Poco dopo la scomparsa di Maradona, il calcio argentino ha pianto Alejandro Sabella. Ex ct dell’Albiceleste, viene ricordato solo per la finale mondiale persa nel 2014, nonostante una carriera di successi
Martedì 8 dicembre 2020, a poche settimane dalla scomparsa di Diego Armando Maradona, l’Argentina ha perso Alejandro Sabella. Pachorra, l’ultimo grande commissario tecnico ad aver fatto annusare una vittoria all’Albiceleste, se n’è andato a causa di alcune complicazioni cardiologiche in una stanza dell’ICBA, dove era ricoverato da tempo.
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Il calcio argentino perde uno dei suoi massimi esponenti. Pacato, garbato, intelligente, Pachorra ha lasciato un vuoto incolmabile nel cuore di tutti gli aficionados e gli sportivi del mondo. Quella notte del 2014, in Brasile, la sua Argentina cadde solo nei supplementari di una finale di Mondiale tanto noiosa quanto tirata.
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Segnò Gotze, vinse la Germania: “Credo di essere arrivato alla fine: non penso di poter più dare il 100%” raccontò in un’intervista di qualche mese dopo. E, infatti, Sabella in panchina non ci tornò più, interrompendo a 60 anni la propria carriera. Eppure, nonostante non abbia vinto quanto altri suoi colleghi, per il popolo argentino è, e sempre sarà , un’istituzione.
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Alejandro Sabella, il precursore
Nell’immaginario collettivo Alejandro Sabella è quindi l’allenatore di quell’Argentina sfortunata. In effetti lo è, ma non solo: infatti, Pachorra fu il primo calciatore argentino a militare nell’allora prima divisione inglese. Successe alla fine degli anni Settanta, quando lo Sheffield United decise di investire su di lui i soldi avanzati dalla trattativa Maradona.
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Infatti, era Diego a dover sbarcare nello Yorkshire, ma la giovane età del Pibe de Oro fece saltare l’affare. Lo Sheffield acquistò Sabella dopo avergli visto fare cose strepitose con il River Plate: “I primi allenamenti – racconta un suo ex compagno, Mike Speight, a Four Four Two – eravamo impressionati. Nessuno di noi sapeva fare quello che per lui era normalità ”.
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In tre anni Sabella non giocherà tantissimo, ma quando è in campo la gente si muove in massa per vederlo dal vivo. Due anni allo Sheffield bastano per farlo diventare un idolo dei tifosi delle Blades. Poi, prima di tornare in Argentina, c’è spazio anche per una stagione del Leeds United, squadra che in quegli anni rappresentava fascino e mistica. Nel 1981, infine, arriva la chiamata dell’Estudiantes a cambiargli la vita.
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La clamorosa Libertadores 2009
L’Estudiantes sarà il grande amore di Alejandro Sabella. Più di cento presenze da calciatore permettono a Pachorra di diventare un riferimento nel mondo pincharrata, ma è anni dopo che la fusione tra il tecnico e l’ambiente si completerà definitivamente. Nel 2009, infatti, sotto la guida di Sabella l’Estudiantes vince la sua quarta Copa Libertadores.
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Un successo non nuovo, ma sicuramente inaspettato vista la concorrenza del tempo. Il Pincha gioca un calcio efficace ed esteticamente godibile, toccando il suo picco massimo proprio nella seconda fase della manifestazione. La squadra è una macchina perfetta. Dietro dominano Mariano Andujar e Rolando Schiavi, in mezzo Enzo Perez e il Chapu Rodrigo Braña. E davanti, c’è un trio offensivo da stropicciarsi gli occhi, con la Gata Fernandez e Boselli a buttare dentro la grossa mole di occasioni prodotte.
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La stella è Juan Sebastian Veron, rientrato per l’ultima avventura in patria prima di ritirarsi. La doppia finale, vinta contro il Cruzeiro, consacra l’Estudiantes nell’Olimpo del calcio sudamericano. Di Sabella ci si ricorderà spesso per quel maledetto 2014, ma sul campo il Pachorra può vantare diverse vittorie. “Forse è giusto che la mia carriera sia finita così” rivelò qualche mese fa. D’altronde, l’immortalità non si misura con le vittorie.
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