Il Bologna si deve interrogare su un salto di qualità costantemente rinviato: con questo margine di crescita lottare per l’Europa rischia di restare un miraggio.
Cosa riserverà il futuro al Bologna di Joey Saputo? I tifosi rossoblù tornano a chiederselo all’indomani della netta sconfitta per 3-1 incassata in casa dell’Inter, la sesta su dieci giornate di campionato. E ripensano al 2014, all’arrivo del magnate canadese che aveva annunciato un piano decennale che avrebbe dovuto concludersi con l’atteso ritorno dei felsinei tra le grandi della Serie A.
Il rammarico non è ovviamente legato al risultato: cadere contro l’Inter, che nonostante le difficoltà di questo inizio di stagione resta tra le candidate per lo Scudetto, oggi doveva essere messo in conto e non può sorprendere. La sensazione, semmai, è che il percorso indicato da Saputo non stia rispettando gli step intermedi fissati: a metà di un cammino che si sarebbe dovuto completare nel 2025 il Bologna sembra indietro, incapace di compiere il salto di qualità tanto atteso.
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Il progetto di Saputo per il Bologna: a che punto siamo?
Appena tornato in Serie A il numero uno del club rossoblù non si era nascosto, annunciando l’intenzione di investire nel club per portarlo entro dieci anni a lottare per un piazzamento in Europa e addirittura lo Scudetto: parole importanti, che avevano suscitato un entusiasmo forse eccessivo ma comprensibile in una piazza da troppo tempo a digiuno di grande calcio.
Il primo step, come dichiarato dallo stesso Saputo al Resto del Carlino, era centrare una salvezza tranquilla: obiettivo raggiunto più o meno agilmente da Roberto Donadoni, rivelatosi però incapace di portare la squadra al gradino successivo e sostituito dopo altre due stagioni vissute nel quasi più completo anonimato.
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Affidarsi a Filippo Inzaghi nella stagione 2018/2019 è stato un errore: l’ex super Pippo si è recentemente rivelato un tecnico preparato, trascinando il Benevento in Serie A a suon di record e poi cominciando l’attuale torneo nel migliore dei modi sempre alla guida dei sanniti. A Bologna però qualcosa non ha funzionato a dovere, tanto che circa due anni fa in città si parlava più del rischio concreto di retrocedere che non del famoso piano indicato da Saputo.
Di quest’ultimo si è tornati a parlare alla fine della stagione, con la brillante salvezza ottenuta dal subentrato Sinisa Mihajlovic che finalmente sembrava l’uomo giusto al momento giusto e aveva restituito entusiasmo alla tifoseria. Un legame con la città che si è rinforzato con i problemi di salute che hanno afflitto il tecnico serbo e che hanno in parte giustificato il 12° posto finale nello scorso torneo, il tanto atteso salto di qualità ancora una volta rinviato.
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Bologna a metà del cammino: crescita rimandata
Oggi però risulta impossibile pensare al Bologna e non temere che il progetto di Joey Saputo rischi di restare incompiuto: a metà del percorso – sono passati cinque anni – i rossoblù si presentano ancora come un vero e proprio cantiere aperto, una squadra che senza dubbio può centrare una salvezza tranquilla ma che forse al momento non può fare di più.
A dirlo è il campo: 4 successi contro 6 sconfitte, ben 17 reti incassate e la costante sensazione di non essere all’altezza di chi al momento occupa le posizioni di medio-alta classifica. Il Bologna ha affrontato l’Inter nell’ultimo turno come ha affrontato fino a oggi tutte le squadre di caratura superiore, consegnandosi all’inerzia della gara quasi con rassegnazione e senza mai mostrare quelle caratteristiche di aggressività e sfrontatezza che si erano viste immediatamente dopo l’arrivo in panchina di Mihajlovic.
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Il sospetto è che a scemare sia stato soprattutto l’entusiasmo: quello di una proprietà che dopo avere investito non poco nelle passate stagioni a settembre ha limitato gli sforzi economici al minimo indispensabile; quello di un Mihajlovic che sembra quasi frustrato da una squadra che continua a vivere di alti e bassi; quello di un pubblico che pare essersi rassegnato all’ennesimo torneo anonimo, con obiettivo massimo il raggiungimento della parte sinistra della classifica.
Alla ricerca dell’entusiasmo perduto
La rosa del resto è quella che è: l’1-0 rifilato al Crotone ultimo appena una settimana fa aveva segnato la fine di un’incredibile striscia di ben 41 gare in cui i felsinei avevano incassato almeno un gol, handicap di non poco conto per una squadra che deve crescere e che invece spesso si è trovata a rincorrere il risultato. Obiettivo non semplice anche perché da quando è tornato in Serie A il Bologna manca di un bomber vero: Destro ha fallito, Santander sembra inadeguato, Barrow ancora acerbo – e comunque certo non un centravanti classico – e Palacio eccessivamente stagionato.
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Il mix tra giovani rampanti e giocatori di esperienza creato nelle ultime stagioni dal DS Bigon sembra poco azzeccato: i tanti talenti in rosa stanno crescendo ma si concedono ancora troppe pause, e l’inesperienza può portarli a sentire più di altri la mancanza di entusiasmo dell’ambiente. D’altra parte le stelle più esperte sembrano ormai a fine corsa o quasi, e la sensazione è che oltre la metà classifica sia davvero difficile andare oggi come oggi.
Se la proprietà non ritroverà l’entusiasmo apparentemente perduto, restituendolo a cascata a tutto l’ambiente con investimenti importanti e una presenza più costante, il rischio è che la mediocrità diventi la regola a Bologna. E che l’atteso ritorno tra le grandi di una squadra che ha scritto la storia del nostro calcio continui a essere rimandato fino a restare incompiuto.
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