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È morto Antonio Juliano, detto “Totonno”, giocatore simbolo del Napoli degli anni Sessanta e Settanta e poi brillante dirigente partenopeo.

È morto questa mattina, mercoledì 13 dicembre 2023, Antonio Juliano, una leggenda del Napoli sia in campo che fuori: malato da tempo, era ricoverato in ospedale nel capoluogo campano, e aveva 80 anni, anche se ne avrebbe compiuti 81 tra pochi giorni, il 26 dicembre. Un “napoletano atipico”, veniva considerato da chi lo aveva conosciuto di persona, con un carattere introverso e concreto, in contraddizione con lo stereotipo del campano. Eppure, gran parte di ciò che il Napoli è oggi lo deve anche a lui, che ha difeso i colori del club partenopeo praticamente per tutta la vita, anche dopo aver appeso gli scarpini al chiodo, scrivendo pagine fondamentali della storia azzurra.

Nato a Napoli alla fine del 1942, venne registrato all’anagrafe solo il 1° gennaio del 1943: a quei tempi, la città campana era colpita dai bombardamenti alleati della Seconda Guerra Mondiale, e uscire di casa per andare a denunciare la nascita di un bambino non era una cosa semplice. Crebbe però fortunatamente in tempo di pace, vivendo nel quartiere di San Giovanni a Teduccio, nella zona orientale di Napoli, proprio dove oggi sorge il celebre murale di Maradona dell’artista Jorit, realizzato nel 2017. Il padre di Juliano aveva una salumeria in quella zona, dove la famiglia visse fino a che il futuro calciatore non ebbe compiuto 16 anni. “Totonno”, com’era soprannominato, ricordava che se ne andarono dopo che i suoi genitori avevano sbordato un sacco di soldi per riparare l’edicola votiva della Madonna dell’Arco di via Ottaviano, più volte rovinata dal figlio che giocava a pallone per strada. Si trasferirono dunque nella zona di Poggioreale, dove il padre un altro negozio di alimentari. In casa erano in cinque, perché oltre a lui c’erano altre due sorelle, e ai figli i coniugi Juliano non fecero mai mancare nulla, grazie a grossi sacrifici. Nel frattempo, nel 1956 era entrato nel settore giovanile del Napoli, arrivando infine a esordire in prima squadra il 31 maggio 1962, all’età di 19 anni, nella semifinale di Coppa Italia vinta 2-1 contro il Mantova. Un momento topico, per la storia del club partenopeo, che quell’anno, pur militando in Serie B, sarebbe arrivato a vincere la competizione.

L’anno successivo, l’allenatore Bruno Pesaola lo fece esordire anche in Serie A, e gradualmente Juliano iniziò a farsi largo nella formazione azzurra, accanto al capitano Pierluigi Ronzon, agli argentini Humberto Rosa e Juan Carlos Tacchi, e alla punta brasiliana Cané. Da allora, visse praticamente tutta la carriera nel club della sua città. Il Napoli retrocesse subito in Serie B, riuscendo a riacciuffare la massima serie solo nel 1965, sempre sotto la guida tecnica di Pesasola, e nella stagione seguente raggiunse un incredibile terzo posto in classifica (il miglior risultato della squadra dal 1934) e conquistò anche la Coppa delle Alpi, trascinato da un terzetto d’attacco che, oltre al già citato Cané, poteva vantare anche José Altafini e Omar Sivori. Furono anni d’oro, in cui i partenopei stavano stabilmente nella metà alta della classifica, e nel 1968 raggiunsero anche un incredibile secondo posto alle spalle del Milan, quando alla rosa si era aggiunto tra i pali Dino Zoff.

Un Napoli competitivo in Italia e per la prima volta presente con continuità anche nelle coppe europee: la Coppa delle Fiere, la Coppa Anglo-Italiana, la Coppa delle Coppe (dove raggiunse la semifinale nel 1977) e la Coppa di Lega Italo-Inglese (vinta nel 1976 contor il Southampton). Nel 1975, da capitano condusse la squadra azzurra a un altro eccezionale secondo posto in Serie A, sotto la guida tecnica di Luis Vinicio e con in campo Tarcisio Burgnich e Sergio Clerici. L’anno seguente, trascinato dai gol di Giuseppe Savoldi, il Napoli riuscì a mettere in bacheca un’altra Coppa Italia, che fu anche il sigillo alla carriera in azzurro di Antonio Juliano: nel 1978 si trasferì al Bologna per disputare un’ultima stagione da professionista, voluto da Bruno Pesaola, l’allenatore che era sempre stato un suo grande estimatore. Centrocampista carismatico e preciso, Juliano era un regista poco appariscente eppure fondamentale, emerso in un’epoca in cui il calcio italiano sfornava mediani di altissimo livello. Cosa che non gli impedì però di affermarsi come uno dei migliori giocatori della Serie A nel suo ruolo, arrivando a vestire in ben 18 occasioni la maglia dell’Italia, pur senza mai segnare. “Totonno”, che esordì in nazionale nel 1966 e venne poi convocato per i Mondiali inglesi, fu uno dei protagonisti della conquista del primo titolo europeo dell’Italia nel 1968, e due anni dopo fece ancora parte della squadra che arrivò seconda ai Mondiali del 1970, pur giocando appena 16 minuti.

Antonio Juliano dietro la scrivania: i grandi colpi per il suo Napoli

Dopo il ritiro avvenuto nel 1979, Juliano tornò al Napoli, stavolta in veste di dirigente, chiamato dal presidente Corrado Ferlaino. E fu in questa veste che riuscì a scrivere un’altra pagina straordinaria della storia del club campano, in concomitanza con la riapertura delle frontiere ai giocatori stranieri, nel 1980. Sostenuto da Ferlaino, portò avanti una serie di campagne acquisti molto ambiziose, con l’obiettivo di portare il Napoli a vincere finalmente uno scudetto che, da giocatore, gli era sfuggito in ben due occasioni. Il suo primo colpo fu quello, nel 1980, del 31enne difensore Ruud Krol, che era stato una colonna dell’Olanda e dell’Ajax del calcio totale. In quel periodo, la squadra allenata da Rino Marchesi arrivò a centrare prima un terzo e poi un quarto posto in Serie A, mentre dallo stadio San Paolo passarono giocatori come la leggenda del Catanzaro Massimo Palanca, la promettente punta del River Plate Ramon Diaz e il talentuoso brasiliano Dirceu.

Nel 1984, dopo l’addio di Krol, Antonio Juliano decise di concludere un altro grande colpo per alimentare i sogni di gloria del club, e puntò sul regista del Corinthians Socrates, ma senne superato dalla Fiorentina. Questa circostanza si rivelò incredibilmente fortunata, perché sfumato il colpo dal Brasile “Totonno” apprese che Diego Armando Maradona aveva rotto con il Barcellona e stava cercando una nuova squadra. L’arrivo dell’asso argentino al Napoli fu un evento epocale, che cambiò per sempre la storia del club partenopeo, ma questa è un’altra storia.