L’Inter è campione d’Italia per la ventesima volta, ma come si è arrivati a questo successo? Le tappe decisive di questi anni nerazzurri.
Nel 2021, l’Inter conquistava il suo 19° scudetto, coronando l’ambizioso progetto di Suning, che grazie anche a grandi investimenti aveva costruito una squadra tagliata su misura per Antonio Conte. Un traguardo che segnò però un improvviso passo indietro: i problemi economici della proprietà cinese costrinsero il club a ridimensionare le spese e a cedere diversi nomi pregiati. Paradossalmente, quella necessità di indebolirsi ha finito, tre anni dopo, per far nascere una squadra forse anche migliore di quella di Conte.
L’Inter campione d’Italia del 2024 è figlia della ristrettezza e dei limiti. Simone Inzaghi venne scelto perché era un tecnico emergente ma anche perché utilizzava lo stesso modulo 3-5-2 di Conte, sebbene con principi di gioco differenti. Una scelta dettata, dunque, dal bisogno di investire il meno possibile nel rinnovamento degli interpreti che un cambio di schieramento può comportare. I giocatori acquistati per sostituire i partenti hanno seguito la stessa filosofia: figure tatticamente funzionali, se non proprio delle “controfigure” di chi aveva lasciato il nerazzurro. Dumfries per Hakimi è il caso più evidente di questa tendenza, ma Dzeko per Lukaku rappresenta invece la volontà di andare a prendere un centravanti esperto e con caratteristiche meno da finalizzatore rispetto al belga, più adatto a duettare con i compagni. Il messaggio nascosto, in questa operazione, era la volontà di valorizzare e responsabilizzare Lautaro Martinez.
Beppe Marotta, che di questo successo è co-autore a 50% con Inzaghi e la squadra, ha agito sul mercato andando a prendere soprattutto parametri zero allettanti, ma spesso anche prendendo il meglio disponibile in Serie A. Un metodo che lui stesso aveva utilizzato alla Juventus, costruendo un ciclo d’oro, e che negli ultimi anni ha portato a Milano: Calhanoglu, Acerbi, Mkhitaryan, Asllani, Frattesi e Carlos Augusto. Il mercato è stato il fiore all’occhiello dell’Inter, nonostante alcuni passi falsi (Cuadrado, Gosens, Correa), ma è stato l’allenatore, poi, a saper gestire la rosa e tappare i buchi con ciò che aveva. Darmian, a fine carriera, è rinato sia adattandosi a braccetto di destra che giocando esterno a centrocampo. Calhanoglu si è riscoperto regista eccellente e ha reso superfluo Brozovic. Dimarco si è affermato come uno dei migliori laterali mancini in Europa, attutendo l’impatto dell’addio di Perisic.
Gli insuccessi fondamentali per il successo dell’Inter
Una volta costruita la rosa, però, l’Inter ha saputo trarre giovamento dai propri errori nell’arco delle due scorse stagioni. Lo dimostra il fatto che, narrativamente, si potrebbe racchiudere questo trionfo del 2024 tra un derby e l’altro. Il primo, quello del febbraio 2022, dove i nerazzurri persero una partita che stavano tranquillamente conducendo e vennerop poi ribaltati da una doppietta in pochi minuti di Giroud. E il secondo, ovviamente, ieri sera. Una lezione imparata, che è stato tassello fondamentale nella costruzione anche mentale di questa squadra.
L’altra tappa fondamentale di questo percorso è stata la finale della Champions League dell’anno scorso. Essere arrivati a giocarsi a sorpresa il titolo europeo, tenendo testa per 90 minuti a una corazzata come il Manchester City, ha dato a tutta la squadra una grande fiducia nei propri mezzi. Fiducia amplificata dagli altri trofei conquistati negli ultimi anni (2 Coppe Italia e 3 Supercoppe italiane). In queste tre stagioni di rifondazione e ristrettezze economiche, l’Inter ha saputo apprendere dai propri errori, risolvere rapidamente i propri problemi, e crescere continuamente nonostante molte difficoltà ma un ambiente unito e un chiaro progetto tecnico in mente. Questo, come visto già nel caso del Napoli dell’anno scorso, ha fatto la vera differenza con le altre.
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