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Il Borussia Dortmund ha appena conquistato una semifinale di Champions che mancava da undici anni, ma lo ha fatto nella peggior stagione del decennio

Quando il Borussia Dortmund si è affacciato al calcio europeo dopo la bancarotta del 2005 Jurgen Klopp sedeva sulla panchina del Westfalenstadion e innumerevoli talenti stavano per emergere dal laboratorio dell’attuale allenatore del Liverpool. Era il 2011 e il dominio del Bayern Monaco veniva scalfito da una banda di giovanissimi campioncini pronti a prendersi prima il titolo di campioni di Germania e poi la ribalta europea, evitata solo grazie a un fortunoso gol di Robben e al trasferimento già annunciato di Gotze da una parte all’altra della barricata. In quelle tre stagioni, dal 2011 al 2013, il Borussia di Klopp ha dimostrato al mondo come il modello di una società sostenibile potesse arrivare in fondo a qualsiasi competizione grazie al duro lavoro e alla qualità del gioco, diventando la cenerentola che ogni tifoso vorrebbe tifare. 

Negli anni successivi all’addio di Klopp gli alti e bassi di un percorso ben preciso hanno portato a due vittorie in coppa di Germania (2017 e 2021), a cinque quarti di finale di Champions League e a cinque secondi posti, fra i quali l’ultimo in ordine temporale è quello più doloroso di tutti. La costante di questi tredici anni di Borussia Dortmund è stato Marco Reus, prima prodigio di cristallo del calcio tedesco e poi capitano fedele alla caccia di un titolo che mai arriverà. Lo scorso 27 maggio tutto il calcio europeo – meno forse i tifosi e i simpatizzanti del Bayern – ha scosso la testa  affranto quando il Mainz ha bloccato i gialloneri sul 2-2, mentre Musiala regalava il titolo al Bayern allo scadere dell’ultima giornata di campionato. Una tragedia fotografata dalle lacrime di Marco Reus, classe ’89 e simbolo di un Borussia Dortmund in attesa di una rivoluzione più difficile del previsto. 

Oggi a Dortmund ci si è svegliati felici: la vittoria per quattro reti a due contro l’Atletico Madrid ha restituito entusiasmo ad una piazza in difficoltà nel corso della stagione, e consegnato alla dirigenza una semifinale di Champions League che mancava appunto da undici anni. Il paradosso in questo caso sta nell’aver dato il via all’ascesa internazionale del club con una semifinale e – contemporaneamente – rischiare di chiuderla nello stesso modo. C’è il rischio infatti che questa stagione segni un punto di rottura con il percorso eternato dall’arrivo di Klopp e in essere già dal giorno zero della rinascita del club dopo la banca rotta. I talenti in rosa sono pochi, in campionato i risultati sportivi latitano tanto da poter mancare la qualificazione alla prossima Champions League e – nonostante l’ammissione al Mondiale per Club del 2025 – il rischio di default è enorme. Cosa fare in estate se per finanziare il mercato manca l’ennesimo Jude Bellingham da vendere? E cosa fare se – senza soldi – la squadra inizia a svuotarsi di talento? 

Il Borussia Dortmund deve restare fedele a se stesso 

Iniziamo con alcune situazioni particolari: Marco Reus sta per compiere trentacinque anni e in questa stagione ha fatto dentro e fuori dal campo per lasciare spazio a compagni dal talento non ancora del tutto sviluppato. Il suo contratto scade il prossimo giugno e con il suo possibile addio, un’era al Borussia sicuramente finirà. Insieme alla sua partenza, in estate il club di Dortmund dovrà lavorare per capire il futuro di Maatsen e di Sancho, entrambi in prestito dalla ricca Premier League e di difficile permanenza senza un investimento economico all’altezza del loro talento. I giovanissimi Bynoe-Gittens, Reyna, Adeyemi e Moukuoko hanno il fattore X ma non trovano spazio con Terzic, tecnico in bilico intorno a Natale e rimesso sui binari corretti dall’affiancamento di Sahin e Bender in panchina. In tutto questo, in estate i soldi di Jude Bellingham sono stati investiti su promesse dal rendimento altalenante (Nmecha) o giocatori dal valore certificato ma di età avanzata (Sabitzer e Fulkrug su tutti). 

La domanda che sorge spontanea è se il Borussia Dortmund stia ancora perseguendo la propria filosofia o se qualcosa si sia rotto e la stagione attuale sia quella della fine del modello che ha fatto innamorare l’Europa per la qualità del gioco espresso e la futuribilità dei talenti che il laboratorio giallonero era capace di generare e plasmare. Ora, è comprensibile che trovare ogni anno talenti del calibro di Jude Bellingham o Erling Haaland sia difficile, ma attualmente non si vedono scintille della qualità che era stata tratto distintivo dell’inizio dell’epopea Klopp, paradossalmente nella stagione in cui il Borussia Dortmund torna in semifinale di Champions League. 

E quindi, a che punto siamo a Dortmund? Con cinque partite al termine della Bundesliga, un quarto posto da conquistare e una semifinale di Champions League da giocare diremmo che il finale è ancora tutto da scrivere, esattamente come la carriera di Julien Duranville, arrivato in Germania nel gennaio 2023 e pronto – a diciassette anni – a diventare il prossimo talento scintillante del laboratorio di Dortmund. 

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