Gli Stati Uniti hanno vinto l’ennesima Nations League e stanno allestendo un dream team in vista dei mondiali.
Bisogna parlare di questi Stati Uniti, e non solo perché Pulisic sta ben impressionando in Serie A. La vittoria di domenica notte contro il Messico ha regalato al team capitanato dal numero undici del Milan la terza Nations League della CONCACAF di fila, rendendo la nazionale a stelle e strisce l’unica vincitrice del torneo dalla sua creazione nel 2019. Certo, si parla di un trofeo indetto per aumentare il numero di partite giocate dalle nazionali di nord e centro America, ed è nata appena cinque stagioni fa, ma se per ambire a vette più alte bisogna prima rendersi migliori nel giardino di casa, allora gli Stati Uniti stanno facendo davvero tutto nel modo giusto.
Negli USA il concetto di sport è fortemente associato al sacrificio, al lavoro di squadra, all’equa opportunità e al riconoscimento basato sul merito. Tale merito – che quindi si sposa al concetto di squadra migliore possibile – è facilmente replicabile nel basket, dove la casualità e il momentum sono di gran lunga meno incisivi rispetto a quanto accade nel calcio. In NBA per intenderci, è difficile che a vincere non sia una delle squadre più forti e grandi della lega, non lasciando spazio a sorprese come invece accade nel calcio. A causa di questa cultura, il calcio ha sempre faticato ad espandersi e diffondersi, dapprima considerato un gioco per nulla fisico, noioso e poco intenso, e successivamente piegato a logiche di casualità che non rispecchiano in toto la visione spettacolarizzata dello sport americano. Ma con i Mondiali previsti nel 2026 nel continente americano, i ragazzi di Gregg Berhalter sono sotto i riflettori oltre oceano dal giorno seguente alla vittoria di Messi in Qatar, e tutti gli Stati Uniti si sono chiesti come far combaciare la propria visione dello sport con il calcio a noi europei tanto congeniale. Se quindi gli americani sono da sempre propensi a partecipare con l’intenzione di meritarsi la vittoria, l’unica cosa logica da fare in vista del Mondiale era preparare la propria nazionale al meglio per permettersi l’ambizione di far parte delle migliori otto nazioni del mondo, in uno sport che solamente da poco tempo ha iniziato a diffondersi capillarmente.
E quindi la Nations League, nuova competizione nata nel 2019 per affiancare la Gold Cup esistente in due formati diversi rispettivamente al 1963 e dal 1990. La più antica competizione prendeva il nome di Campionato CONCACAF, nato dall’unione tra le federazioni nord americana e centro americana nel 1963. Ventisette anni e dieci edizioni più tardi, nacque la Gold Cup ospitata fino ad oggi praticamente sempre dagli Stati Uniti. La Gold Cup, in cui Messico (12) e Stati Uniti (7) si sono spartite sedici delle ultime diciassette edizioni, si svolge a cadenza biennale ma non basta ad offrire a squadre come El Salvador (vincitore della prima edizione) abbastanza partite per migliorare il livello del proprio calcio. Di conseguenza, nel 2019, nasce la Nations League della CONCACAF, dove la rivalità tra Messico e Stati Uniti è più accesa che mai: le tre edizioni hanno visto trionfare sempre gli Stati Uniti, due volte delle quali contro il Messico in finale. Una crescita – quella della nazionale statunitense – confermata da risultati ottenuti contro una nazionale storica come quella messicana, dotata di grandi talenti e di una tradizione calcistica ben radicata.
Gli Stati Uniti verso il Mondiale
Ma concludendo il compendio storico che ha portato alla nascita di una competizione che Pulisic e compagni hanno monopolizzato, la partita di domenica sera ha visto segnare Giovani Reyna, stellina del Borussia Dortmund, e Tyler Adams, infortunato dallo scorso ottobre e tornato in campo con un gol da cineteca.
La squadra si sta preparando passo dopo passo a due impegni fondamentali per il coinvolgimento del pubblico americano e la diffusione del calcio in tutto il paese: la coppa America di quest’estate e il mondiale che si terrà tra due stagioni. Gli Stati Uniti arriveranno a sfidare l’Argentina campione del Mondo e il Brasile di Neymar come campioni in carica della Nations League, ennesimo tassello di un percorso in cui la nazionale è lo strumento fondamentale su cui far leva per rendere il calcio parte del tessuto sociale di una nazione in cui con la palla si gioca quasi sempre con le mani.
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