Skip to main content

Che cosa ci fa un boxer di Consett sulla panchina della nazionale canadese? La storia raccontataci da The Athletic è quella di John Herdman, l’allenatore che vuole cambiare la storia del calcio canadese.

Un viaggio di 7216 chilometri dalla dura e aspra cittadina metallurgica di Consett (Inghilterra) fino al centro di Vancouver, capitale di un paese che non riesce ad approdare al Mondiale dal lontano 1986. Questa è la storia di John Herdman, l’ex pugile e professore universitario, che ora allena Alphonso Davies. 

Leggi anche: Quali sono i migliori terzini del mondo?

Il Canada degli anni ottanta

É il 1985, esattamente il 14 settembre, quando il Canada si qualifica ufficialmente alla Coppa del Mondo messicana in programma per il giugno successivo, battendo l’Honduras per due reti a una. In quel momento, il calcio canadese vanta la prima vittoria di quella che sarà la futura Gold Cup, preparandosi all’esordio nella massima competizione mondiale. 

Fonte immagine: profilo Ig @CanadaSoccer

L’eliminazione al primo turno contro Francia, Ungheria e Unione Sovietica nonostante il bel gioco messo in mostra in terra messicana è purtroppo inevitabile, lasciando ugualmente ampie speranze per il mondiale successivo. 

Leggi anche: Il Calcio di Guardiola funzionerebbe con giocatori di seconda fascia?

Le qualificazioni di Italia ’90 però non vanno come sperato: sconfitto dal Guatemala durante le qualificazioni del campionato CONCACAF 1989, il Canada si ritrova estromesso dal mondiale successivo, guardando la propria iperbole storica retrocedere a semplice parabola. 

Da quel giorno, le partecipazioni del Canada alla massima competizione mondiale si sono ridotte a zero, portando in dono alla popolazione del soccer biancorosso solamente la seconda Gold Cup della propria storia, quando nel 2000 batté la Colombia per due reti a zero sotto la gestione di Holger Osieck. 

Fonte immagine: profilo Ig @CanadaSoccer

Da Consett a Vancouver 

Mentre il Canada viveva questa faticosa epopea, a Consett cresceva un ragazzo figlio di una famiglia impiegata nella metallurgia e dedita alla boxe. 

“All’epoca facevo un po’ di boxe. Vengo da una famiglia di pugili. Ero anche appassionato di calcio, ma ho avuto un po’ di problemi con la famiglia sbagliata – quella famiglia non era una famiglia con cui si scherza, davvero. Per un lungo periodo di tempo, hanno reso la mia vita un inferno; qualche pestaggio. E’ stato un periodo difficile. Ma, guarda, questa è Consett!”

John Herdman, classe 1975, aveva dieci anni quando il Canada otteneva la qualificazione all’ultimo mondiale della sua storia: di certo poteva prevedere tutto tranne che trent’anni dopo avrebbe viaggiato per più di settemila chilometri per riportare la squadra di Vancouver nella massima competizione per nazionali. 

Laureato in “Sports Science” all’università di Leeds, insegnante di educazione fisica nella scuola elementare che lo ha visto crescere e poi allenatore delle giovanili del Sunderland contemporaneamente al ruolo di professore dell’università della Northumbria: John Herdman impiega quindici anni della sua vita a formarsi un background che lo porterà da una parte all’altra del mondo a parlare di connessioni, dinastie, storie e di emozioni da comprendere. 

John Herdman e l’ “Absolute Storm”

Lo ha definito lui stesso così parlando a The Athletic di quello che accadde sul finire del 2017. 

Dopo sette anni alla guida della nazionale femminile canadese, due offerte vennero messe sulla sua scrivania: allenare la nazionale femminile inglese – che aveva eliminato lui e le sue ragazze dal mondiale casalingo del 2015 – o cambiare terreno di gioco e prendersi la responsabilità di portare al mondiale la nazionale maschile canadese. 

“L’opportunità di allenare l’Inghilterra femminile era arrivata. Mi è stato offerto quel ruolo con una reale opportunità di sperimentare il tipo di supporto finanziario che non hai mai sperimentato prima, con quello che viene con la FA e quell’offerta di essere parte degli Europei in casa – è stato emozionante. E l’offerta di prendere la nazionale maschile in Canada è arrivata allo stesso tempo; non credo che quell’offerta sarebbe arrivata se non ci fosse stata quella dell’Inghilterra.”

A questo punto, occorre fare un passo indietro: siamo nel 2006 e John Herdman viene chiamato in Nuova Zelanda per allenare la nazionale femminile. A diciannove mila chilometri da Consett riuscirà a portare due ori alla Coppa delle Nazioni Oceaniche di categoria, la prima nel 2007 e la seconda nel 2010, in casa. 

Dopo quell’avventura definitiva da lui stesso “formativa”, la chiamata del Canada e la possibilità di creare la sua prima “Legacy”. 

Ecco, questo è un termine che John Herdman userà più volte nel corso della sua carriera: con “Legacy” intende una vera propria dinastia – o meglio, generazione – di calciatrici (e calciatori) capaci di cambiare la narrativa intorno al calcio canadese. 

Nel 2011 sceglie il Canada insieme a Christine Sinclair, migliore giocatrice nella storia del suo paese capace di partecipare a cinque mondiali di categoria (segnando almeno un gol in ognuno di essi) e di vincere 5 volte il titolo di miglior giocatrice del mondo (dal 2005 al 2008 e poi ancora nel 2010). 

In sette anni risponderà prima all’eliminazione patita ai mondiali tedeschi da parte della Francia conquistando il bronzo olimpico a Londra 2012, e poi portando le proprie ragazze al mondiale casalingo del 2015, prima di vincere nuovamente il bronzo nel 2016 a Rio de Janeiro. 

Il legame – e anche qui ritroviamo un’altra parola usata più volte dal tecnico di Consett – creatosi tra lui e il suo team aveva un che di viscerale. Queste le parole con cui Herdman stesso racconta di come ha detto alla Sinclair della sua scelta nel dicembre 2017: 

“Ho dovuto chiamarla e lei è nel mezzo di una sessione di allenamento. La trovo a bordo campo e le dico: ‘Guarda, questo verrà rilasciato tra 30 minuti’. Questa è una donna con cui sei andato in guerra e per cui sei andato in guerra. Questa è una donna… hai parlato al funerale di suo padre. Ed è così che finisci una relazione? E tu sai che lei non sta sentendo nulla, non una parola. Quando le dici le ragioni per cui lo fai, lei non sente nulla di tutto ciò. È stata dura”.

Eccola la tempesta che cambiò il futuro di Herdman, e forse anche quello del movimento calcistico canadese. 

Una scelta ponderata

Prima di parlare di quanto fatto in questi tre anni come commissario tecnico del Canada però, è importante guardare al motivo per cui Herdman scelse di lasciare la nazionale femminile che tanto gli aveva dato per approdare a quella maschile. 

Leggi anche: Perché i ventenni sono i campioni di oggi e non di domani

Le proteste, sopratutto da parte degli addetti ai lavori, furono molteplici, e lui stesso raccontò di come la gestione della situazione non fu ottimale da parte sua. 

La scelta, però, aveva una motivazione sostanzialmente organizzativa: il movimento del calcio femminile in Canada era arrivato all’apice con il “back-to-back” del bronzo olimpico e con la partecipazione ai mondiali casalinghi. Per portare tutto il concetto di calcio canadese al livello successivo, bisognava strappare la nazionale maschile alla mediocrità in cui navigava portandola ai mondiali del 2022. 

Leggi anche: L’impressionante numero di lavoratori morti nei cantieri di Qatar 2022

In questo modo tutto il movimento ne avrebbe giovato, facendo si che investire nel calcio in Canada non sarebbe più stato un tabù insuperabile. 

John Herdman e le montagne

L’ennesima storia è utile per capire il tipo di approccio che Herdman volle applicare nel momento della sua nomina a commissario tecnico del Canada maschile.

Siamo a febbraio 2018, a poco più di un mese dalla sua nomina ufficiale (8 gennaio ’18) e le sue parole in conferenza stampa suonarono più o meno così: 

“Ci qualificheremo per Qatar 2022, per poi presentarci pronti ai mondiali 2026 che ospiteremo insieme al Messico.”

Una dichiarazione di intenti andata a braccetto con quello che accadde il 9 settembre successivo: dopo la vittoria all’esordio nel marzo 2018 contro la Nuova Zelanda (corsi e ricorsi di incredibile connettività tra Herdman e il suo passato), il Canada affrontava le Isole Vergini Americane nel girone di qualificazione alla Nations League della CONCACAF. 

Dopo nove mesi di lavoro con i propri giocatori, l’obbiettivo posto a Davies e compagni fu quello di superare il record di gol segnati in una sola partita, giusto per indirizzare la mentalità di una squadra in costruzione. 

Il capitano di allora, Scott Arfield centrocampista dei Glasgow Rangers, espresse le proprie perplessità parlando di una squadra che voleva semplicemente giocare. 

Leggi anche: La stagione inaspettata e straordinaria dei Rangers

La risposta che Herdman scelse di dargli fu questa:

“Qui c’è da scegliere se fare le cose o non farle. Tutti provano, in pochi riescono. La mia idea è di scalare le montagne, non passeggiare sulle colline. Quindi se vuoi prenderti la responsabilità di aiutare il gruppo a farlo, bene, altrimenti lascia la fascia e troverò qualcuno in grado di farlo.”

La partita finì 8-0 per il Canada, facendo registrare il record di gol e la rete inviolata per una squadra che da quel momento ha inanellato una striscia composta da 12 vittorie e 4 sconfitte, per una media punti di 2,25 a partita. 

Herdman mindset

“We can change the narrative of this country.”

Lasciata rigorosamente in inglese, la frase più iconica pronunciata da questo allenatore sui generis che si sente legato intimamente al Canada, apre l’ultima considerazione che ci porterà alle qualificazioni mondiali che il Canada ha in programma a marzo e giugno. 

“Il back to back olimpico ha creato nelle mie giocatrici un’idea, la consapevolezza di essere in grado di cambiare quello che il paese è stato fino a quel momento. Questo è quello che so che possiamo fare anche con la nazionale maschile. Qui abbiamo una nuova generazione di calciatori che, con Alphonso Davies come simbolo principale di come si possa raggiungere l’impossibile, potrà cambiare la storia di questo sport per il Canada.”

John Herdman è ambizioso, scrupoloso, preciso, studioso e tecnicamente preparato, ma sopratutto non parla quasi mai a sproposito. Ha visto in Alphonso Davies il simbolo della rinascita sportiva del paese che allena e ha convertito tutti i propri giocatori a quel progetto di cambiamento. 

Nel corso dell’intervista concessa al TheAthletic poi, cita non solo Johnatan David come prospetto di qualità immensa nella propria nazionale, ma anche giocatori convinti dal suo mindset a scegliere il Canada per cambiare la storia del proprio paese. 

Rinaldo Pereira, Stephen Eustaquio, Cristian Guiterrez e Marcelo Flores hanno tutti scelto il Canada rispetto a Portogallo, Cile e Messico perché nei progetti del tecnico c’era il cambiamento della “narrativa sportiva di questo paese”.

Non resta quindi che prepararsi a guardare le qualificazioni mondiali previste contro Bermuda, Isole Cayman, Aruba e Suriname tra marzo e giugno 2021, per vedere se il progetto di John Herdman sarà effettivamente realizzabile.

Nel frattempo, il tecnico venuto da Consett ha battuto gli Stati Uniti per la prima volta dopo 34 anni. Era il 16 ottobre 2019 e grazie ad un gol di Alphonso Davies e a uno di Cavallini il Canada si imponeva per 2-0 contro gli USA. Chapeau. 

Fonte immagine: profilo Ig @CanadaSoccer

Seguici sul nostro sito, resta aggiornato CLICCA QUI e contattaci sui nostri social: Instagram, Facebook, Twitter e Flipboard!

Leave a Reply