In questa prima metà di campionato, l’Arsenal è sembrato improvvisamente in crisi ma Mikel Arteta ha ancora la possibilità di riprendere in mano la stagione, nonostante le molte difficoltà fra campo e dirigenza.
Dopo la pesante sconfitta per 1-4 in Coppa di Lega, martedì 22 dicembre, contro il Manchester City, l’Arsenal ha forse toccato il punto più basso della sua stagione 2020/2021. La pressione mediatica su Arteta e sulla squadra si è intensificata ulteriormente, prima che i Gunners riuscissero a ribaltare i pronostici e vincere contro il Chelsea per 3-1, nel turno del Boxing Day del 26 dicembre.
In meno di una settimana, e con alcuni cambiamenti di formazione forse spia di qualcosa di più profondo, l’Arsenal ha dimostrato di essere in grande crisi, prima, ma di essere in grado di uscirne in modo unito e compatto, subito dopo.
L’Arsenal è davvero in crisi o è solo in confusione?
Non è facile analizzare nello specifico i problemi (o i colpevoli) di questa lunga fase di appannamento del club del nord di Londra. E puntare il dito contro l’allenatore, Mikel Arteta, sembra una scappatoia troppo comoda. In realtà, le difficoltà dell’Arsenal vanno ricercate in una gestione societaria approssimativa che già aveva messo radici nell’ultimo lustro sotto la guida di Arséne Wenger, e che ha presentato il conto poi subito dopo, in quella che è una vera confusione nella programmazione del club.
La proprietà americana, guidata dal magnate Stan Kroenke (che detiene anche i tre club sportivi professionistici del Colorado, e i Los Angeles Rams), subentrata nel 2008, ha sempre fatto molta fatica nello strutturare una gerarchia societaria efficace e funzionale. E questo, ancor di più, dopo l’addio di Wenger nel 2018. Venuto a mancare il principale parafulmine (e responsabile di ogni scelta sportiva del club), l’Arsenal è stata costretta a mettere una persona affidabile in ogni ruolo societario, e ha iniziato a sbagliare una scelta dopo l’altra (il direttore tecnico è cambiato tre volte negli ultimi cinque anni!).
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A prescindere dai risultati sul campo, fra l’anno e mezzo di Unai Emery e il primo anno di Mikel Arteta, ciò che è mancato sono stati la programmazione a medio termine e l’organizzazione nelle scelte di mercato. Anche quando l’Arsenal ha deciso di spendere, negli ultimi anni, lo ha quasi sempre fatto male, a fronte di cifre spesso fuori scala: Mkhitaryan a 35 milioni, poi dato via a zero; Torreira a 30 milioni, ceduto un anno dopo; Pepe 80 milioni; Saliba 35 milioni, mai sceso in campo e ora in procinto di essere ceduto.
Troppi dubbi tecnico-tattici
Acquisti che non hanno mai dato l’idea di una vera strategia tecnica ed economica, abbinati alla ricerca di occasioni a parametro zero fra i giocatori d’esperienza (Lichtsteiner, David Luiz, Willian) e il lancio di giovani in serie (grazie al buon lavoro dell’Academy) sui quali il club è sembrato voler fare affidamento per una possibile ricostruzione.
Fra Tottenham e Arsenal sono cambiate le gerarchie
Il cambio di guida tecnica a metà stagione scorsa, da Emery ad Arteta, in parte ha aiutato per ridare stabilità alla squdra, ma è anche significato un ripartire di nuovo da zero nel progetto. E, nonostante l’exploit dell’FA Cup vinta post-lockdown, anche Miekl Arteta si è trovato alle prese con alcuni compromessi e dubbi di natura tattica negli ultimi mesi: l’alternanza fra la difesa a 3 o a 4, in mancanza di interpreti affidabili, ha portato a cambiamenti anche in attacco, con scelte che hanno snaturato (Aubameyang punta centrale) o limitato (Ceballos mediano, Pepe poco impiegato) il talenti dei singoli.
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— Arsenal (@Arsenal) December 26, 2020
La rosa dell’Arsenal rimane incompleta, e probabilmente deficitaria nei ruoli di centrocampo. Ottime individualità abbinate a giovani ancora da svezzare, e qualche elemento a fine corsa e in un livello di calcio forse troppo alto per le proprie qualità, hanno creato il quadro di una squadra che può ottenere risultati solo se è davvero unita dietro a un unico obiettivo, e se ha piena fiducia in quello che deve fare.
La vittoria nel Boxing Day può chiarire alcune gerarchie
Il successo per 3-1 contro il Chelsea nel turno del 26 dicembre, può forse chiarire di cos’ha bisogno l’Arsenal in questo momento. Se le difficoltà di programmazione e gestione societaria non possono cambiare nell’immediato, rimane evidente che Arteta abbia delle idee efficaci per far rendere la squadra. Per metterle in pratica, però, deve potersi affidare a giocatori che abbiano fiducia in ciò che stanno facendo.
In questo senso, i giovani talenti schierati dal primo minuto contro il Chelsea (Tierney, Smith Rowe, Saka, Martinelli), abbinati a elementi di poca qualità ma affidabili (Elneny, Xhaka, Holding) e ai senatori su cui Arteta ha sempre potuto contare (Bellerin, Leno, Lacazette), hanno dimostrato che il problema principale in questo momento è l’attitudine mentale di chi va in campo.
Lo Sheffield United sta vivendo una grossa crisi
Le esclusioni di David Luiz e Willian sono sembrate soprattutto dovute a questioni di atteggiamento: senza dover credere per forza alle voci secondo cui i due ex-Chelsea avevano chiesto l’esonero dell’allenatore, una settimana fa, i tanti report recenti dal centro d’allenamento di London Colney confermano che lo spogliatoio dell’Arsenal non è del tutto unito, e bisogna decidere da che parte stare.
C’è un problema Aubameyang?
La stessa parte che dovrà decidere anche Pierre-Emerick Aubameyang, capitano del club e fuori da oltre una settimana per infortunio (solo in panchina contro il Chelsea, ma non subentrato). Lui che aveva letteralmente vinto da solo la semifinale e la finale di FA Cup nell’estate post-lockdown, dopo il rinnovo di contratto di settembre ha messo in campo prestazioni sempre più avulse e distaccate dal contesto.
Il 16 dicembre, contro il Southampton, ha segnato il suo primo gol su azione dopo tre mesi (e in mezzo solo il rigore della vittoria a Old Trafford, a inizio novembre). A tratti quasi svogliato e apparentemente senza stimoli, tanto che in molti l’hanno messo in relazione al rinnovo faraonico firmato a inizio stagione, è sembrato il simbolo in negativo dell’Arsenal degli ultimi mesi.
Senza di lui, contro il Chelsea, la squadra ha fatto benissimo, ma non potrà andare sempre così. Anzi, il giocatore attualmente più forte in rosa, e capitano, dovrà dimostrare di avere ancora ambizioni, e che queste sono le stesse del club. Lui, con i suoi compagni, sarà artefice del proprio destino, in una stagione in cui l’Arsenal dovrà navigare a vista a prescindere da quel corto circuito infinito di problemi societari che i Gunners non riescono ancora a risolvere.
di Antonio Cunazza
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