Il Barcellona, dall’addio del paulista a quello dell’argentino, ha dilapidato il suo patrimonio con una serie di acquisti senza senso dal punto di vista economico e sportivo.
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Vendere un valore sicuro come Neymar Jr, che a 25 anni aveva davanti a sé quasi un decennio di gran calcio, sembrava paradossalmente poter essere un modo per il Barcellona di riempire alcuni buchi in organico. E invece i 222 milioni incassati per il paulista si sono rivelati non solo un pessimo punto di partenza per le trattative ma anche un budget che ha affrettato pessime decisioni dal punto di vista degli ingaggi.
Trovare un sostituto del brasiliano passò a essere la prima esigenza di un Barça che aveva perso il suo valore futuro per una clausola non impossibile da pagare per un Paris Saint-Germain onnipotente dal punto di vista finanziario.
Coutinho, Dembelé e Paulinho: acquisti frettolosi
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Subito dopo l’addio di Neymar la dirigenza del Barcellona si vide costretta a cercare un sostituto del brasiliano quando tutti erano a conoscenza della cifra intascata. Ragion per cui furono necessari 135 e 105 milioni per Philippe Coutinho e Ousmane Dembelé.
Il primo, un anno più giovane del suo connazionale e amico, veniva da delle buone stagioni al Liverpool ed era stato preso, in teoria, anche per sopperire all’imminente ritiro di Andrés Iniesta. Il secondo, un ventenne di belle speranze, era la freccia che il Borussia Dortmund aveva fatto esplodere l’anno prima per poi venderlo in maniera sagace a un prezzo esorbitante, come abituata a fare.
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Insieme a loro arrivò al Camp Nou anche Paulinho, acquistato per 40 milioni di euro. Il centrocampista brasiliano, che a 29 anni militava nella società cinese del Guangzhou FC, era l’ennesimo colpo dell’intermediario André Cury, un altro brasiliano che già dai tempi di Neymar si era in qualche modo inserito nelle trame di mercato dei blaugrana.
Al di là delle mancate promesse di Coutinho e Dembelé, entrambi ancora bloccati al Barça da degli stipendi che altrove nessuno avrebbe potuto elargire, il primo ha finito per deludere per rendimento e mancata intraprendenza; mentre il secondo, che quando stava bene in campo faceva la differenza, è stato condizionato da una serie infinita di infortuni, muscolari e ossei, che lo hanno tenuto fuori per 668 giorni totali.
Malcom e Griezmann, comprare per comprare
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Negli anni successivi, nonostante l’istinto di Lionel Messi fosse riuscito in qualche modo a salvare la squadra, i tonfi in Champions League contro Roma e Liverpool certificavano la caduta in picchiata di un modello divenuto insostenibile. Il Barcellona non era più una squadra solida e compatta e la risposta arrivava ancora una volta da un mercato insulso e senza logica.
Gli arrivi di Malcolm nell’estate del 2018 per 41 milioni, fondamentalmente per aver seguito la pista tracciata da Monchi allora alla Roma, e quello di Antoine Griezmann nel luglio 2019 per una spesa di 120 netti, rispondevano nuovamente all’ansia di dover dimostrare qualcosa.
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Se, però, il brasiliano era un giocatore che serviva per allungare la rosa, il francese rappresentava il coup de théâtre di un Josep Maria Bartomeu sempre più in disaccordo con i calciatori. Ormai abituato a giocare nella stessa zona di Messi, l’ex-Atletico Madrid avrebbe penato ad adattarsi al gioco blaugrana e non avrebbe mai raggiunto una piena intesa con il capitano argentino.
L’estate scorsa la pessima gestione degli ultimi anni del Barça ha posto la ciliegina sulla torta con lo scambio di Arthur, 23enne, con Miralem Pjanic, 30enne, oltre all’acquisto per 31 milioni di Francisco Trincao, semi-sconosciuto attaccante esterno del Watford sotto l’ala protettrice di Jorge Mendes.
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La deriva, iniziata quattro anni fa, ha avuto il suo culmine ieri con l’ufficializzazione dell’addio di Messi. La perfetta macchina blaugrana si è spezzata per l’eccessiva alta tensione. E adesso sarà difficilissimo ricomporne i pezzi…
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