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Il Werder Brema abbandona la Bundesliga dopo 41 anni di permanenza: sintomo di una crisi che dura da un decennio, da cui il club della città anseatica non riuscito a uscire

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Sembra quasi giusto che, ad assistere alla storica retrocessione del Werder Brema, ci sia proprio Thomas Schaaf, il cui nome in tedesco fa rima con quello del club: era in campo, nel 1980, quando avvenne la prima caduta in seconda divisione, e poi, tra gli anni da calciatore e quelli da allenatore, ha vinto praticamente tutti i titoli della storia del Werder (eccetto quattro: coppa e campionato negli anni Sessanta, Intertoto e Coppa di Germania nel 1999).

Così, nello stesso anno in cui dice l’addio alla prima serie anche lo Schalke 04 (dopo 30 anni di permanenza e sette titoli), la Bundesliga deve rinunciare a un altro suo club storico. La crisi del Werder, però, è storia lunga, e l’unico merito della dirigenza è stato quello di averla saputa centellinare.

Werder Brema: un decennio di crisi

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Nell’autunno del 2010, dopo una stagione conclusa con il terzo posto in Bundesliga e la finale di DFB Pokal, il Werder Brema annunciava di avere problemi economici e di dover mettere in stand-by i rinnovi di alcuni suoi giocatori di punta, come Torsten Frings, Hugo Almeida, Per Mertesacker e Tim Wiese. Nel giro di pochi anni, lasciarono tutti le rive del Weser, seguiti da Naldo, Marin, Pizarro e Papastathopoulos.

Finché Thomas Schaaf era rimasto in panchina, la crisi era stata mitigata, ma alla fine nel 2013 si era deciso che il suo ciclo, iniziato nel 1999 e che aveva portato in dote quattro trofei (facendo rievocare i fasti di Otto Rehhagel, vincitore di sette titoli tra il 1981 e il 1995), era giunto al termine. Da lì, il precipizio: una squadra abituata a lottare per le zone alte della classifica dovette presto abituarsi a considerare un decimo posto, come quello del 2015, un risultato eccellente.

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Per provare a cambiare le cose, nel 2016 fu chiamato come direttore sportivo Frank Baumann, colonna del Werder Brema negli anni in cui Schaaf era in panchina. Il suo progetto fu subito quello di puntare su un allenatore giovane e che fosse “di casa” a Brema: la prima opzione, il tecnico della squadra B Alexander Nouri, si rivelò subito un flop, ma il suo sostituto Florian Kohfeldt, un 34enne in società dal 2006, sembrò aver impresso la svolta giusta.

Con una rosa oggettivamente non di primissimo piano, i due ottavi posti del 2017 e del 2019 sono stati considerati dei mezzi capolavori, ma su di essi né Baumann né Kohfeldt sono stati evidentemente in grado di costruire qualcosa di solido. Perso in estate il preziosissimo bomber Max Kruse, il Werder si è ritrovato a fare un campionato da fondo classifica, salvandosi solo grazie allo spareggio finale.

Una stagione disastrosa

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Klaassen è tornato all’Ajax, Sahin è andato in Turchia a parametro zero, ma soprattutto si è ritirato la leggenda Claudio Pizarro, tornato a Brema nel 2018 a 40 anni per rimettere insieme i cocci della squadra a cui, a più riprese, ha dedicato tutta una carriera. Nessun vero acquisto, solo il trasferimento definitivo di Bittencourt e Toprak, già qui l’anno scorso in prestito.

Alla fine, i nodi del Werder Brema sono venuti al pettine. Kohfeldt, riconfermato controvoglia, si è ritrovato fin da subito al centro delle critiche dei media: arrivato con l’etichetta di nuova promessa tedesca in panchina, la sua situazione si è completamente ribaltata, e presto ha dimostato di non saper rimettere in piedi una squadra comunque non attrezzata per i risultati che ci si aspettava.

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Basti pensare a Josh Sargent, 21enne attaccante statunitense su cui i biancoverdi hanno voluto puntare molto, che però si è rivelato ben lontano dallo standard realizzativo necessario per la salvezza. Ma se 7 gol tra tutte le competizioni sono pochi per una punta titolare, la situazione risulta ancora più drammatica quando si scopre che nessuno nella rosa è riuscito a segnare più di lui, chiarendo che i problemi sono ben più profondi.

Ridotto nuovamente a giocarsi la salvezza all’ultima giornata, il Werder Brema ha licenziato all’improvviso Kohfeldt e richiamato proprio Schaaf, senza panchina da cinque anni, nella speranza che il suo carisma (o più probabilmente qualche indicibile influsso magico) riuscisse a scatenare quello scatto d’orgoglio necessario per difendere per un altro anno la massima divisione.

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E invece, è stata solo la giusta conclusione di anni di scelte dirigenziali sbagliate, incapaci di porre fine sia alla crisi tecnica che a quella economica. Il Werder Brema è crollato in casa con il Borussia Monchengladbach, mentre il Colonia ha vinto con lo Schalke 04 ultimo, scavalcando gli anseatici al terzultimo posto, valevole per lo spareggio salvezza. Un flop che ora rende inevitabile un serio discorso sul futuro della società, finora assurdamente rimandato.

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