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Federico Chiesa sembra spento, privo di quella forza trascinante che ne ha caratterizzato l’esplosione, ma i segnali per una ripresa ci sono tutti, e quando accadrà chi ne è sceso non dovrà risalire sul suo carro

Quando nell’estate 2021 Max allegri è tornato ad allenare la Juventus le premesse per una nuova cavalcata c’erano tutte. Le aspettative montavano intorno a Federico Chiesa, fresco di Europeo vinto con la nazionale e vera e propria stella italiana del nostro calcio, finalmente capace di sfornare nuovi campioni invidiati in Europa. In quell’estate la Juventus ha fatto la voce grossa nel calciomercato, tenendosi stretta Federico e non ascoltando – nemmeno per scherzo – offerte che l’avrebbero privata di quello che sarebbe stato parte della spina dorsale di un club che puntava a ricostruire la propria grandezza. 

Lo scudetto vinto dall’Inter aveva aperto faglie incredibili nella credibilità bianconera e aumentare il fatturato dei 78 punti in campionato era il diktat imposto ad Allegri e alla squadra per riprendersi la corona di un calcio che fino all’anno precedente era quasi per diritto divino esclusiva della vecchia Signora. Il caso Cristiano Ronaldo aveva complicato le cose sul finire dell’estate, ma con l’addio del portoghese altre forze si sarebbero liberate nella nuova Juventus di Allegri, prima fra tutte quella di Federico Chiesa. Sei mesi più tardi il progetto deflagrava insieme alla stabilità fisica ed emotiva dell’esterno bianconero: rottura del legamento crociato della gamba sinistra, out per quasi un anno, e fine di un progetto che da quel momento non ha più saputo a che leader rivolgersi per proseguire alla caccia dei propri obiettivi. 

L’infortunio di Chiesa – diversi mesi dopo quello di Zaniolo – ha privato la nazionale e il nostro campionato del suo prospetto più importante, del giocatore che emotivamente coinvolgeva tutti i tifosi dello stivale, del ragazzo che – nonostante il passaggio sciagurato dalla Fiorentina alla Juventus – nessuno poteva mal sopportare. Una rottura emotiva oltre che fisica, capace di mandare in frantumi il piano juventino e dare il via al declino lento ma inesorabile dell’avventura di Mancini sulla panchina della nazionale. 

Chiesa era già allora un giocatore fondamentale, dotato di una progressione capace di portare con sé tutto lo stadio fino alla porta avversaria e allora, perché oggi siamo a questo punto? Vedere Chiesa lamentarsi dopo una sostituzione – la terza delle ultime quattro come primo cambio della Juventus – rende perfettamente l’idea di quanto stia accadendo al giocatore dopo una durissima riabilitazione e un ritorno in campo inficiato dalle scelte di Allegri. Nel progetto di ricostruzione bianconera Chiesa è un tassello essenziale innanzitutto economicamente: i cinquanta milioni spesi per riscattarlo dalla Fiorentina impongono il recupero del suo potenziale ma il contesto bianconero in cui Allegri fa muovere il calciatore è quanto di meno adatto alle sue caratteristiche potesse trovare. 

Abbiamo già citato la sua progressione, la sua propensione a tagliare il campo in diagonale dalla destra, la sua corsa folle verso l’area avversaria e la sua capacità di portarsi dietro avversari, compagni, tifosi e speranze nella durata di quella corsa di estrema potenza. Il dubbio originale dopo l’infortunio era lo stesso che ogni giocatore si porta dietro: sarà capace di ritrovare quella forza fisica e quella velocità una volta tornato? La risposta è: parzialmente, si. Chiesa l’ha ritrovata grazie a riabilitazione e allenamenti, ma l’ha potuta testare nuovamente così poche volte che forse ci siamo scordati quanto fosse bello vederglielo fare. E qui entra in gioco Allegri, entrano in gioco le sue scelte, le necessità e le difficoltà della Juventus, le squalifiche e quegli obiettivi che quando sei la Juventus non puoi lasciarti sfuggire, a prescindere da tutto. 

Il tecnico bianconero ha ritrovato per davvero Chiesa solo in questa stagione, confermandone il ruolo di leader della Juventus ma costringendolo a compiti, ruoli e mansioni non adatti a restituirgli confidenza nelle proprie capacità tecniche e sopratutto fisiche. Un po’ centrocampista, un po’ seconda punta, Chiesa si è trovato a dover svolgere il ruolo di creatore di gioco per una Juventus sterile e in difficoltà, priva di Pogba e Fagioli e senza un piano di gioco offensivo che mettesse in preventivo le sue reali capacità. Chiesa sulla fascia lo abbiamo visto pochissimo in questa stagione, appena quattro partite sulla sinistra, nessuna sulla destra. Le altre venticinque gare le ha giocate da punta (sette) o da seconda punta (venti) segnando qualche gol – otto in totale – ma perdendo tutto quel campo davanti a lui necessario per permettergli di esprimere al meglio il suo strapotere fisico. 

Chiesa e un carro che non va lasciato 

Segnali confortanti ci sono stati, certo, ma in questa situazione le sue qualità non emergono a dovere. La Juventus in estate sta preparando una rivoluzione e – con Allegri in probabile partenza – il destino di Chiesa potrebbe cambiare direzione: restare alla Juventus con un nuovo allenatore o accettare le eventuali offerte per giocarsi il meglio della carriera altrove? 

Si, perché Federico ad ottobre compirà ventisette anni e nelle ultime due stagioni è stato – incolpevolmente – più fuori che dentro al campo, contribuendo a creare un’aura di dubbi intorno alla sua carriera completamente fuori luogo. Qualsiasi sarà il destino estivo, il gol con il Napoli di inizio marzo dovrebbe essere sufficiente a comprendere come, restituito alla fascia, Federico Chiesa è ancora uno dei migliori giocatori del nostro campionato e fondamentale per la nazionale di Spalletti. Ora aspettiamo l’Europeo di giugno, quando il CT gli restituirà la sua fascia di competenza e gli cucirà intorno un sistema di gioco su misura per le sue caratteristiche. Ciò che è certo è che dal carro di Chiesa non si scende, soprattutto prima di un Europeo. 

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