La Copa Libertadores 2011 ha rappresentato il trampolino di lancio definitivo per Neymar. Che, da quella sera al Pacaembu, ha cominciato la scalata nell’èlite del calcio mondiale.
Vincere a 19 anni, decidendo un finale di Copa Libertadores, non è proprio da tutti. Non ce l’hanno fatta nemmeno i campioni sudamericani più affermati: non ci è riuscito Diego Maradona, che poi alzerà una moltitudine di trofei clamorosa, e nemmeno Pelé, che assaporerà il successo ma solo a 23 anni compiuti. Paragoni impossibili, soprattutto perché da una parte ci sono i due più grandi calciatori di sempre, ma se parliamo di classe e talento, oggi non si può dire che Neymar sia da meno.
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Contestualizzando la figura dell’attaccante brasiliano al momento attuale, infatti, possiamo dire con certezza che, per anni, O’Ney sia stato senza dubbio per lunghi tratti il terzo miglior calciatore del mondo. Davanti a lui sempre due alieni, Messi e Cristiano Ronaldo, e poi lui. Che, già in giovane età, aveva fatto capire di essere un progetto di campione differente. Prima di arrivare in Europa nel 2013, infatti, Neymar aveva razziato il continente sudamericano nel biennio precedente.
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Neymar, il simbolo ritrovato del Santos
Nato nella zona metropolitana di San Paolo, Neymar ha accostato al Santos tutte le proprie fortune di inizio carriera. L’esordio in prima squadra è arrivato giovanissimo e, già dalle prime apparizioni, dalle parti di Vila Belmiro avevano intuito le potenzialità del ragazzo. Le piogge di gol segnate a livello giovanile, e il fatto che giocasse in attacco, avevano portato la critica ad accostarlo inevitabilmente a Pelé.
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Un paragone ingiusto, esagerato ma anche inevitabile. Neymar ha rappresentato per il Brasile il fiore all’occhiello della generazione 1992, quella – per intenderci – dalla quale erano parallelamente sbocciati anche Coutinho, Casemiro e Lucas Moura. E, per il Santos, ritrovarsi in mano un talento di questo cabotaggio significava, dopo anni di anonimato, rispolverare il mito dei Meninos da Vila. Il vivaio del Peixe era tornato a essere glorioso come ai tempi di Diego, Elano e Robinho. E Neymar ne era la stella.
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L’outsider che non ti aspetti
Dopo gli esordi in prima squadra, Neymar diventa titolare inamovibile di un Santos che, al via della Copa Libertadores 2011, si presenta nel ruolo di accreditata outsider. I brasiliani hanno molta concorrenza, interna o meno, ma il loro campioncino arriva da una stagione dove ha già dimostrato di poter essere trascinante. La squadra è forte, allenata da una vecchia volpe della panchina come Muricy Ramalho e con diverse opzioni di livello in campo.
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Dietro c’è tanta esperienza, rappresentata dal trio composto da Edu Dracena, Durval e Léo, con i giovani Danilo e Rafael – che oggi, ironia del caso, giocano entrambi in Italia – a completare il reparto arretrato. In mezzo, a dirigere le operazioni ci pensano Elano e Arouca, con il carneade Adriano a correre e portare la croce alle spalle di Ganso. Davanti gioca invece Zé Eduardo, ribattezzato Zé Love per via delle sue scorribande extra sportive. E infine Neymar, al quale Muricy Ramalho chiede solo di fare la differenza.
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La cavalcata in Copa Libertadores
E O’Ney risponde presente. Già nella fase a gruppi il Santos mette in chiaro le proprie ambizioni: dopo una partenza a rilento, i brasiliani si sbloccano nel girone di ritorno con Neymar che, dopo aver segnato al Colo Colo in trasferta, timbra anche nel 3-2 casalingo contro i cileni. La classifica si mette bene, la squadra si scioglie e, nel 3-1 finale al Deportivo Tachira, il classe 1992 paulista mette di nuovo la sua firma.
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Dagli ottavi in poi, però, le cose si fanno serie. E allora Neymar sale in cattedra: prima decide la doppia sfida con l’America mandando in gol Ganso, poi – contro l’Once Caldas – regala l’assist vincente ad Alan Patrick prima di segnare nel match di ritorno. In semifinale, contro il Cerro Porteño che nella fase a gruppi gli era arrivato davanti, il Santos vince 1-0 all’andata e pareggia 3-3 alla Olla di Asuncion. Il gol decisivo? Ovviamente di Neymar.
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Vittoria e polemiche
L’ultimo atto di Copa Libertadores il Santos lo gioca contro l’altra sorpresa della manifestazione, il Peñarol di Diego Aguirre. Al Centenario finisce 0-0, così la sfida si decide al Pacaembu: lì, in un’anonima serata di metà giugno, Neymar prende per mano la squadra e diventa definitivamente grande, segnando un gol e mandando in rete anche Danilo (che di reti ne segnerà complessivamente quattro), ma soprattutto cominciando a capire che, per lui, da lì in poi la vita non sarebbe stata facile.
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Gli uruguayani infatti cadono nelle sue provocazioni, fatte di finte, dribbling e qualche simulazione. Così, dopo il 2-1 segnato dal Peñarol, si scatena una vera e propria caccia all’uomo. I compagni di Neymar cercano di difenderlo ma in campo ormai sembra una guerra mirata verso una sola persona. Alla fine scoppia una rissa, O’Ney viene protetto dal resto della squadra e le telecamere brasiliane indugiano su di lui. Che sorride, mentre aspetta di sollevare la coppa, percependo di essere entrato nella storia.
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