Abraham arriva alla Roma con l’obiettivo di far dimenticare la brutta tradizione dei calciatori britannici in giallorosso: ci riuscirà?
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Tammy Abraham è della Roma: sarà lui a sostituire Edin Dzeko, diretto invece all’Inter, grazie al pagamento di 42 milioni di euro al Chelsea. Con lui il club di Mourinho si assicura un attaccante ancora giovane (compirà 24 anni a ottobre) e che ha sempre dimostrato un buon feeling col gol (sempre in doppia cifra nelle ultime tre stagioni), ma che nei campioni d’Europa non avrebbe lo spazio che si merita, specialmente ora che è arrivato Lukaku.
Non si tratta però del primo giocatore del Regno Unito a vestire la maglia romanista: per la precisione, Abraham sarà il quarto britannico e il terzo inglese della storia giallorossa. L’obiettivo, però, sarà quello di fare meglio dei suoi predecessori.
Charles, il grande flop
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Il primo britannico della Roma era gallese, e arrivò con molte aspettative: John Charles era stato il centravanti della Juventus tra il 1957 e il 1962, formando il vertice del Trio Magico con Sivori e Boniperti. Mise a segno 105 gol in 182 partite, dimostrandosi uno degli attaccanti più forti dell’intera storia della Serie A.
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Ma quando arrivò nella Capitale, il meglio era già alle spalle. Aveva 31 anni, in un’epoca in cui la durata media della carriera di un calciatore era molto più breve rispetto a oggi. All’inizio della stagione aveva lasciato i bianconeri per tornare al Leeds, ma dopo solo 11 presenze e 3 gol riabbracciò l’Italia nel novembre 1962. Una sola stagione in giallorosso, condita da sole 12 presenze e 5 reti; poi, il ritorno in Galles, con il Cardiff City.
La meteora Ashley Cole
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Il fallimento di Charles fu un grosso freno alla presenza britannica nella Roma; il primo dopo di lui, nonché il primo inglese, arrivò solo nel 2014, anche lui come Abraham dal Chelsea: Ashley Cole era stato uno dei migliori terzini sinistri al mondo nel corso degli anni Duemila, bandiera dell’Arsenal di Wenger e dell’Inghilterra, prima di trasferirsi ai Blues e vincere una Champions e un’Europa League.
A 34 anni e dopo una stagione non più da protagonista in Premier dopo il ritorno di Mourinho a Stamford Bridge, decise di cogliere al volo l’occasione della Roma. Ma in Italia ebbe vita breve: solo 16 marginali presenze nella sua prima stagione, per poi ritrovarsi panchinaro fisso di Rudi Garcia in quella successiva. A gennaio 2016 rescisse il contratto e volò a Los Angeles da Steven Gerrard.
Smalling, l’ultimo britannico prima di Abraham
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In ultimo, è toccato a Chris Smalling, sbarcato a Roma dal Manchester United nel 2019, quando aveva 30 anni, in prestito più 3 milioni di euro. Difensore centrale, ai Red Devils non era mai riuscito a dimostrare con continuità quello che ci si attendeva dalle sue doti, e l’Italia si rivelò un’ottima occasione per rilanciarsi.
Si è imposto immediatamente come un pilastro della difesa di Paulo Fonseca, convincendo la Roma a spendere altri 15 milioni per assicurarselo a titolo definitivo. Purtroppo, nella scorsa stagione ha avuto molti problemi fisici, riuscendo a giocare appena 21 partite. Sarà lui, che nella prossima annata tornerà agli ordini di José Mourinho (suo tecnico allo United), a dover fare adesso da Cicerone a Tammy Abraham.
Bonus: Strukelj, l’inglese d’Italia
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Non conta ufficialmente tra i britannici della Roma, ma merita comunque una menzione Mark Strukelj, nato a Dorking, nel Sud dell’Inghilterra, terra d’origine della madre. Da ragazzino viaggiò tra Inghilterra e Australia, per poi stabilirsi a Trieste, la città paterna, dove iniziò a giocare a calcio, entrando nei ragazzi della Triestina.
Nei primi anni Ottanta si mise in mostra negli Albardati in C1, ottenendo una promozione in B e venendo acquistato dalla Roma. Centrocampista completo anche se non sempre continuo, Struklej aveva solo 21 anni all’epoca, ma riuscì a ritagliarsi il suo spazio nella mitica stagione che portò alla finale di Coppa dei Campioni persa proprio contro la sua squadra del cuore, il Liverpool. Non fu però abbastanza per la conferma, e nell’estate successiva venne ceduto al Pisa.
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