Le generazioni che sono cresciute negli anni ’00 a pane e calcio ricorderanno Michael Ballack come uno dei centrocampisti più completi e forti del suo tempo. Tecnicamente superbo, il tedesco può contare su un vizio del goal da attaccante consumato, tanto che Rummenigge finisce per definirlo come “il centrocampista più prolifico del mondo”. La vera etichetta che però gli resterà stampata addosso per tutta la carriera recita: “Eterno secondo”.
Partendo con ordine, dopo una discreta trafila nelle serie minori tedesche, Michael Ballack viene notato dal Kaiserslautern. Il club ha una squadra B militante nella terza serie, dove il centrocampista 21enne può esprimersi senza eccessive pressioni. Al termine della stagione 96/97 è naturale il passaggio tra i grandi, in Bundesliga. Il talento è sotto gli occhi di tutti e ora può misurarlo nei palcoscenici che contano davvero.
La prima stagione con la prima squadra del Kaiserslautern è di ambientamento, ma tanto basta per vincere da comprimario la Bundesliga. Si ritaglierà più spazio nell’anno successivo, fino ad attirare l’attenzione del Bayer Leverkusen, che lo acquista per quasi cinque milioni di euro. Qui inizia la maledizione di Michael Ballack.
Nei tre anni a Leverkusen il tedesco diventa l’archetipo del centrocampista moderno, un giocatore a tutto campo che difende, imposta, si inserisce e fa tanti goal. I successi però non vanno di pari passo con la sua crescita. Nell’ultima giornata della stagione 99/00 è proprio un suo autogoal nell’ultima giornata a consentire il sorpasso del Bayern Monaco. Solo due anni dopo al Bayer riesce l’imponderabile: mentre Ballack segna 23 goal in tutte le competizioni, la squadra compie l’unico esempio della storia di triplete al contrario. Nel mese di aprile butta via un ottimo vantaggio sul Borussia Dortmund in campionato e perde di nuovo lo Scudetto all’ultima giornata. Nel mese di maggio perde la finale di Coppa di Germania e quella finale di Champions League decisa dell’iconico goal al volo di Zinedine Zidane. Ballack diventa il simbolo dell’incubo rinominato Bayern Neverkusen.
L’anno successivo l’Eterno Secondo capisce che l’unico modo per ottenere un cambio di rotta è unirsi al nemico, cioè alla squadra più vincente di Germania, il Bayern Monaco. Ed effettivamente il trucco riesce: in quattro anni vince tre Bundesliga, tre Coppe di Germania e una Coppa di Lega. L’incantesimo però non si spezza nel contesto europeo, dove non va mai oltre i quarti di finale. A livello individuale si conferma a più riprese come il giocatore tedesco più forte del momento e sigla 62 reti in quattro stagioni.
A un certo punto le ambizioni di Ballack non collimano più con quelle del Bayern. Il centrocampista vuole mettersi in gioco con un’esperienza all’estero e firma con il Chelsea. I quattro anni a Londra sono positivi seppur con medie goal inferiori rispetto al solito, ma nascondono altre delusioni cocenti. In particolare, la stagione 07/08 vede i Blues perdere Community Shield, Premier League e finale di Champions. Tutte a vantaggio del rivale Manchester United. Non è un secondo triplete al contrario perché il Chelsea è uscito ai quarti in FA Cup, ma le differenze con l’annata drammatica a Leverkusen non sono poi così tante. Questa volta Ballack riesce parzialmente a rifarsi con alcune vittorie nelle coppe nazionali, ma soprattutto con la Premier League del 09/10.
Michael Ballack si ritira
Dopo lo scudetto, Ballack sceglie di tornare nel suo Bayer Neverkusen, dove continua a non vincere niente, ma senza sconfitte eclatanti. Poi a 36 anni si ritira dal calcio. La leggenda dell’eterno secondo si amplifica se si considera il percorso con la Nazionale: nel Mondiale di Corea del 2002 salta la finale per squalifica e la sua Germania crolla contro un Brasile di extraterrestri; quattro anni dopo a Dortmund i tedeschi si arrendono in semifinale ai supplementari contro l’Italia di Lippi. Nel 2008 è il turno della finale persa contro quella Spagna che monopolizzerà il calcio europeo per i successivi cinque anni, giocando il calcio più bello e vincendo tre trofei consecutivi tra Europei e Mondiale. Zero successi in Nazionale e un addio tra le polemiche è il bilancio di uno dei giocatori più rappresentativi di Germania.
La vita post calcistica ha regalato a Ballack tragedie molto più gravi delle sconfitte sportive, come la morte del figlio 18enne in seguito a un incidente con i quad e un’operazione molto delicata per rimuovere un tumore alla schiena. Oggi l’ex centrocampista è uno dei volti tedeschi di Dazn e commenta anche le partite di Champions League, trofeo che non è mai riuscito ad alzare da calciatore.
In una chiacchierata con Vieri, Paolo Maldini ha affermato di essere il più grande perdente della storia. Se si considerano solo i numeri è vero perché giocare 8 finali di Champions può voler significare perderne tre. Ma nella classifica dei perdenti il capitano del Milan non può che riservare il primato a Michael Ballack: nessuno è riuscito a perdere così tante finali importanti o scudetti all’ultima giornata senza riuscire a riscattarsi. Uno dei centrocampisti più forti di sempre nell’olimpo degli sconfitti, ecco la sintesi di una carriera allo stesso tempo gloriosa e maledetta.