Nel dicembre del 2003 il Cienciano di Cusco scrisse il suo nome nella leggenda, vincendo l’unico trofeo internazionale nella storia del Perù
Quando si parla di calcio peruviano ci si riferisce principalmente a Lima, la metropoli che fa da capitale al paese, e alle tre grandi squadra locali: Alianza, Universitario e Sporting Cristal. Eppure, nonostante questi club abbiano scritto pagine importanti, monopolizzando di fatto il campionato in patria, nessuna è mai riuscita a vincere in campo internazionale. Mai, nemmeno andandoci vicino.
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Questo traguardo storico spetta invece al Cienciano, società con sede nella meravigliosa Cusco, capace nel 2003 di alzare – in maniera impronosticabile – la Copa Sudamericana. La matricola peruviana festeggiò un titolo anche solo impossibile da pensare, battendo nella doppia finale il River Plate di Manuel Pellegrini. Una doppia partita tiratissima, nella quale – al ritorno – il Cienciano fece valere il fattore altura chiedendo di giocare ad Arequipa, visto che Cusco era vietata.
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Sudamericana 2003: la sorpresa Cienciano
Inaspettata, si diceva, la vittoria di un Cienciano che, alla vigilia dell’andata, nell’aereo che portava a Buenos Aires probabilmente stava già considerando se piazzare o meno il pallottoliere sul prato del Monumental. Invece, nella tana del River Plate, gli andini quasi vinsero, andando avanti due volte ed entrambe con il terzino sinistro, tal Giuliano Portilla.
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“Segnare due gol in casa del River fu un’emozione unica” ricorda oggi Portilla, ritiratosi all’età di 36 anni e sparito dai radar calcistici. Il match finì 3-3, grazie a uno spunto nel finale del buon Marcelo Salas, mandato in campo da Pellegrini nella ripresa al posto di uno spento Daniel Montenegro, per affiancare Maxi Lopez.
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Il River Plate non prese bene questo stop, tanto che – pare – la squadra avesse giurato vendetta nell’immediato post partita di Buenos Aires. Al ritorno gli argentini decidono di sbarcare ad Arequipa poche ore prima del match, con la convinzione di poter aggirare il problema dell’aria rarefatta. E invece no: dopo quasi 80 minuti di noia e nonostante due uomini in meno, il centrale paraguayano Daniel Lugo pesca il jolly della vittoria per il Cienciano.
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Una festa storica
Il Perù si raccolse ai piedi del Cienciano. Mai, nella storia, una squadra locale aveva inciso il proprio nome su una coppa internazionale. Il paradosso, infatti, è che i migliori calciatori peruviani di sempre (Cubillas, Oblitas, Villanueva, Chumpitaz) vennero per una sera messi da parte. C’erano occhi solo per la festa del Cienciano, la cui parabola di recente è scesa fino alla retrocessione di una manciata di anni fa e il ritorno in prima divisione nella scorsa stagione.
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L’allenatore di quel miracolo, Freddy Ternero, purtroppo oggi non può raccontare le emozioni di quel giorno. Se n’è andato nel 2015 a causa di un brutto cancro al rene, a poco tempo dalla sua elezione come sindaco del distretto di San Martin de Porres, nel cuore di Lima. La politica era la sua seconda grande passione dopo il calcio: abbandonato quest’ultimo, aveva deciso di candidarsi per aiutare i più bisognosi, che nella capitale peruviana abbondano.
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Lo fece sfruttando la sua grande dialettica e l’abilità a lavorare per la gente. I suoi ex calciatori, quella notte, lo portarono in trionfo sottolineando così anche le grandi doti umane di Ternero, l’uomo che ha marchiato a fuoco il proprio nome nella storia del Cienciano. “È assai significativo per il Perú che il trionfo l’abbia ottenuto una squadra di provincia” disse il cancelliere della Repubblica Manuel Rodriguez. Significativo, sì, ma soprattutto indimenticabile.
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