Il Novara solo 10 anni fa arrivava in Serie A, mentre adesso si trova escluso dalla Serie C, abbandonando il professionismo per la prima volta in 113 anni di storia
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Il Novara Calcio è stato fondato nel 1908: ha vissuto 113 anni di storia, tutti ai massimi livelli del calcio italiano, sempre facendo parte del calcio professionistico da quando questo è stato istituito nel nostro Paese.
Fino a oggi, almeno: nella seratra di lunedì 26 luglio, infatti, il Collegio di Garanzia del CONI ha confermato l’esclusione del club piemontese dalla Serie C a causa di un’iscrizione irregolare alla prossima stagione. Per la prima volta nella sua storia, il Novara scenderà in Serie D, ma questa sentenza è in realtà il punto di arrivo della lunga crisi tecnica e societaria di una squadra che, dieci anni fa esatti, conquistava la promozione in Serie A.
Novara, dalle stelle alle stalle
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Nell’estate del 2011, il Novara raggiungeva la Serie A dopo una grande cavalcata iniziata l’anno prima in Lega Pro e che aveva portato il club a contendere un ottavo di finale di Coppa Italia al Milan. Il club piemontese era tornato nella massima serie dopo 55 anni, supportato da un pubblico molto appassionato e da un progetto che ne aveva fatto una delle prime società italiane ad adottare un campo in erba sintetica.
Tutto ruotava attorno al proprietario Massimo De Salvo, imprenditore nel settore delle cliniche private arrivato in città con la dichiarata ambizione di conquistare la massima serie. Un sogno durato però lo spazio di una (tutt’altro che esaltante) stagione: da lì in avanti, tutto iniziò a svanire poco a poco (sebbene, nell’annata seguente in B, furono lanciati i giovani Seferovic e Bruno Fernandes), fino al definitivo ritorno in Serie C nell’estate del 2018.
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A quel punto, De Salvo lamentò di aver bisogno di nuovi soci, e iniziò a ridurre le spese, cedendo i giocatori più appetibili (Dickmann, Montipò, la stellina Matteo Stoppa, andato per 1 milione alla Juventus) e affidando la panchina allo sconosciuto Simone Banchieri. Infine, ormai disimpegnatosi dalla società anche a causa delle critiche dei tifosi, ne cedette l’80% delle quote a Maurizio Rullo, imprenditore specializzato nel recupero e riciclo di materiali ferrosi, per poi trasferirsi per affari in Romania.
Contestazioni e sospetti: la trubolenta gestione Rullo
Iniziata nel dicembre 2019, la relazione tra Rullo e Novara non è mai veramente sbocciata. Al suo arrivo, licenziò subito il giovane ma apprezzato direttore sportivo Moreno Zebi (oggi al Cesena) per Orlando Urbano, che durò appena un anno. I rapporti coi tifosi furono da subito molto tesi, e a inizio febbraio 2021 una settantina di persone si riuniva sotto la pioggia fuori dallo stadio Piola prima del derby con l’Alessandria, indirizzando cori verso il proprietario.
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In tutto questo, nella settimana precedente era avvenuto un fatto destinato a gettare ombre scure sulla società piemontese: il presidente Marcello Cianci balzò in cima alla cronaca nazionale per essere stato fermato dalle Fiamme Gialle in Calabria su un suv nel quale aveva nascosto 200mila euro in contanti, di cui non aveva saputo spiegare l’origine, ed era stato denunciato per ricettazione.
Il Novara ne annunciò le immediate dimissioni, dichiarandosi “totalmente estraneo ai fatti”, e finora non sono emersi legami tra la misteriosa somma e i problemi societari del club, ma ovviamente tutto ciò ha dato adito a numerosi sospetti e non ha aiutato il clima di sfiducia attorno alla proprietà . Anche perché il giorno seguente Rullo annunciò, dopo mesi di critiche e lamentele, di voler cedere il club.
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L’impreditore piemontese aveva rilevato la società attirato soprattutto dall’idea della costruzione di un nuovo stadio, compreso all’interno del progetto di una Cittadella dello Sport da 36 milioni di euro finanziato da Yard, una società controllata dalla holding editoriale De Agostini, che ha sede proprio a Novara. Ma alla fine di febbraio 2020, il sindaco Alessandro Canelli bloccava tutto, sostenendo che “non c’era chiarezza sugli investimenti nè garanzie da parte dell’investitore”.
I debiti del Novara Calcio
Il Novara è arrivato alla fine della stagione 2020/2021 in condizioni più che precarie: 6 milioni di debiti, diversi stipendi non pagati, una squadra tecnicamente in crisi (solo 11a in campionato). “Due anni fa c’era un debito che c’è ancora – spiegava Rullo a La Voce – ma di dimensioni molto più ridotte anche grazie agli investimenti fatti”. Secondo l’ormai ex-proprietario, al suo arrivo in società c’era un ammanco pari a 13 milioni di euro.
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A fine maggio, l’80% del club passava da Rullo all’imprenditore toscano Leonardo Pavanati, che si era subito impegnato a coprire interamente i debiti e saldare gli arretrati, pur riconoscendo che “Abbiamo trovato una situazione sicuramente più seria di quello che ci attendevamo”.
Ma ai primi di luglio, la Covisoc, l’organo di controllo fiscale della FIGC, respingeva però l’iscrizione del Novara alla prossima stagione di Serie C, evidenziando come i debiti non fossero stati saldati secondo le norme sportive (mentre, ribatteva Pavanati, erano stati ritenuti validi dall’Agenzia delle Entrate). Massimo Barbero, giornalista e tifoso storico del Novara, ha scritto che l’operazione della nuova proprietà rischiava “di passare alla storia per la più onerosa autoeliminazione dal calcio professionistico di sempre”.
I motivi dell’esclusione del Novara dalla Serie C
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Pavanati ha sistemato i conti del club, al fine di rendere possibile l’iscrizione alla Serie C, ma lo ha fatto utilizzando fondi propri e non della società sportiva. Questa pratica non è ritenuta legittima dai regolamenti della FIGC, e lo stesso proprietario ha ammesso l’errore: “Abbiamo pagato l’inesperienza, mettendoci in una posizione difficile“.
L’avvocato del Novara Cesare Di Cintio ha sostenuto davanti agli organi competenti che i debiti erano stati saldati, esibendo le ricevute dei pagamenti presso l’Agenzia delle Entrate. Ha aggiunto che la pratica utilizzata dalla nuova proprietà non sarebbe stata una compensazione tributaria (cioè, una copertura dei debiti con fondi di altre società appartenenti a Pavanati) ma una surrogazione (vale a dire il trasferimento dei debiti del Novara ad un’altra società ).
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Il regolamento della FIGC, però, parla chiaro, e al di là dei tecnicismi legali il debito del club piemontese non è stato saldato in maniera regolare. A suo dire, Pavanati avrebbe speso 2,4 milioni di euro in questi pochi mesi per salvare il Novara, ma senza successo. Tuttavia, questa sua fatale leggereza è stata solamente l’ultima pennellata su un quadro la cui immagine era purtroppo chiara già da tempo.
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