il che non sarebbe un problema se qualcun altro prendesse il suo posto, ma, in attesa di decriptare Sanabria, quel ruolo è rimasto scoperto.
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Anagrafe, mercato e motivazioni
Poi c’è il mercato, inevitabilmente. Belotti è un classe 1993, da sei anni gioca nel Torino e ragionevolmente potrebbe avere voglia di misurarsi in un contesto più competitivo rispetto a una piazza continuamente ridimensionata da scelte societarie discutibili. Piace ad alcuni club, questo si sa, ma nessuno si è ancora concretamente fatto sotto.
Poi c’è la Nazionale, con cui Belotti ha segnato 11 gol in più 30 partite e che seguirà nell’avventura degli Europei itineranti.
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I tifosi si domandano quindi se questa situazione possa influire sul rendimento. La serietà con la quale il giocatore si è sempre approcciato alla propria professione farebbe intendere di no, anzi è molto probabile che questa involuzione sia figlia di motivi fisici che sì, forse implementano motivazioni da lucidare, ma certo non lo stanno aiutando. Come finirà? Di certo, il rapporto tra il Torino e Belotti non può prescindere da quel benedetto rinnovo. In tal senso, basilare è la salvezza: poi, si ragionerà del resto.
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