Il VAR sta per cambiare: una delle prossime riforme in Serie A potrebbe essere il challenge, o VAR a chiamata. Ecco cosa cambierebbe con la sua introduzione.
Se ne discute da almeno due anni, ma adesso sembra che. almeno in Serie A, si sia pronti ad aprire alla rivoluzione del VAR a chiamata. Il cosiddetto challenge è stato discusso nell’ultima riunione della commissione della Lega di Serie A, tenutasi lunedì 12 dicembre, secondo quanto riportato quest’oggi dal Corriere della Sera.
Non ci sono ancora dettagli a riguardo, e non è chiaro se la novità possa diventare effettiva già da gennaio, quando dovrebbe entrare in vigore il sistema del fuorigioco semiautomatico, già visto in azione in Champions League. Ma questa soluzione potrebbe servire a risolvere molti problemi legati all’uso del VAR, spesso sotto accusa in questi anni.
Cos’è il challenge, o VAR a chiamata, come funziona
L’utilizzo del challenge era già stata discussa nel febbraio 2020 dalla FIGC, che si era detta disposta ad avviare delle sperimentazioni. Il sistema è molto semplice, e consiste banalmente nella possibilità da parte degli allenatori di richiedere l’intervento del VAR, invece di lasciare tutto alla discrezionalità della terna arbitrale. Per questo, è noto anche come VAR a chiamata.
Attualmente non esistono regole precise sull’utilizzo del challenge, per cui se si deciderà di applicarlo andrà stabilito un protocollo. I punti focali sono due: il numero di volte in cui una squadra (nella persona dell’allenatore) potrà fare richiesta di review al monitor nel corso di una partita, e le situazioni per cui sarà possibile fare richiesta. Ad esempio, con l’introduzione del fuorigioco semiautomatico il ricorso la VAR per giudicare episodi di offside non sarà probabilmente possibile.
Pro e contro del challenge
Il challenge è una soluzione che permetterà di rendere ancora più facile evitare errori arbitrali gravi nel corso di una partita. In caso di situazioni controverse, in cui la decisione del direttore di gara non soddisfa una squadra, questa potrà fare richiesta di revisione per fugare ogni dubbio. È una pratica diffusa già in altri sport con discreto successo, come ad esempio nel tennis, dove ogni giocatore ha a disposizione tre chiamate per ogni incontro.
Tra i maggiori sostenitori del VAR a chiamata c’è l’ex-arbitro e oggi opinionista di DAZN Luca Marelli, che in un lungo post sul suo blog ha spiegato i vantaggi della soluzione. In particolare, Marelli pone l’accento sul bisogno di responsabilizzare le società, gli allenatori e i calciatori: “sarebbero costretti a razionalizzare una protesta trasformandola in un’azione concreta” spiega l’ex-arbitro. I club dovrebbero quindi riflettere bene su cosa fare la chiamata, stando bene attenti a non “sprecare” le limitate possibilità di challenge a disposizione su situazioni marginali.
Tuttavia l’idea del VAR a chiamata ha spesso suscitato critiche negative, dovute principalmente al fatto che ancora non esiste un protocollo definitivo, in particolare relativamente al numero di chiamate. Il rischio, secondo i critici, è che questo strumento possa diventare un metodo per spezzare il ritmo partita, scegliendo di fare chiamate “tattiche” quando gli avversari sono in possesso. Questa situazione può diventare molto delicata in casi specifici, ad esempio quando siamo negli ultimi minuti e l’allenatore di una squadra avanti di un gol può decidere di chiamare il challenge per spezzare il ritmo degli avversari, che stanno cercando di recuperare il risultato.