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Gli Stati Uniti hanno vinto la Gold Cup con una squadra di seconde linee molto giovani, che confermano le ottime prospettive del calcio a stelle e strisce

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In meno di due mesi, gli Stati Uniti hanno vinto due titoli battendo in entrambe le occasioni i rivali del Messico in finale: prima la Nations League, a inizio giugno, e adesso la Gold Cup. Ma questo momento d’oro della Nazionale a stelle e strisce è reso ancora più significativo dal fatto che nel torneo continentale il ct Berhalter non aveva convocato nessuna delle stelle internazionali a sua disposizione.

Niente Reyna, Pulisic, Brooks o McKennie, insomma, ma una rosa di seconde linee con un’età media molto bassa (24,5 anni di media, solo due over-30), che testimonia l’ottimo livello raggiunto oggi dal calcio statunitense e dal gran quantità di talento finalmente a disposizione della Nazionale.

La variegata rosa degli USA

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La situazione degli Stati Uniti della Gold Cup è ben esemplificata dalle statistiche sui gol: nelle tre partite a eliminazione diretta dopo i gironi, agli americani sono bastati tre 1-0 per diventare campioni CONCACAF. I migliori marcatori della squadra nella competizione sono stati Daryl Dike, Gyasi Zardes e Miles Robinson (autore della rete decisiva della finale), con due sole reti segnate a testa.

 

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Una squadra senza stelle, in cui tanti sconosciuti sono stati chiamati a un ruolo di primo piano, a partire da Matt Turner, 27enne portiere del New England Revolution divenuto per la prima volta titolare e risultato come man of the match della finale grazie a una serie di parate sorprendenti, che hanno coronato un torneo di altissimo livello con un solo gol subito.

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Berhalter ha sperimentato molto, utilizzando tre moduli diversi nei gironi prima di stabilizzarsi dul 4-3-3, e in finale ha cambiato i terzini, togliendo Shaq Moore del Tenerife e Sam Vines del Colorado Rapids per schierare il giovane del Boavista Reggie Cannon e la promessa 19enne dell’Atlanta United George Bello.

Oltre a Turner tra i pali, gli unici veri punti fermi di tutta la competizione sono stati il centrale difensivo Miles Robison e i centrocampisti Kellyn Acosta e Sebastian Lletget, il primo in forza ai Colorado Rapids e il secondo agli LA Galaxy. In attacco, il più presente è stato ovviamente Daryl Dike, 21enne dell’Orlando City reduce però da sei mesi clamorosi in prestito al Barnsley, ma che in finale ha lasciato il posto al più esperto Zardes.

Nuovi talenti emergenti negli Stati Uniti

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Tutto ciò non toglie che tra i ragazzi di Berhalter ci fossero effettivamente alcuni giocatori dall’ottimo potenziale, come ad esempio Giancluca Busio, polivalente centrocampista di passaporto italiano dello Sporting Kansas City, un ragazzo che a a 16 anni era già professionista in MLS e oggi, tre anni dopo appena, sta per ufficializzare l’approdo in Serie A al Venezia.

 

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È italoamericano anche Nicholas Gioacchini, cresciuto al Paris FC e oggi al Caen, con 4 gol nell’ultima Ligue 2 e già apparso spesso in Nazionale nei mesi scorsi. James Sands, classe 2000 capace di giocare sia come difensore centrale che da centrocampista basso, è un altro di cui si dice gran bene, ma su di lui ci sono già le mani del Manchester City, visto che il ragazzo è cresciuto nella succursale newyorkese dei Citizens.

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Ma in tutta la rosa che ha vinto la Gold Cup, quello con il maggior pedigree da stella del futuro ce l’ha Mathew Hoppe, gigantesco centravanti passato anche dalle giovanili del Barcellona e uno dei pochissimi a salvarsi nell’ultima drammatica stagione dello Schalke 04. Ha 20 anni appena, ma ha già il piglio del leader, e con la squadra retrocessa in seconda divisione potrebbe essere fin da ora un validissimo colpo a prezzo contenuto.

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