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Il Barcellona ha costruito negli anni un mito attorno alla Masia, il suo settore giovanile, ma oggi la realtà del club è molto differente.

Guardiola, Puyol, Xavi, Iniesta, Busquets, Messi: il Barcellona è innanzitutto la Masia, il florido settore giovanile che nel corso degli anni ha sfornato giocatori eccellenti a ciclo continuo. I grandi successi dei blaugrana nell’ultimo ventennio passano innanzitutto da qui, e hanno alimentato il mito secondo cui quello catalano sia in assoluto uno dei migliori ambienti in cui sviluppare un giovane calciatore. Ma gli ultimi tempi sembrano avere dimostrato piuttosto l’esatto opposto, anche se ancora poca gente, anche tra gli addetti ai lavori, riesce ad ammetterlo.

I fatti, però, sono abbastanza incontrovertibili. Negli ultimi dieci anni, solo Sergi Roberto è riuscito a farsi strada fino a diventare un giocatore nel giro dei titolari del Barça, mentre diversi giocatori promettentin si sono più o meno rapidamente persi per strada. Questa situazione è divenuta abbastanza evidente nell’ultimo lustro, quando prima i seri problemi economici del club e poi l’addio di Messi hanno costretto il Barcellona a fare sempre più spesso affidamento ai giovani e ad andare in cerca dell’erede dell’argentino. La lista di ragazzi esaltati come possibili stelle del futuro del club catalano ma incapaci poi di reggere la prova del tempo è impressionante: Munir El Haddadi, Denis Suarez, Carles Aleñá, Sergi Samper, Gerard Deulofeu, Ilaix Moriba, Riqui Puig, Nico Gonzalez, Iñaki Peña, Oscar Mingueza.

Non solo, il Barça oggi sembra essere in generale un luogo poco adatto allo sviluppo dei giovani calciatori, non solo quelli provenienti dal settore giovanile. In questi anni diversi talenti sono approdati con grandi aspettative in blaugrana, ma pochissimi si sono rivelati all’altezza delle aspettative e in diversi casi l’esperienza catalana ha seriamente danneggiato la loro reputazione come calciatori potenzialmente di primo piano. È successo ad esempio con Junior Firpo, Sergiño Dest, Francisco Trincão ed Eric Garcia. Ma il caso più emblematico, e che aiuta a capire bene anche le storture dell’attuale sistema Barcellona, è quello di Ansu Fati. Dopo aver esordito a soli 16 anni ed essere arrivato quasi subito in nazionale maggiore, l’attaccante considerato il più papabile erede di Messi è stato travolto da una serie di infortuni e ha perso il posto da titolare. La scorsa estate è passato in prestito al Brighton per rilanciarsi, ma ha continuato ad avere problemi fisici e al momento non è tra i giocatori su cui De Zerbi sta facendo più affidamento.

Il mito della Masia del Barcellona è sorpavvalutato
Ansu Fati con il Brighton. (Image Photo Agency)

I problemi del Barcellona con i giovani

Che alcuni giocatori che promettono bene da adolescenti possano poi non confermarsi nel tempo non è certo una sorpresa, ed è una cosa successa in tanti club diversi. L’elevato numero di casi in pochi nel Barcellona, però, deve spingere necessariamente a pensare che ci sia un problema specifico legato al club catalano. Poche altre squadre come il Barça hanno costruito un mito attorno alla propria capacità di sviluppare giovani campioni, e in un momento come quello attuale, in cui la prima squadra si trova a dover fare maggiore ricorso alla Masia per ragioni economiche e d’immagine, questi ragazzi si ritrovano caricati di pressioni psicologiche che altrove non avrebbero. Il peso di dover essere il nuovo Messi, il nuovo Xavi, il nuovo Iniesta influiscono notevolmente sulla crescita di questi ragazzi, e la severità nei loro confronti è spesso esagerata.

Tutto ciò è strettamente connaturato a questo mito del settore giovanile blaugrana: la convinzione di avere a disposizione una riserva di talento quasi infinita fa sì che, non appena una promessa inizia un minimo a ridimensionarsi, ce n’è subito pronta un’altra su cui puntare. Oggi nessuno o quasi pensa più ad Ansu Fati, ma gli stessi discorsi che qualche anno fa si facevano su suo conto ora vengono fatti per Lamine Yamal. Riqui Puig, che a 21 anni pareva destinato a ereditare il ruolo di Iniesta, è stato rapidamente dimenticato in favore di Pedri e Gavi, mentre adesso in rampa di lancio c’è Fermin Lopez. Non sorprende allora che il miglior prodotto recente della Masia sia Dani Olmo, che a 16 anni ha lasciato la Catalogna, dove aveva poco spazio, per crescere con minori pressioni a Zagabria.

A questa situazione si aggiunge poi un problema connesso agli infortuni. Nelle scorse settimane, la testata spagnola Relevo metteva in guardia sul rischio crescente di problemi fisici per i giocatori adolescenti che sempre più spesso vengono promossi a giocare con le squadre maggiori. Un fenomeno, quello della caccia al wonderkid minorenne, che si sta diffondendo in molti club ma in cui il Barça si colloca in prima linea. Questi ragazzi si trovano in una fase in cui il loro fisico si sta ancora sviluppando, e improvvisamente vengono catapultati in un ambiente che, oltre ad avere notevoli pressioni psicologiche, richiede allenamenti più intensi e partite atleticamente più dispendiose, oltre che numerose e ravvicinate. Questo sforzo fisico può comportare, sul lungo periodo, infortuni come quelli che stanno minando a carriera di Ansu Fati, e su cui il mondo del calcio europeo sembra dimostrare ancora poca attenzione critica.