Protagonista di un inizio di stagione tra alti e bassi, l’Atalanta deve assolutamente ritrovare la consapevolezza nei propri mezzi delle ultime stagioni. In questo senso forse parlare ancora di “obiettivo salvezza” rischia di essere controproducente.
5 punti nelle ultime 5 giornate di campionato, 4 nelle prime 3 di Champions. Tra Italia ed Europa 2 vittorie nelle ultime 7 gare, il netto 4-0 ai danni del comunque modesto Midtjylland e il 2-1 di misura sul neopromosso Crotone ultimo in classifica: sono i numeri a dirlo, l’Atalanta sembra essersi persa per strada.
Certo parlare di crisi è ancora decisamente azzardato, dato che siamo comunque ancora a inizio stagione, ma all’indomani del deludente 0-0 con lo Spezia sembra evidente che qualcosa non funzioni più a dovere nella Dea, che dopo aver dato spettacolo nelle ultime 4 stagioni si è inceppata proprio quando veniva ormai considerata all’unanimità una big del nostro calcio.
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Crisi Atalanta, la soluzione non è la retorica
Forse è proprio per questo motivo che il presidente Percassi è tornato a parlare di “obiettivo salvezza”, della necessità cioè per una realtà come quella orobica di ragionare step by step, obiettivo dopo obiettivo: “prima raggiungiamo quota 40 punti” ha affermato dopo il pari contro lo Spezia “tutto quello che arriverà in più sarà straordinario.”
Se l’obiettivo del numero uno del club sembra essere chiaramente quello di allentare la pressione e diminuire le aspettative che circondano una squadra in difficoltà, con l’invito a non dare niente per scontato – compresi i risultati degli ultimi anni – il rischio è che questa retorica forzata possa finire con l’essere controproducente per una realtà che comunque non può più permettersi di ragionare da provinciale.
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L’Atalanta nelle ultime 4 stagioni è diventata una presenza costante in Europa e nell’alta classifica della Serie A: un quarto e due terzi posti in campionato, una finale di Coppa Italia, due partecipazioni in Europa League e due in Champions, quella in corso e quella della scorsa stagione che si è conclusa davvero a un passo dalle semifinali.
Una crescita innegabile
Risultati tutt’altro che scontati, come sottolinea giustamente Percassi, ma che allo stesso tempo rendono bene l’idea di cosa sia l’Atalanta oggi: una realtà solida e in continua crescita, che non ha centrato la stagione fortunata o l’exploit nella singola stagione, ma che da anni si conferma al vertice grazie a programmazione, idee e gioco.
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Una crescita che del resto è confermata anche da altri due importantissimi fattori, e cioè l’aumento esponenziale di un fatturato più che raddoppiato dagli 83 milioni del 2016 ai 188,5 del 2019, e il netto cambio di mentalità in sede di calciomercato: abituata da sempre a cedere i propri gioielli per poi ricostruire, nell’ultima sessione l’Atalanta si è privata del solo Castagne, jolly che dava il cambio di volta in volta a Gosens e Hateboer.
⚽ L'#Atalanta non sfonda, con lo #Spezia è 0-0
Tiene la diga ligure, #Provedel decisivo in più occasioni👇 https://t.co/16UGwOeTBh#Calcio #SerieA #SpeziaAtalanta
— RaiSport (@RaiSport) November 21, 2020
Gli stessi acquisti di Lammers e Miranchuk, i colpi più importanti di settembre insieme al riscatto di Pasalic, indicano le differenze tra l’Atalanta attuale, pronta a lanciarsi nel player trading acquistando giocatori già pronti, e quella di un tempo che si lanciava in scommesse decisamente più azzardate e si affidava maggiormente al settore giovanile.
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L’Atalanta è una big? Lo dicono i numeri
Nella classifica relativa ai valori delle rose della Serie A attuale – dati Transfermarkt – l’Atalanta occupa il 5° posto, alle spalle di Juventus, Inter, Napoli e Milan e davanti a Lazio e Roma. E anche andando ad analizzare la rosa bergamasca, scopriamo che non si può parlare di una squadra giovane e rampante, ma di una realtà dove non mancano i giocatori di esperienza e valore assoluto.
Per questo motivo è retorica, anche piuttosto banale, definire oggi l’Atalanta come una scommessa, che si pone come unico obiettivo la permanenza in Serie A: ipotizzando una quota-salvezza a 40 punti, la Dea nelle ultime quattro stagioni l’avrebbe raggiunta rispettivamente con 15, 10, 12 e ancora 15 turni di anticipo.
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L’Atalanta appannata di oggi forse è la conseguenza di molte cose: qualche giocatore potrebbe sentirsi appagato, qualcun altro potrebbe essere comprensibilmente entrato nella fase calante della carriera. Sicuramente incidono i tanti impegni ravvicinati, le alternative in rosa che ancora non possono essere considerate al livello dei titolari, un sistema di gioco dispendioso e logorante.
A Gasperini e alla dirigenza il compito di individuare cause e possibili soluzioni a questo momento no: l’ideale però sarebbe mettere da parte il racconto della squadra di provincia che si accontenta di stare tra le grandi, perché è uno storytelling che oggi non può più convincere nessuno e perché, soprattutto, l’Atalanta delle ultime stagioni era grande perché tale, legittimamente, si sentiva.
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