Il Bari giocherà in Serie B nella prossima stagione, ma i regolamenti sulle multiproprietà obbligano De Laurentiis alla cessione. Il punto sulla situazione.
Siamo solo a inizio aprile, ma abbiamo già il primo verdetto della stagione: il Bari tornerà a giocare in Serie B per la prima volta dal 2018, avendo ormai saldamente in mano il primo posto nel girone C della terza serie italiana, con 13 punti di vantaggio sul Catanzaro.
Un traguardo che, però, apre subito un nuovo problema: per come stanno le cose adesso, il Bari potrebbe non riuscire a disputare il campionato cadetto. Il problema è, fondamentalmente, lo stesso che ha avuto la Salernitana negli ultimi mesi del 2021, e che ha quasi portato all’esclusione dei granata dalla Serie A. Il Bari, infatti, è di proprietà di De Laurentiis, che già possiede il Napoli.
Cosa ci fa De Laurentiis al Bari
Il Bari è ufficialmente fallito nell’estate del 2018, ma come avviene di solito la società è stata immediatamente ricostruita sotto un nuovo nome, iscrivendosi alla Serie D: il suo titolo sportivo è stato assegnato alla Filmauro, la società controllata da Aurelio De Laurentiis, dal 2004 proprietario e presidente del Napoli.
A capo della società pugliese, è stato però messo il figlio di quest’ultimo Luigi De Laurentiis, che è tutt’oggi presidente dei Galletti. Sotto la sua gestione, il club biancorosso ha ottenuto l’immediata promozione in Serie C, assumendo quindi il nome di Società Sportiva Calcio Bari, e da allora ha sfiorato due volte la promozione in Serie B, fino a riuscirci pochi giorni fa.
Nuovo caso Salernitana? Cosa dicono le regole
Il problema delle multiproprietà è esploso nella scorsa stagione, con la promozione in Serie A della Salernitana, la cui proprietà risaliva a Claudio Lotito, già patron della Lazio. Ufficialmente, la cessione della Salernitana, arrivata solo a fine 2021, sarebbe dovuta essere obbligatoria già da prima della condivisione della categoria, in quanto le regole vietano alla stessa proprietà di avere due club professionistici nello stesso paese.
Nel 2013, però, era stata concessa una deroga, che permetteva la multiproprietàse i due club appartenevano a categorie diverse. Tuttavia, proprio la vicenda della Salernitana ha convinto la FIGC ha stabilire, lo scorso 30 settembre, che d’ora in poi non sarà più possibile aggirare le regole in alcun modo.
Ne consegue che De Laurentiis dovrà vendere uno dei due club di cui è proprietario – Napoli o Bari, anche se è più logico supporre quest’ultimo – entro e non oltre il 30 giugno 2024. Pena l’esclusione dei pugliesi, la società acquistata più di recente, dalla propria categoria di appartenenza. Una questione che non riguarda solo lui, comunque, ma potenzialmente anche il Mantova, il cui patron è Maurizio Setti, che possiede già il Verona (ma i lombardi, al momento, militano ancora in Serie D).
Il ricorso di De Laurentiis
Regole chiare, no? Sì, ma ciò non ha impedito al produttore cinematografico campano di impugnare la decisione della FIGC, contestandone gli effetti retroattivi: il Bari è stato acquistato nel 2018, quando era ancora in vigore la regola, e per questo De Laurentiis ritiene di non poter essere obbligato alla cessione, almeno fino a che le due società non si ritrovino nella stessa categoria.
La cessione obbligatoria è, a livello imprenditoriale, un grosso problema, perché rende difficile trovare un acquirente disposto a venire incontro alle richieste di chi cede, che quindi può subire un danno economico. De Laurentiis vorrebbe quindi ottenere una proroga fino al 2026, ma è chiaro che molto dipenderà anche dalle prestazioni del Bari nelle prossime stagioni: l’eventuale raggiungimento della Serie A riproporrebbe il caso Salernitana di fin 2021.
Il ricorso presentato dalla proprietà pugliese sarà discusso dal Tribunale federale il prossimo 27 aprile, ma come sappiamo il percorso giuridico è molto lungo e tortuoso.
Siamo su Google News: tutte le news sul calcio CLICCA QUI