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Schnellinger, difensore del Milan, passò alla storia per un gol storico nei minuti di recuperoo: quello che “inventò” Italia-Germania 4-3.

La chiamano la Partita del Secolo, per molti è stato il più emozionante incontro della storia dei Mondiali, tutti ne conoscono il risultato anche senza averla mai vista: è Italia-Germania 4-3, 17 giugno 1970, stadio Azteca di Citta del Messico, semifinale dei Mondiali. Per noi italiani, il protagonista di quell’impresa è sostanzialmente Gianni Rivera, regista offensivo del Milan e Pallone d’Oro in carica, che segnò la rete decisiva capace di riportare gli Azzurri in finale per la prima volta nel dopoguerra. Ma in realtà, il vero protagonista fu un difensore di 31 anni, anche lui rossonero, chiamato Karl-Heinz Schnellinger.

Il contesto di quella partita è abbastanza noto. L’Italia arrivava dalla clamorosa delusione di quattro anni prima in Inghilterra, quando a eliminarla fu inaspettatamente la Corea del Nord, ma era il movimento calcistico più competitivo d’Europa con i club, e nel 1968 aveva conquistato contro la Jugoslavia il suo primo europeo. Il Mondiale non era iniziato benissimo: gli Azzurri erano arrivati primi nel loro girone, ma senza convincere: 1 solo gol fatto (alla Svezia) e nessuno subito, pareggiando anche contro l’Uruguay e Israele. Avevano poi battuto ai quarti i padroni di casa del Messico per 4-1, trovandosi contro la Germania Ovest.

I tedeschi, finalisti beffati nel 1966 dal “gol fantasma” di Hurst, era un altro movimento fenomenale, che in rosa poteva vantare campionissimi come Sepp Maier, Berti Vogts, Franz Beckenbauer, Wolfgang Overath, Uwe Seeler e Gerd Muller, terzo classificato all’ultimo Pallone d’Oro e capocannoniere del Mondiale. La vincente sarebbe andata in finale, probabilmente contro il Brasile di Pelé, che aveva vinto due delle ultime tre edizioni dei Mondiali, e nell’altra semifinale, in contemporanea, stava affrontando l’Uruguay. All’Azteca, l’Italia era scesa in campo per fare il suo noto e ben poco apprezzato gioco difensivo: dopo 8 minuti gli Azzurri trovarono il vantaggio con l’interista Roberto Boninsegna, quindi si chiudere in una strenua e arcigna difesa. Sul campo di Guadalajara, il Brasile era andato sotto dopo 19 minuti, ma aveva pareggiato prima dell’intervallo, e nel secondo tempo era passato in vantaggio, per poi fare il 3-1 con Rivelino proprio nei minuti finali.

Il gol di Schnellinger: iniziava così Italia-Germania 4-3

Italia-Germania era stata una semifinale piuttosto brutta. Il gol iniziale dell’Italia aveva aperto a oltre 80 minuti di gioco ultras-difensivista, orientato più a impedire il gioco avversario che a costruire l’occasione del raddoppio. Era il classico “gioco all’italiana”, ma per la verità quello della Germania Ovest non era altrettanto diverso, all’epoca. I primi 90 minuti di quella che diventerà nota come la Partita del Secolo sono stati, per la verità, noiosi e pieni di errori, al punto di farne una delle peggiori partite del Mondiale messicano. A dirlo non è solamente chi scrive qui, a 54 anni di distanza dai fatti, ma addirittura Gianni Brera nell’articolo uscito la mattina seguente sul Corriere della Sera: “Sotto l’aspetto tecnico-tattico, è da ricordare con vero sgomento. Sia gli italiani sia i tedeschi hanno fatto l’impossibile per perderla.”

Ecco allora che il vero eroe – non solo tedesco, ma del calcio in generale – non può che essere Karl-Heinz Schnellinger. Alto ma non altissimo, biondo come vuole lo stereotipo, era un terzino sinistro veloce, ma soprattutto fisicamente forte, bravo nei tackle e capace all’occorrenza di ricoprire più ruoli difensivi: un difensore vecchio stampo, si potrebbe dire. Era cresciuto al Colonia, dove era stato notato, nel 1963, dalla Roma, quindi acquistato e prestato al Mantova, dove aveva fatto un’ottima impressione. Era quindi tornato in giallorosso, confermando le ottime cosa mostrate in Lombardia. Così, nel 1965, il Milan lo aveva acquistato per aggiungerlo all’arcigna linea difensiva rossonera, giocando accanto a Trapattoni, Maldini e Maldera.

Nei minuti di recupero del match dell’Azteca, quando gli venne in mente di gettarsi in avanti alla disperata – quasi copiando il rivale Facchetti, terzino sinistro decisamente più offensivo che militava nell’Inter – Schnellinger poteva vantare appena 3 gol in 182 partite con la maglia del Milan, 7 in 251 partite di Serie A, 16 in 386 incontri con i club, e assolutamente nessuno in 45 partite con la nazionale. L’arbitro della partita – Arturo Yamasaki, un peruviano figlio di immigrati giapponesi, poi naturalizzato messicano – aveva concesso 3 minuti di recupero, che all’epoca rappresentavano un evento abbastanza eccezionale. E, quando stavano per scadere, un pallone buttato nell’area italiana dalla fascia sinistra colse alla sprovvista i difensori azzurri, di certo abituati a marcare gli attaccanti, al massimo i centrocampisti, ma non certo altri difensori. E Schnellinger, con un intervento raramente sgraziato, riuscì a deviare la palla in rete. Un brutto gesto tenico per una brutta partita, che doveva proseguire per altri 120 minuti almeno. Ma proprio così sarebbe diventata bellissima.