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Dopo la fine della celebre serie Netflix, il Sunderland è andato incontro a vari problemi, in particolare tra il proprietario Stewart Donald e i tifosi

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Sunderland ‘til I die è generalmente considerata la serie che ha cambiato il modo di raccontare il calcio. Per quei pochi che ancora non la conoscono, è un prodotto Netflix che segue due stagioni (rivelatesi poi romanticamente catastrofiche) del Sunderland, piccola ma orgogliosa squadra squadra inglese che ngli ultimi anni ha vissuto una dura crisi.

Uno degli eroi della seconda stagione, uscita lo scorso aprile, è Stewart Donald, il nuovo proprietario che arriva a salvare la squadra e instaura subito un ottimo rapporto coi tifosi e la città. Almeno, così racconta la serie: nel mondo reale, Donald ha appena concluso gli accordi per la cessione del club, dopo una serie di scontri con i supporters del Sunderland.

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La realtà oltre lo storytelling

Raccontare una storia significa più o meno sempre tradire la realtà dei fatti, e Sunderland ‘til I die non è da meno. Già anche dopo la sua prima sensazionale stagione, pubblicata da Netflix a dicembre 2018, qualcuno aveva protestato per il modo in cui era stato dipinto, come ad esempio l’allenatore Simon Grayson o l’attaccante Lewis Grabban.

La realtà è sempre più complessa dello storytelling, e lo stesso vale per Stewart Donald. L’idillio tra l’imprenditore londinese e la gente del North-East sembra non essere durato oltre quella prima annata raccontata nella stagione 2 della serie: il Sunderland mancò, in quell’occasione, la promozione in Championship ai playoff, e da lì l’interesse del nuovo proprietario nelle sorti del club colò a picco.

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Già a settembre 2018, però, il rapporto tra società e tifosi aveva vissuto un momento complicato, quando il direttore esecutivo del Sunderland Charlie Methven (socio di Donald e altro protagonista dello show) aveva accusato i tifosi di preferire vedersi le partite a casa in streaming illegale piuttosto che allo Stadium of Light.

A dicembre 2019, cioè dopo appena diciannove mesi dall’acquisizione, Donald aveva già chiuso i rubinetti, lasciando il Sunderland a galleggiare nei bassifondi della League One. Una campagna social dei tifosi aveva chiesto a gran voce che il presidente si facesse da parte, e Donald aveva colto la palla al balzo per annunciare ufficialmente la messa in vendita del club.

Lo scontro con i tifosi

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La scorsa stagione non è andata benissimo, con il Sunderland che ha chiuso appena in ottava posizione, mancando anche i playoff per la promozione. A luglio, Stewart Donald aveva dovuto organizzare un faccia a faccia con i tifosi, nel quale aveva confermato la sua volontà di vendere ma aveva incolpato gli ultras del Red And White Army per aver allontanato potenziali acquirenti con il loro comportamento aggressivo sui social.

Dichiarazioni che hanno addirittura peggiorato un rapporto già compromesso, in cui è intervenuto anche l’ex-attaccante dei Black Cats Stephen Elliott: “Non riesco a credere che i fan vengano ‘usati’ come motivo dei fallimenti nella cessione del club. Se fossi un potenziale acquirente, sarei molto attirato dalla passione e dall’amore di questa tifoseria”.

I supporters del Sunderland, per contro, accusarono Donald di essere il vero responsabile della stagnazione delle trattative, puntando il dito contro il prezzo richiesto per la società (37,6 milioni di sterline), giudicato assolutamente fuori mercato per un club di terza categoria e in situazione di piena pandemia. Un tifoso, intervistato dal Sunderland Echo, aggiunse che secondo lui Donald aveva fatto apposta a provocare i fan per poter avere la scusa per vendere.

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Giovedì scorso ci sarebbe dovuto essere un altro incontro coi fan, a un anno dall’inizio delle trattative per la cessione, ma è stato rinviato, e il giorno seguente i media hanno annunciato il passaggio della maggioranza delle quote del Sunderland a una cordata guidata da Kyril Louis-Dreyfus, il 22enne erede dell’ex-proprietario del Marsiglia e a capo della holding Louis-Dreyfus Group.

Un’altra figura chiave della cordata – che finora non ha rilasciato dichiarazioni – è Juan Sartori, imprenditore e politico uruguayano già azionista del Sunderland (anche lui un volto noto a chi ha visto la serie Netflix). Ma se i fan dei Black Cats pensano di essersi liberati di Stewart Donald, devono ricredersi: l’ex-proprietario manterrà infatti un 15% delle azioni societarie, mentre un altro 5% resterà in mano al suo socio fidato Charlie Methven, fornendo loro una consistente quota di minoranza nel club.

Al momento, il Sunderland si trova in una buona situazione in classifica, sesto dopo dieci partite, a quattro punti dalla capolista Peterborough, che però ha dispuntato un match in più. Non è troppo tardi per la resurrezione.

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