L’ex regista Giannini è stata l’ultima bandiera della Roma prima dell’avvento di Francesco Totti, nonché il suo assoluto punto di riferimento prima come idolo d’infanzia e poi come compagno di squadra
Quando un bambino comincia a tirare i calci ad un pallone, prende subito un campione come modello di riferimento. Un giocatore a cui s’ispira, di cui si gode le gesta e di cui sogna la gloria. Per Francesco Totti, assoluta bandiera della Roma nell’ultimo quarto di secolo, questa figura corrisponde a Giuseppe Giannini. Un altro romano romanista che, tra gli anni ’80 e i primi anni ’90, ha guidato splendidamente il centrocampo giallorosso.
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Giannini, simbolo della Roma negli anni ‘80
Giannini comincia la sua carriera nell’Alma Roma – club del quartiere capitolino Appio Tuscolano –, per poi passare alla Roma nell’estate del 1980. Inizialmente viene aggregato alla squadra Primavera, ma gioca talmente bene che già nella stagione 1981/82 colleziona la sua prima presenza con i grandi nella sfida contro il Cesena. Nelle due stagioni successive si divide tra prima squadra e Primavera, conquistando successi con entrambe le compagini. Con i grandi arriva il tanto agognato scudetto nella stagione 1982/83 e una Coppa Italia l’anno successivo, mentre con la Primavera vince campionato e Torneo di Viareggio.
A partire dal 1984, diventa un punto cardine della compagine romanista. Con la sua classe e la sua visione di gioco guida il centrocampo, risultando decisivo sia con i suoi assist illuminanti per le punte che in fase realizzativa. Sono anni di grandi soddisfazioni per Giannini, che contribuisce alla conquista di due edizioni della Coppa Italia e ottiene i gradi di capitano a partire dalla stagione 1987/88. Inoltre, è uno dei fari della Nazionale di Azeglio Vicini che, nel Mondiale casalingo del 1990, conquista il terzo posto.
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L’arrivo di Totti, scoperto dal padre di Giannini
Se negli anni ’80 Giannini è stato un assoluto perno della Roma, all’inizio degli anni ’90 la sua figura pare sempre meno intoccabile. Si comincia a pensare al futuro e, nel vivaio, si sta mettendo in mostra un ragazzino dalla classe cristallina. Un giocatore scoperto dal padre di Giannini Gildo, che per 15 anni ha guidato il vivaio giallorosso: Francesco Totti. Un figlio di Roma che mostra di avere qualcosa in più dei suoi coetanei, sognando la Roma dei grandi che per il momento ammira dalla Curva Sud tutte le domeniche.
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Giannini elegge Totti a suo pupillo e, quando entra a far parte della prima squadra, lo prende sotto la sua ala protettiva. Nell’attesa del suo erede, vuole regalare ai tifosi della Roma un ultimo successo. L’occasione è la finale di Coppa Italia contro il Torino, nella stagione 1992/93. All’andata i granata vincono 3-0, ma al ritorno Giannini sfodera una delle migliori prestazioni della carriera segnando una tripletta. Un exploit che non basta perché la squadra di Emiliano Mondonico, pur perdendo per 5-2, prevale nel doppio confronto per i 2 gol segnati in trasferta e si aggiudica il trofeo.
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La fine travagliata con la Roma: tutta colpa di un errore in un derby
Quella stratosferica partita contro il Torino può essere considerata il canto del cigno nella storia d’amore tra Giannini e la Roma. Il Principe gioca per altre tre stagioni in giallorosso, ma i rapporti con il nuovo presidente Franco Sensi sono ai minimi termini. Il punto di rottura si concretizza il 6 marzo 1994, quando Giannini sbaglia un rigore decisivo in un derby di campionato vinto per 1-0 dalla Lazio grazie ad un gol di Signori. Un errore che fa infuriare i tifosi giallorossi e lo stesso Sensi, che critica pubblicamente Giannini.
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Sono quindi maturi i tempi per la separazione tra Giannini e la Roma, che si materializza nell’estate del 1996. Il nuovo tecnico Carlos Bianchi non ritiene indispensabile il Principe, che viene liquidato senza troppe difficoltà. L’ormai ex regista giallorosso chiude la carriera tra Sturm Graz, Napoli e Lecce, per poi dare l’addio al calcio nel suo amato Olimpico il 17 maggio 2000.
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Una serata amara, perché i tifosi romanisti contestano la società all’indomani dello scudetto laziale piuttosto che acclamare la loro ex bandiera. “Non doveva finire così”, come dice Giannini commosso al microfono al termine del match. Un epilogo indegno, per un giocatore che chiude la carriera come uno dei più presenti nella storia della Roma (attualmente è al quarto posto a quota 437 dietro a Totti, De Rossi e Losi).