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Stefano Pioli ĆØ arrivato al capolinea della sua avventura rossonera e, con un derby ancora da giocare, la doppia sfida contro la Roma ĆØ sembrata lā€™epitaffio di un cumulo di errori di cui non si parla

Quando si analizza la situazione del Milan spesso e volentieri si racconta Pioli come di un allenatore lasciato solo da dirigenza e giocatori, artefice di un destino che non si ĆØ scelto, latore di uno scudetto conquistato contro i pronostici e vera vittima di una situazione incontrollabile. Intorno a lui sembra che il vuoto si dipani non appena lā€™ennesima sconfitta delle ultime due stagioni si concretizza al fischio finale: prima la dirigenza che non ha davvero una direzione, poi i giocatori che – uno dopo lā€™altro – sembrano aver perso il talento, o sembrano giocare contro le illuminanti idee tattiche dellā€™allenatore, o addirittura risultino non cosƬ forti come erano sembrati fino a pochi mesi prima. Il protagonista assoluto di questa mediatica gogna ĆØ Rafael Leao, numero dieci del Milan che in questa stagione sta vivendo la parabola di una ai piĆ¹ incomprensibile involuzione e che invece ha chiare responsabilitĆ  nella guida tecnica e tattica di un Milan disarmato. Riguardo Pioli, dicevamo, si ĆØ costruita una narrazione che lo compatisce, ne sottolinea i meriti, ne nasconde i demeriti e ne giustifica ogni caduta per mezzo delle responsabilitĆ  presunte di chi gli sta intorno.

Il problema ĆØ che chiunque abbia deciso di seguire le due stagioni successive allo scudetto rossonero, prestando attenzione alle singole partite dei rossoneri in Italia e in Europa, ha chiari alcuni punti su cui non possono intervenire nĆ© societĆ  nĆ© giocatori, ma che sono dovuti – per forza di cose – ad una gestione inadatta alla situazione. Dopo la doppia sfida contro la Roma sembra di essere arrivati ad un punto di non ritorno, causato da un derby sullo sfondo che potrebbe regalare lo scudetto allā€™Inter in caso di vittoria in casa rossonera. Uno scenario da incubo per il Milan e per i tifosi, che con Pioli in panchina non vincono un derby dalla creazione del mito ā€œSi ĆØ girato Giroudā€ e che nelle ultime sfide si ĆØ dimostrato inerme nei confronti di una squadra avversaria capace di demolirne certezze e dubbi tutti in una volta. 

Il primo punto – che poi sarĆ  anche lā€™ultimo della trattazione – ci parla dei derby di Champions League, vero problema della gestione Pioli perchĆ© non giocati dal Milan e non preparati dal tecnico rossonero. Ventā€™anni fa – quando sulle due panchine di Milan e Inter sedevano Ancelotti e Cuper – il derby europeo fu uno spartiacque per il futuro di entrambi: Ancelotti nĆ© uscƬ vincente e consacrato, Cuper sconfitto ed esonerato. Lo scorso maggio le condizioni societarie – con lā€™imminente cacciata di Maldini – non hanno permesso una simile soluzione, che avrebbe posto fine ad un ciclo giĆ  chiuso dal terribile gennaio 2023. Quel mese corrispose alla conclusione del ciclo di Pioli in rossonero: sconfitta nel derby di supercoppa per tre reti a zero, sconfitta esterna umiliante con la Lazio, sconfitta casalinga con il Sassuolo per cinque reti a due e altra sconfitta nel derby in trasferta per uno a zero, portando il computo a quattro gol subiti in due settimane dai cugini.

Il secondo punto riguarda invece gli infortuni: numeri esagerati di ricadute e problemi muscolari per una squadra che dovrebbe fare dei tre impegni a settimana la propria agenda consuetudinaria. Ogni volta – comprese le ultime due settimane – in cui il Milan ha giocato tre volte in una settimana almeno un giocatore ha accusato un qualche male particolare, un fastidio, un indurimento, un problema che ne ha pregiudicato la presenza e le prestazioni successive. Inutile indugiare sui numeri, il problema infortuni puĆ² essere esemplificato da Pierre Kalulu, demonio nellā€™anno dello scudetto e lungodegente dalla stagione successiva nonostante i ventitrĆ© anni allā€™anagrafe. 

In rapida successione arriviamo a due questioni strettamente legate: le scelte tattiche e il deserto produttivo a livello offensivo. Innanzitutto il post scudetto ĆØ stato caratterizzato dal tentativo tattico di accentrare i terzini ricalcando in questo la scelta di Guardiola di accentrare Joao Cancelo o quella di Klopp di rendere Trent-Alexander Arnold fulcro del gioco dei Reds. Pioli si ĆØ inventato Calabria e Theo Hernandez in questa tipologia di ruolo, chiedendo troppo ad entrambi e rendendone evidenti i limiti in un colpo solo. Calabria manca della qualitĆ  tecnica per creare gioco al posto di uno qualsiasi dei centrocampisti rossoneri, Theo ha bisogno di avere i piedi sulla fascia per prendere velocitĆ  e involarsi fino allā€™area avversaria. Scelte quindi discutibili che non hanno praticamente mai pagato e che spesso hanno esposto il Milan a contropiedi figli di quel 5-0-5 che i social sbandierano come peggior colpa dell’allenatore.Ā 

Diretta conseguenza di questi cambi tattici rispetto allā€™anno dello scudetto – in cui il baricentro era piĆ¹ basso per sfruttare meglio le ripartenze e le qualitĆ  soprattutto della corsia di sinistra – le difficoltĆ  nel produrre gioco offensivo di qualitĆ . Il Milan di Pioli ha difficilmente mostrato idee offensive complesse che si allontanassero dalla consegna della palla prima ad Ibrahimovic e poi a Leao sperando che qualcosa  di positivo accadesse. Dopo lā€™addio dello svedese infatti, i rossoneri hanno spostato il baricentro della creazione del gioco sullā€™asse di sinistra responsabilizzando Leao e chiedendo a Theo un doppio lavoro offensivo e difensivo che ha effettivamente svolto nel modo migliore possibile. Il problema ĆØ che Leao non ĆØ MbappĆ© e – dopo una stagione in cui le sue incursioni non hanno trovato oppositori particolari – le difese avversarie si sono organizzate per raddoppiarne e triplicarne la marcatura obbligandolo a segnare gol come contro Atalanta e Sassuolo dopo essere uscito da dribbling complicati e isolati. Se quindi Leao in questa stagione segna cosƬ poco la causa – oltre che nella sua parziale indolenza – ĆØ da ricercare nella disposizione tattica scelta da Pioli, per la quale non vi ĆØ bisogno di creare le condizioni migliori per le qualitĆ  dei propri effettivi offensivi ma basta consegnargli la palla – magari sotto ritmo – per far sƬ che qualcosa costruiscano. Il resto della costruzione offensiva ĆØ oggi lasciata a Pulisic, vero e proprio colpo di mercato, che perĆ² non potrĆ  sempre riuscire a districarsi tra difese impegnate a triplicare Leao e a curarsi di Giroud e Loftus-Cheek nel cuore dellā€™area di rigore. 

Pioli e le problematiche caratteriali

Infine gli ultimi due punti, legati a doppia mandata perchĆ© esuli da questioni tattiche o tecniche. Il Milan di Pioli – dopo aver perso Ibrahimovic – ha smarrito la bussola a livello caratteriale. I rossoneri hanno dato prova di attaccamento alla maglia certo, ma ogni debacle sportiva ĆØ sembrata coincidere con un terribile presagio di apatia sportiva giĆ  nei primi minuti della gara. Contro la Roma a San Siro – ad esempio – il Milan non ĆØ sceso in campo per i primi minuti, stessa situazione con il Sassuolo, e ancora con la Roma al ritorno. Con il derby tra pochi giorni, inutile ricordare quanto poco ci abbia messo Mkhitaryan a segnare in Champions League, aprendo quindi il discorso relativo allā€™approccio delle gare e alla situazione psicologica dello spogliatoio. 

Pioli non ĆØ riuscito a imporre unā€™idea, una convinzione comune, tanto che lā€™immagine piĆ¹ emblematica della vittoria scudettata ĆØ Ibrahimovic che ribalta il tavolo al centro dello spogliatoio di Reggio Emilia e non una qualsiasi delle foto di Stefano Pioli. 

La narrazione comune probabilmente avrĆ  ragione tra qualche mese, qualora il Milan dovesse sbagliare allenatore e Pioli – nella sua nuova squadra – continuerĆ  a centrare lā€™obiettivo minimo impostogli dalla dirigenza di turno. Ma la situazione ambientale ha messo fine giĆ  da tempo alla storia dā€™amore tra i rossoneri e il tecnico ex Fiorentina, e le colpe – per una volta – non sono tutte di Rafa Leao. 

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