Cosa simboleggia l’Inno d’Italia e come venne concepito. La storia che sta a monte del nostro inno nazionale con notizie storiche e curiosità.
L’Inno d’Italia, l’Inno di Mameli, Fratelli d’Italia. Chiamiamo in tanti modi il nostro inno nazionale, che rappresenta un momento irrinunciabile ogni qualvolta la Nazionale è chiamata a scendere in campo in amichevole od in competizioni ufficiali. Ma, come qualunque altro canto patriottico esistente al mondo, anche il nostro Inno d’Italia non è certo stato concepito pensando all’ambito sportivo. Le sue origini affondano nel periodo risorgimentale, con la sua composizione che risale al novembre 1847. La prima esecuzione ufficiale ha anche una data, il 10 dicembre sempre di quell’anno. Il nostro canto nazionale ufficialmente si chiama “Il Canto degli Italiani” ed il suo testo venne scritto da Goffredo Mameli, mentre il suo “papà musicale” fu il compositore Michele Novaro.
Esso riuscì a soppiantare la Marcia Reale dei Savoia come espressione in grado di unire gli italiani da nord a sud. L’adozione come inno nazionale avvenne un secolo dopo, il 12 ottobre 1946, per scelta della neonata Repubblica d’Italia.
A sorpresa però esso è diventato inno nazionale con una legge apposita soltanto il 4 dicembre 2017, quando venne emanata l’apposita legge 181. L’autore del testo fu il patriota genovese Goffredo Mameli, morto a soli 21 anni a Roma.
Inno d’Italia, come venne concepito
La sua scomparsa avvenne durante gli scontri avvenuti a margine della battaglia per difendere la seconda Repubblica Romana. Gli venne amputata una gamba agli inizi di giugno, un mese dopo lo stato di salute di Mameli peggiorò ed il suo decesso fu inevitabile. Riguardo all’Inno d’Italia, Mameli si ispirò ai corrispettivi di Francia e Grecia. C’è proprio un rimando alla Marsigliese, in cui compare la frase “Formez vos bataillon”, che viene traslata con il nostrano, celebre “stringiamoci a coorte”.
Un’altra curiosità sta nel fatto che Mameli in persona cambiò l’incipit originario di “Evviva l’Italia” con l’ormai celebre “Fratelli d’Italia”. Immediata è l’intenzione dell’autore di esaltare l’appartenenza degli italiani ad un unico popolo, dopo secoli e secoli di divisioni in regni, ducati e stati anche di piccole dimensioni tutti autonomi e spesso belligeranti tra loro. Gli italiani sono “fratelli” e sono chiamati alle armi per difendere la loro patria, che Mameli non avrebbe potuto vedere sorgere data la sua prematura morte. Ma che sarebbe sorta appena qualche decennio dopo, nel 1861, come Regno d’Italia.
Le curiosità legate al testo: quante citazioni
Ci sono richiami importanti alla storia antica del nostro Paese, quali “l’elmo di Scipio”. Il rimando è al generale romano Publio Cornelio Scipione, che sconfisse i Cartaginesi nella Seconda Guerra Punica, decretando la liberazione dell’Italia dagli invasori nel 202 a.C.
Ora è l’Italia moderna, contemporanea dell’epoca di Mameli, a riprenderne il copricapo (“dell’elmo di Scipio/s’è cinta la testa”, n.d.r.). Vi sono altri richiami alla gloriosa storia di Roma antica (la vittoria, la coorte), seguiti dalla speranza e dalla Provvidenza nel voler costituire una patria italica.
E Mameli cita in una successiva strofa (l’Inno d’Italia è molto più lungo di quanto siamo abituati a sentire nelle sue esecuzioni ufficiali) svariati episodi della storia del nostro Paese, come la battaglia di Legnano di epoca medievale contro l’imperatore Federico Barbarossa.
O le successive rivolte simboleggiate dalle figure di Francesco Ferrucci contro Carlo V d’Asburgo nel 1530 e dal fanciullo genovese Balilla nel 1746 sempre contro gli austriaci. Anche oggi questo canto assolve al suo compito quando c’è una delle competizioni sportive che riescono dove altri ambiti spesso falliscono, ovvero unirci tutti quanti.