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I calciatori italo-tedeschi sono finora stati sostanzialmente ignorati dai club professionistici del nostro paese, nonostante le loro prestazioni in Bundesliga o, come nel caso di Grifo, addirittura in Nazionale.

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Vincenzo Grifo è stato il grande protagonista di Italia – Estonia, realizzando i suoi primi due gol in azzurro: la sua è una piccola storia che fa parte di quella più grande degli italiani di Germania, figli o nipoti degli emigranti che dagli anni Sessanta hanno lasciato il nostro paese per trasferirsi a lavorare nelle ricche regioni industriali del Nord.

Alcuni di questi italo-tedeschi sono diventati calciatori, ma Grifo è il primo che riesce ad trovare spazio in Nazionale. Ancora meno però sono quelli che sono riusciti a conquistarsi un posto in Serie A: il calcio italiano, da sempre molto attento a cercare sudamericani con qualche avo originario del nostro paese, ha sempre sostanzialmente ignorato gli italiani di Germania.

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Gli italo-tedeschi mancati dalla Serie A

Grifo è solo il caso di cui al momento si parla di più: nato a Pforzheim, nella regione industriale del Baden-Wurttemberg, da genitori originari della Sicilia e della Puglia, è cresciuto in Germania giocando soprattutto con Hoffenheim e Friburgo. Il suo nome è rimasto praticamente sconosciuto al calcio italiano fino al 2018, quando Mancini lo ha convocato per la prima volta in Nazionale. Da allora è stato occasionalmente accostato a Inter, Fiorentina e Lazio, ma nessuna trattativa si è mai concretizzata.

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La Serie A finora ha generalmente snobbato gli italo-tedeschi, a differenza di quanto successo con altri figli di emigranti: noti calciatori di nazionalità belga come Vincenzo Scifo, Walter Baseggio e Silvio Proto hanno tutti avuto la loro occasione nel nostro paese.

Su Wikipedia si trova una corposa lista di calciatori italo-tedeschi abbastanza noti in Germania, che però sono rimasti sconosciuti alla Serie A. Si parte addirittura dagli anni Ottanta con Sergio Allievi, attaccante del Kaiserslautern, e si arriva ai giorni nostri passando per nomi abbastanza importanti come Bruno Labbadia, punta del Bayern dei primi anni Novanta, e Giuseppe Reina, vincitore della Coppa UEFA con il Borussia Dortmund nel 2002.

La Serie A si è persa anche un ottimo attaccante come Oliver Neuville, finalista della Champions League del 2002 con il Leverkusen e figlio di madre calabrese, così come il terzino sinistro ex-Bayern e Bordeaux Diego Contento. Oggi, oltre a Grifo, un altro celebre italiano di Germania è l’ala dell’Augsburg Daniel Caligiuri, anche lui nativo del Baden-Wurttemberg e con un passato in Friburgo, Wolfsburg e Schalke 04.

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Italiano, Demme e altre eccezioni

I casi di calciatori italo-tedeschi che sono arrivati nel nostro campionato sono rari, e spesso si tratta di ragazzi nati in Germania ma poi cresciuti in Italia, come l’attuale allenatore dello Spezia Vincenzo Italiano, originario di Karlsruhe, nel Baden-Wurttemberg, ma in Sicilia dall’età di sei mesi.

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Poche le eccezioni, e si tratta quasi sempre di ragazzi tornati a giocare in Italia da giovani, spesso senza aver mai esordito tra i professionisti in Germania: Giuseppe Gemiti, Nicola Sansone, Roberto Soriano. Gianluca Gaudino, 23 anni, nei ragazzi del Bayer aveva impressionato Guardiola, così nel 2017 il Chievo lo portò in Italia ma praticamente non lo schierò mai; oggi è allo Young Boys e gioca nelle coppe europee.

Più significativo il caso di Diego Demme, nato nel Nordreno-Vestfalia (l’altro grande cuore economico tedesco, dove si trova il Bacino della Ruhr) da padre calabrese e madre tedesca, affermatosi nel RB Lipsia e dallo scorso gennaio al Napoli. Si è ritagliato un suo ruolo nei Partenopei, ma ormai non è più eleggibile per la Nazionale, avendo accettato la chiamata della Germania già nel giugno 2017.

Il caso di Demme, unito al successo che sta ottenendo Grifo in azzurro, potrebbero segnare finalmente un’inversione di tendenza nella considerazione rivolta dai club di Serie A ai calciatori italo-tedeschi. E magari estendersi anche agli allenatori, dando una chance nel nostro campionato a Domenico Tedesco, il 35enne tecnico dello Spartak Mosca considerato tra i più promettenti allenatori in circolazione: proprio quello che servirebbe per svecchiare certe concezioni tattiche radicate nel nostro calcio.

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