La storia dell’Arsenal degli Invincibili, la squadra che riuscì a conquistare la Premier League senza mai perdere
Per realizzare un’impresa ci vuole sempre un pizzico di fortuna. Questa storia probabilmente nasce alla sesta giornata della stagione 2003/2004 di Premier League nella partita, chiamata dai giornalisti inglesi, Battle of Old Trafford. L’Arsenal affronta il Manchester United e in pieno recupero Van Nistelrooy stampa sulla traversa il rigore che avrebbe dato la vittoria ai Red Devils; quell’errore permetterà ai Gunners di entrare nella storia. Infatti dopo quello zero a zero l’Arsenal realizzerà nove vittorie consecutive chiudendo la stagione al primo posto con 90 punti, 11 più del Chelsea secondo in classifica.
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L’Arsenal degli Invicibili
Formazione Arsenal degli Invincibili (4-4-2): Lehmann; Cole, Campbell, Toure, Lauren; Pires, Silva, Vieira, Ljungberg; Henry, Bergkamp
Se vi trovate nella terra d’Albione, precisamente a Londra, e per caso incontrate un tifoso dell’Arsenal, elencategli i nomi qui in alto con enfasi e rispetto e quasi sicuramente vi offrirà una pinta per parlare degli “INVINCIBLES”. Perché quei nomi in fila, quegli 11 nomi ben evidenziati in quest’articolo resteranno nell’immaginario collettivo come la squadra più forte nella storia della Premier League.
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Invincibili, proprio così. 38 partite senza mai perdere, 26 vittorie e 12 pareggi di dominio totale in un campionato quello del 2003/2004 che presentava rivali per niente deboli. Era il primo anno di Abramovich al Chelsea e spese 150 milioni di euro per rinforzare la squadra. C’era il Manchester United di Sir Alex Ferguson orfano di Beckham ma pronta ad accogliere Cristiano Ronaldo ed una serie di investimenti del tutto falliti (da Kleberson a Djemba Djemba).
E poi il Liverpool delle tre stelle Steven Gerrard, Jamie Carragher e Michael Owen e il Newcastle del grande trascinatore Alan Shearer. Poi c’era l’ Arsenal del maestro Arsene Wenger che decide di acquistare solo tre giocatori: il portiere Lehmann, lo spagnolo Reyes e il giovane Van Persie spendendo pochissimo (quest’ultimi due a gennaio).
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Arsenal e i tanti esuberi dall’Italia
Quella squadra si poggiava su tanti scarti del campionato italiano: a partire da Lehmann, ex Milan, che giocò tutte le 38 partite, passando per Patrick Vieira perno del centrocampo dei Gunners e scarto sempre dei rossoneri, diventato poi uno dei mediani più forti della storia e all’epoca uno dei migliori al mondo. Ma quell’Arsenal aveva tra le sue fila anche Dennis Bergkamp, quasi deriso all’Inter e Thierry Henry fuoriclasse straordinario che realizzò 38 gol in stagione (30 in campionato) dopo un’infelice esperienza alla Juventus. Il francese era una macchina da gol ma in Italia venne schierato spesso come esterno snaturando le sue caratteristiche. In Inghilterra il riscatto e l’affermazione a livello mondiale.
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Meccanismo perfetto
Ma come giocava quella squadra? Equilibrata, quadrata, un unico corpo di 11 uomini in grado di muoversi all’unisono. Un meccanismo perfetto messo a punto da Arsene Wenger, vero mago della panchina. Una difesa blindata con Campbell e Toure centrali ma con l’ivoriano in grado di giocare anche a destra e di assicurare forza, corsa e dinamismo sulla fascia. A sinistra macinava chilometri il brillante Ashley Cole. Terzini lanciati da Wenger, svezzati e poi diventati grandi. A centrocampo il vero protagonista era Robert Pires: esterno sinistro elegante che con Cole formava una catena indissolubile sulla sinistra in grado di mettere a soqquadro qualsiasi difesa.
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Pires si accentrava e sfruttava le sue qualità da trequartista ma anche da finalizzatore (saranno 14 le reti finali), Cole spingeva sul fondo pronto ad innescare con i suoi cross i due attaccanti. Centralmente agiva il capitano Patrick Vieira: forte fisicamente, alto, insuperabile nei contrasti e con una buona visione di gioco, era il prototipo del centrocampista moderno. Accanto a lui agiva Gilberto Silva chiamato dai supporters inglesi “The invisible wall”, mentre a destra c’era il versatile Ljungberg.
La coppia Dennis-Bergkamp e Thierry Henry
Ma è in avanti che il buon Arsene aveva costruito una macchina perfetta: la coppia Dennis Bergkamp-Thierry Henry, Le King e The Dutch Master. Classe, eleganza, dribbling, assist e gol: il francese poteva risolvere qualsiasi match con le sue accelerazioni, la sua forza e le sue capacità balistiche mentre l’olandese entrato nella Hall of Fame del calcio inglese incantava Highbury con la sua eleganza, i suoi dribbling e la sua fantasia.
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L’Arsenal in quell’annata riuscì ad eguagliare il record del Preston North End che nella stagione 1888/89 non perse nessuna delle 22 partite. Solo nel match contro il Manchester United all’Old Trafford il 24 ottobre 2004 e dopo ben 49 partite utili consecutive, i Gunners ritroveranno il sapore della sconfitta in Premier: finirà 2-0 per i padroni di casa e questa volta Van Nistelrooy non sbaglierà dagli undici metri.
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