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Se non avesse subito al 95′ con Caicedo il gol del’1-1, probabilmente la Juve di Pirlo avrebbe oggi un’altra dimensione: Lazio battuta all’Olimpico, terza vittoria in una settimana e pausa “tutti contenti”. Ma non è andata così, e la realtà, per Pirlo, è un’altra. Non c’è ancora la vera sustanza di questa Juve in Serie A, ancora troppo donna petrosa – per continuare il paragone dantesco – e poco avvezza a uscire dalla timidezza. E anzi, rimane asistematica.

Pirlo e il suo staff (13 persone) prima potevano lamentare l’assenza di Ronaldo, ma adesso? L’ennesima delusione con il portoghese in campo? La solidità granitica che prima distingueva la Juve ora è smarrita, nemmeno dimenticata: è proprio assente. Se non fosse per la presenza in rosa di buoni giocatori – va comunque detto, ben messi in campo – la partita dell’Olimpico sarebbe stata da 0-0, perché anche la Lazio non è che abbia giocato questo gran calcio – ma ok, senza Immobile e Leiva.

É veramente preoccupante la condizione tattica e delle idee di questa Juve, per cui non bastano più le corroborazioni di Pirlo sul concetto di “squadra in costruzione”: si è capito che la Juve s’ha da fare, ma, uno, questa non è la strada tecnicamente giusta; due, non è ammissibile una sequenza di risultati tale.

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Il Milan ha mantenuto la vetta e per come si era messa la gara con l’Hellas si può dire che l’atteggiamento è stato da grande squadra. Sotto di due gol i rossoneri hanno pareggiato e sfiorato (e meritato) la vittoria più volte: spia di un atteggiamento da grande squadra e che, nonostante la giovane ma caparbia rosa (come spesso sottolinea Pioli ai microfoni), permette al Milan di ragionare su massimi concetti, di correre lungo una corrente di prima fascia – almeno un anno fa, le cose erano diverse, soprattutto nella testa.

Il Verona, se non fosse per Zaccagni e Silvestri, probabilmente avrebbe subito una grave sconfitta, anche perché il calcio metal di Juric a San Siro si è visto poco.

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Fonte: Twitter @fcin1908it

Tutti questi discorsi per risparmiarsi l’aggressione del Sassuolo, ancora splendido in alta classifica della Serie A e fermato proprio quando la vetta solitaria sarebbe stata assicurata. I neroverdi ricoprono una posizione che si aspettava prendesse l’Inter o l’Atalanta, bloccate a Bergamo su un giusto 1-1 che rimane positivo per entrambe le squadre. L’Inter non si è involuta, ma pare stanca e la Dea soffre degli stessi problemi. Ma non c’è crisi per Conte e Gasperini, solo una maggiore attenzione ai dettagli, cosa che in Champions ha fatto la differenza per i nerazzurri di Milano.

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Gattuso si lamenta che appiccicano al Napoli la tag di “Scudetto”, ma niente da fare: è così. Con l’acquisto più costoso della storia del club e un roster da 15 giocatori stabilmente convocati nelle varie nazionali, più un gioco finalmente verticale e solido, con molte certezze e dettagli da limare, gli azzurri non possono non pensare di arrivare all’obiettivo preposto due anni fa con il primo Ancelotti. La rosa lunga c’è, i fenomeni pure – Osimhen, pur giovane, è già una certezza – e non serve che crederci. Chi crede, vince.

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La Roma continua il suo ottimo periodo di forma grazie alla quadra giusta trovata da Fonseca. Dieci gol fatti e zero subiti in otto giorni sono tanti, quasi sorprendenti visti gli affanni da cui veniva la Roma qualche settimana fa. A esaltarsi finora sono stati gli over, i campioni, i Mkhtyarian, i Pedro, gli Smalling – in tutto ciò niente Dzeko causa covid-19: questi giocatori stanno dando a Fonseca la solidità necessaria per un progetto lungimirante, in Europa e in Serie A, nato nelle incertezze di un mercato un po’ ambiguo e con una nuova proprietà insidiatasi a Trigoria.

L’alta classifica – e i complimenti a un allenatore straniero che sta mandando avanti la baracca insieme ai senatori chiesti da lui – è meritata. Il grande test il 29 novembre contro il Napoli.

Poi c’è lo Spezia, ancora. Una squadra definitivamente appurata come ostica, cinica sotto porta e organizzata in difesa, con Italiano che non rinuncia a niente né sul piano del gioco né in quello dell’atteggiamento. Ci vuole sostanza in Serie A, e lo Spezia ne ha più delle colleghe neopromosse, che invece faticano a trovare il giusto ordine in campo. Quando si dice che nel calcio italiano servono idee, lo Spezia di Italiano è un esempio lampante.

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