Max Allegri è destinato a lasciare la Juventus, e il post partita successivo alla gara contro il Genoa non ne è che l’ultima conferma.
Un requiem che suona basso, lento ed inesorabile, questo è ciò che sembra rimbombare durante le partite della Juventus dopo la sconfitta di San Siro contro l’Inter. Un requiem che annuncia la fine anticipata di una stagione, la conclusione di un ciclo non vincente, la serrata di una società in trasformazione che sperava di aggrapparsi ad un vecchio ariete venendo lei stessa disarcionata. Allegri ha fallito l’avvicinamento all’Inter sei gare fa, sfaldando quell’unità di intenti dovuta alla caccia al titolo in un club in cui “vincere è l’unica cosa che conta”. Da quel momento la melodia si è fatta sempre più forte e insistente, accompagnando quella marcia inesorabile verso la conquista di un posto in Champions League che lascia con l’amaro in bocca per ciò che – fino a qualche settimana fa – poteva essere e che invece non è stato.
Allegri si è mostrato nervoso subito dopo la gara con il Genoa, ha litigato con un giornalista durante le interviste post partita suggerendo che – per chi fa quella professione – sia meglio solamente fare domande e non cercare di capire, perché tanto sarebbe inutile. Insieme a questa triste uscita, lo scudo posto davanti ai suoi calciatori e la sottolineatura dell’ennesima prestazione solida in fase difensiva non bastano a convincerci che la Juventus e il suo allenatore sono sulla stessa lunghezza d’onda in una marea di risultati complicati e molto brutti. Da quando le note del requiem si sono fatte più cupe e intense, la Juventus ha giocato sei partite, vincendone una, perdendone due e pareggiandone tre, conquistando sei punti in altrettante gare. Nello stesso lasso di tempo l’Inter ne ha conquistati sedici su diciotto, aumentando la distanza e permettendo al solo Milan di riavvicinarsi al secondo posto. Se ingrandiamo l’obiettivo, nelle ultime otto gare – compresa quella contro l’Inter – sono sette i punti conquistati, nove i gol fatti, undici quelli subiti. Nella striscia sono comprese sconfitte contro Napoli e Udinese, o ancora pareggi contro Genoa ed Atalanta tra le mura amiche. Un periodaccio insomma, che Allegri giustamente difende in nome di una prima parte di stagione travolgente che aveva infatti portato i bianconeri ad un passo dalla corazzata nerazzurra. Il problema è che, fallito l’avvicinamento, la Juventus si è sfaldata, mentalmente e caratterialmente.
Si potrebbe parlare quindi del rapporto tra Vlahovic e Chiesa, dei giocatori che sono mancati – o spariti – durante la stagione, della solidità di Szczesny associata ad una difficoltà nel trovare la rete ma sarebbe tempo impiegato a ripetere ciò che il campo mostra in maniera fin troppo evidente. I destini di squadra e allenatore sono quanto di più distante ci sia attualmente in Serie A, con Giuntoli pronto a mettere in atto una rivoluzione culturale che dia il via al piano quinquennale assegnatoli dalla società, il cui primo obiettivo era centrare il piazzamento champions League questa stagione. Da questo punto di vista Allegri ha perfettamente ragione: la società gli aveva fatto una richiesta ben precisa e con 59 punti conquistati lui si trova a metà cammino dal centrare l’obiettivo. Niente paura quindi? In realtà – nonostante la semifinale di Coppa Italia da giocare – data la prima parte di stagione in molti si aspettavano qualcosa in più dalla Juventus senza le coppe europee. Se questo lo abbiamo però già compreso, è il futuro che spaventa, con le note del requiem che si fanno sempre più intense.
Le nove partite che restano da giocare sono dense di insidie non indifferenti: al rientro dalla sosta la prima di tre gare contro la Lazio di Tudor, in ricostruzione e per questo imprevedibile; poi il derby con il Torino e la gara contro la Fiorentina, e i tre scontri diretti contro Milan, Roma e Bologna. Tutte sfide che possono far resuscitare l’animo combattivo dei bianconeri o affossarlo definitivamente, per un’ultima parte di stagione in cui difendere quanto fatto fino a gennaio diventerebbe l’imperativo principale.
Allegri e un futuro da scrivere
Ma se il destino della Juventus lo deciderà il campo, quale sarà il futuro di Max Allegri? Uno dei trend di ricerca di queste settimane è stato “Esonero Allegri”, come a confermare che intorno alla Continassa una sembra essere l’opinione dei tifosi. Ma ragionando razionalmente ci sono due grandi fattori che propendono per un destino congiunto fino a fine stagione, per poi valutare quale futuro scegliere. Innanzitutto – a poche partite dal termine – non è detto che un allenatore ad interim (perché di quello si parlerebbe) dia una svolta così forte da rendere certa la qualificazione alla prossima Champions League; in secondo luogo il contratto di Max recita giugno 2025, e l’esonero eliminerebbe ogni possibilità di risoluzione contrattuale che invece a giugno potrebbe giovare ad entrambe le parti.
Quindi niente esonero Allegri, ma diversi ragionamenti su un futuro che non sarà più a tinte bianconere e che potrebbe non essere nemmeno in Italia. Una cosa però è doveroso dirla: fare domande serve a comprendere meglio una situazione che si sta raccontando che, una volta compresa, genera domande più inerenti e intelligenti. Senza pretesa di cambiare lavoro e diventare tutti allenatori. +
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