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Dopo un inizio di stagione in chiaroscuro, il Siviglia sta tornando ai suoi soliti standard. Idee, competenze e progettualità: così gli andalusi studiano per confermarsi tra le big d’Europa

Dicono che non si arrende mai“. Così comincia l’inno ufficiale del Siviglia, riprendendo un grido di battaglia del sempre fiero popolo andaluso. Che, nella serata di martedì, ha potuto festeggiare con due turni di anticipo il passaggio agli ottavi di finale di Champions League della squadra allenata da Lopetegui. A ufficializzare la qualificazione è stata una zampata estemporanea di Munir nei minuti di recupero.

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La contestuale vittoria del Chelsea ha fatto il resto, regalando alla metà rojiblanca della città una seconda fase sudata, meritata e propedeutica per quello che sarà il cammino della squadra da qui a Natale. Già, perché tra una cosa e l’altra il Siviglia gioca ininterrottamente dall’agosto del 2019 e, in questo primo scorcio di stagione, in Liga ha evidenziato alcuni problemi fisici da non sottovalutare.

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Siviglia, come si diventa una grande

Tutto nella norma comunque, giustificato soprattutto dall’ennesimo successo in Europa League. La finale vinta contro l’Inter ha proiettato il Siviglia, questa volta definitivamente, a sedersi al tavolo con le grandi d’Europa. Squadra solida, organizzata ma anche con qualità e talento diffuso un po’ ovunque in giro per il campo, la compagine allenata da Lopetegui – nelle serate buone – è capace di mettere sotto chiunque.

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Contro il Krasnodar è arrivata una prestazione da grande, paradossalmente proprio nella serata in cui il gioco per alcuni tratti ha latitato. Il Siviglia è andato in vantaggio con un bel gol di Rakitic ma ha saputo soffrire e assorbire la forza d’urto portata dalla reazione dei russi, trovando lucidità per colpire definitivamente nel finale. Una prova che riporta un po’ tranquillità, arrivata a pochi giorni dal successo sul Celta.

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Big recuperati e fattore panchina

Fondamentale è stato recuperare alcuni uomini che, per questioni fisiche, stavano passando un momento un po’ delicato. Per esempio, Jules Koundé arrivava da una stagione dominante – lo aveva addirittura cercato Guardiola per il suo Manchester City – ma è incappato in qualche prova incolore; idem Fernando, metronomo e cervello del Siviglia, tornato ai massimi livelli dopo un inizio poco incoraggiante.

Jules Koundé è diventato dominante

Ma il Siviglia è in evoluzione continua. Come dimostra la trasferta di Krasnodar, Lopetegui è maturato molto diventando un fattore aggiunto per la squadra che allena. Sicuramente, aver fallito a Madrid lo ha aiutato a non commettere più certi errori dovuti all’ambizione frettolosa di allenare una big. Perché sulle sponde di Nervion, l’ex ct della Spagna ha potuto sperimentare e smussare alcuni spigoli tattici del suo metodo, diventando molto bravo a cambiare spartito anche a gara in corso.

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La scorsa sessione di mercato gli ha portato via una delle sue più belle creazioni, Sergio Reguilon, ma lui non ha fatto una piega. Si è affidato a Monchi, col quale si coordina quotidianamente, e ha scelto di conseguenza: “Non mi aspettavo la qualificazione già stasera – ha commentato dopo il fischio finale del match giocato in Russia – abbiamo sofferto troppo ma dobbiamo capire che per vincere a livello internazionale serve cambiare totalmente mentalità”.

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Un progetto ambizioso

Il Siviglia è sicuramente uno dei progetti sportivi più interessanti e ambiziosi d’Europa. La capacità, tramite conoscenze e competenze, di mettere sistematicamente le mani su progetti di calciatori dagli orizzonti straordinari ha pochi eguali. Se Lopetegui è il braccio, Ramon Monchi è la mente che lavora dietro alle quinte del progetto andaluso.

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Al club dal 2000, quando le cose non andavano affatto bene, Monchi ha rimodulato la dirigenza e costruito da zero un’area scout che oggi è tra le più invidiate di tutto il continente. E non è un caso che, quando ha provato l’avventura alla Roma, il Siviglia per due anni abbia vissuto delle intuizioni del suo ex dirigente. Poi, quando è tornato a casa sua, ha ripreso a essere il Re Mida che tutti conosciamo.

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Prima di sbarcare in Italia, i 15 migliori acquisti di Monchi avevano portato nelle casse dei rojiblancos circa 275 milioni di euro, ma anche nelle breve parentesi giallorossa Monchi non si è fatto mancare nulla. Secondo Calcio e Finanza, infatti, nella stagione e mezzo di sosta a Roma (senza considerare quindi i due mesi a fine stagione 2016/17), le operazioni di mercato hanno portato un beneficio nelle casse della Roma per 112,2 milioni di euro. Un vero e proprio successo, da qualunque parte la si guardi.

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