Ceferin ha incassato il brutto colpo della sentenza sulla Superlega, ma non è l’unico pronunciamento di oggi contro le regole della UEFA.
Tutti stanno parlando della sentenza della Corte di Giustizia della UE sul caso Superlega, che ha visto una cocente sconfitta per la UEFA del presidente Aleksander Ceferin, strenuo oppositore del progetto fino dall’aprile del 2021, quando venne presentato per la prima volta. I giudici europei hanno stabilito che né la UEFA né la FIFA hanno il potere di approvare o meno delle competizioni alternative alle proprie. In conformità con la leggi dell’Unione Europea sul libero mercato e la competizione tra aziende, questo comportamento è inapplicabile all’interno dei confini della UE, e pertanto è da ritenersi illegittimo. Questo ovviamente apre le porte alla possibilità della rinascita della Superlega, come sta comunicando in queste ore A22 Sports, l’azienda che patrocina la nuova competizione, ma per il momento nulla di chiaro è ancora stato deciso, e potrebbe volerci diverso tempo prima di vedere novità su questo fronte. La UEFA, ad ogni modo, annuncia battaglia e studierà adesso delle contromisure contro l’eventuale nuova competizione, anche se per il momento diversi club (Atletico Madrid, Manchester United, Bayern Monaco e PSG) hanno già chiarito che resteranno dalla parte di Ceferin. Il capo del calcio del Vecchio Continente, però, quest’oggi ha subito un altro colpo, vedendo bocciare dai giudici europei un’altra importante regola che riguarda l’operato dei club.
Si tratta della nota quanto discussa norma sulla composizione delle liste UEFA per le competizioni europee, che è stata oggetto di un’altra sentenza della Corte di Giustizia della UE questa mattina. Questo secondo pronunciamente è però passato abbastanza sotto silenzio, schiacciato sotto l’enorme peso mediatico della sentenza sulla Superlega. Eppure, nonostante questo, il suo impatto sul calcio europeo potrebbe essere molto più evidente e, soprattutto, vicino nel tempo. La Corte ha infatti espresso un parere contrario nei confronti delle norme della UEFA sulla composizione delle liste di giocatori dei club che partecipano ai tornei internazionali. Il tema principale è la norma che prevede che ogni squadra debba inserire nella propria lista di giocatori un numero minimo di elementi “di formazione interna”, e cioé cresciuti o nel proprio vivaio o in quello di un altro club appartenente alla stessa federazione nazionale. Il caso è stato sollevato dall’Antwerp, un club belga che ha preso parte alla fase a gironi della Champions League di questa stagione (ha chiuso ultimo nel gruppo H). Secondo la Corte di Giustizia della UE, le regole della UEFA presentano due elementi di conflitto con le leggi europee: la prima riguarda la libera concorrenza, poiché i club ingaggiano i giocatori sulla base del talento e non su quella del luogo di provenienza; la seconda è invece relativa alla libera circolazione dei lavoratori sul territorio europeo, e riguarda la possibilità che queste norme vada a creare una discriminazione dei giocatori in base alla nazionalità.
Cosa cambia dopo la sentenza su liste e vivaio contro la UEFA di Ceferin
La Corte precisa, nella sua sentenza, che il suo è un’indicazione giuridica di principio. Infatti i giudici si sono dovuti esprimere su una richiesta fatta da un tribunale belga chiamato a deliberare sul caso dell’Antwerp: spetterà ai giudici di quel tribunale stabilire effettivamente se le norme della UEFA siano illegittime o se abbiano invece una valida giustificazione. È ovvio però che il parere della Corte di Giustizia, pur non essendo vincolante, è abbastanza pesante, perché di fatto legittima ogni tribunale nazionale a emettere sentenze che potrebbero condannare le norme del calcio europeo, in caso di ricorsi dei club. In poche parole, le regole sulla formazione delle liste UEFA in merito ai giocatori provenienti dal vivaio nazionale sono ora messe in forte discussione, e la cosa più semplice da immaginare è che la UEFA stessa possa agire per risolvere la controversia. L’ente di governo del calcio europeo potrebbe decidere di rimuovere del tutto la regola, permettendo quindi ai club di comporre le liste per le competizioni europee senza avere alcuni limite al tipo di giocatori da registrare. Nello specifico, quindi, non sarebbe più becessario inserire un certo numero di giocatori formati nel proprio vivaio o in quello di un’altra squadra dello stesso paese. Questa norma ha fatto sì che, da un po’ di anni, i club ricorranno ad alcuni acquisti mirati tra le riserve di giocatori con un passato nel proprio settore giovanile, in particolare nel caso dei terzi portieri, che raramente vengono schierati titolari (è il caso, per esempio, di Raffaele Di Gennaro, estremo difensore arrivato all’Inter la scorsa estate dalla Serie C, ma ex della Primavera nerazzurra). Ad ogni modo, la UEFA potrebbe anche optare per riformare la norma in modo da renderla aderente alle leggi della UE.