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Lo strepitoso inizio di stagione di Patrick Bamford, attaccante del Leeds United, autore di 7 gol in 8 partite, è soltanto l’ultima delle tante magie di Bielsa e la dimostrazione che nel calcio i giudizi non sono mai definitivi.

Se è vero che sul fatto che sia il campionato più bello del mondo è possibile discutere, considerando che parliamo comunque di gusti personali, non possono esistere dubbi sul fatto che la Premier League sia il campionato più ricco, importante e seguito al mondo. Il massimo campionato inglese sembra l’unico capace di reggere la crisi economica dovuta al Covid-19, l’unico che non si è dovuto ridimensionare e che ha visto le grandi e anche le piccole squadre investire pesantemente in un calciomercato altrimenti mai così piatto.

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Ha investito moltissimo, ad esempio, il neopromosso Leeds United: per la precisione – dati Transfermarkt106,78 milioni di euro, una cifra decisamente considerevole a fronte degli zero incassati dalle cessioni. Soldi che sono serviti per rinforzare praticamente ogni reparto: il francese Meslier in porta, i centrali Koch e Diego Llorente, le ali Raphinha e Hélder Costa, l’attaccante Rodrigo dal Valencia.

Proprio alla punta ispano-brasiliana, costata 30 milioni di euro e acquisto record nella storia del club, sembrava spettare il compito di segnare i gol che avrebbero traghettato i Peacocks verso una salvezza tutt’altro che scontata. Reti che il Leeds aspetta ancora – per adesso un solo squillo nel bel pari contro il Manchester City – ma che sono invece state messe a segno da Patrick Bamford, attaccante inglese che con un inizio di stagione strepitoso sembra finalmente preso a prendersi un posto tra i big, pur se con qualche anno di ritardo.

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Il Leeds di Bielsa ai piedi di Patrick Bamford

La strada per la salvezza è lunga e piena di ostacoli: l’entusiasmo di una promozione che ha finalmente riportato il Leeds in Premier League dopo ben 16 anni deve essere dimenticato, così come i complimenti per un inizio di stagione che aveva fatto sperare persino in un piazzamento nella parte sinistra della classifica.

Marcelo Bielsa è uomo di calcio da oltre trent’anni e conosce bene certe dinamiche, ma nonostante questo il Leeds sembra faticare a trovare un equilibrio: nell’ultima sfida contro il Crystal Palace, infatti, nonostante un possesso palla che ha sfiorato il 65% i Peacocks sono usciti dal campo sconfitti per 4-1. Un risultato difficile da digerire ma che ha confermato una delle poche costanti in questo inizio di stagione: Patrick Bamford c’è.

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L’attaccante classe 1997 sembra infatti aver finalmente completato un percorso di crescita che quando era giovane in tanti giuravano sarebbe stato decisamente più lineare: cresciuto nel Nottingham Forest, acquistato dal Chelsea appena 18enne per poco meno di 2 milioni di euro, Bamford era arrivato a Londra e con le riserve dei Blues aveva segnato 7 gol in appena 5 partite.

Era il Chelsea di Roberto Di Matteo che avrebbe vinto la Champions League, una squadra che in attacco poteva schierare nomi come Drogba, Fernando Torres, Kalou, Sturridge, persino un giovanissimo Lukaku. Il club apparentemente ha deciso di testare le qualità di Bamford altrove, ed è stato in questo momento che la carriera del giovane attaccante è entrata in una fase di involuzione che di anno in anno sembrava sempre più irreversibile.

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Un’incredibile girandola di prestiti

Come sottolinea Rory Smith sulle colonne del New York Times, in un articolo intitolato “Non esiste un cattivo giocatore”, la continua girandola di prestiti a cui è stato sottoposto Bamford lo ha portato presto a essere inquadrato come un giocatore “di categoria”, buono per le divisioni inferiori, giudicato incapace di fare la differenza ad alti livelli senza mai avere avuto una vera possibilità di dimostrare il contrario.

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La verità, come ci ricorda lo stesso Smith e comunque piuttosto nota, è che all’inizio del decennio il Chelsea investiva in numerosi giovani giocatori per svilupparli senza dare loro una vera e propria chance, ma semplicemente per aumentarne il valore attraverso una serie di prestiti e andare poi a guadagnare dalla loro cessione i soldi utili per acquistare le stelle per la prima squadra.

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Una pratica permessa dalle regole ma comunque al limite, che non teneva conto soprattutto dell’aspetto umano, di giocatori finiti in una serie infinita di prestiti, sballottati da una squadra all’altra senza avere il tempo di ambientarsi, privi spesso della fiducia di tecnici consapevoli di lavorare con loro per pochi mesi.

Patrick Bamford è stato uno di questi giocatori: 18 mesi ai Milton Keynes Dons, proprio quando le cose cominciavano a girare ecco mezza stagione al Derby County così e così, quindi un anno al Middlesbrough da 19 gol in 44 partite e subito il salto nel buio, il prestito in Premier League a un Crystal Palace che doveva salvarsi e che non poteva affidarsi a un rookie.

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Il primo assaggio di Premier per Bamford è stato a dir poco amaro: 4 squadre in due stagioni, un trasferimento ogni 6 mesi, le maglie di Palace, Norwich e Burnley appena sfiorate, un pugno di presenze e nessun gol, elemento fondamentale per ogni attaccante per avere fiducia nei propri mezzi.

Le cose sono andate un po’ meglio negli ultimi 6 mesi, il ritorno al Middlesbrough: nonostante la retrocessione, Bamford è stato riscattato per 7 milioni di euro e nella stagione 2017/2018, in Championship, ha messo a segno 13 gol mostrando finalmente tutto il suo talento. Quello di una punta rapida e tecnica, che riesce a farsi valere anche dal punto di vista fisico ma che soprattutto è capace di mettersi al servizio della squadra e molto intelligente dal punto di vista tattico.

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Quello che serviva a Marcelo Bielsa, appena arrivato sulla panchina del Leeds che inseguiva il ritorno in Premier ormai da tempo immemore: Patrick Bamford è stato l’acquisto più importante del mercato estivo del 2018 dei Peacocks, e il fatto di aver finalmente trovato una squadra e un tecnico che credessero in lui gli ha permesso di confermarsi per la prima volta in carriera.

Non lo ha fermato neanche la sfortuna, che proprio nel momento migliore lo ha frenato per 4 mesi con un infortunio al legamento crociato: Bamford è tornato più carico di prima, e nella seconda stagione al Leeds ha finalmente contribuito con 16 gol a riportare la squadra di Bielsa in Premier League.

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Patrick Bamford è un simbolo: e gli esempi non mancano

Non sono tanto i gol a rendere l’idea dello spessore di questo attaccante, anche se ovviamente se ne parla adesso che i 7 gol in 8 presenze in Premier League fanno scalpore: in realtà Patrick Bamford, 27 anni compiuti lo scorso 5 settembre e nei pensieri del ct dell’Inghilterra Southgate, ha conquistato Bielsa e il Leeds con la sua presenza costante nel gioco, che lo ha reso insostituibile anche ai massimi livelli costringendo El Loco a inventare una nuova posizione per Rodrigo.

La sua storia, come sottolinea ancora Smith, è una grande lezione per tifosi, opinionisti e addetti ai lavori: nel calcio non è mai troppo tardi per emergere e non possono esistere giudizi definitivi, etichettare un calciatore senza aver preso in considerazione il suo percorso sportivo e soprattutto umano è assolutamente sbagliato, soprattutto in un mondo come quello di oggi dove il calciomercato è spesso soltanto un meccanismo per fare soldi e in cui molti nomi spesso finiscono con l’essere triturati dalla frenesia del momento.

La storia del calcio, anche recente, è del resto piena di giocatori emersi tardi ma che hanno dimostrato di poter stare con i cosiddetti “migliori”: l’esempio più eclatante forse è Jamie Vardy, esordio in Premier a 27 anni come Bamford e poi bomber del Leicester clamorosamente campione d’Inghilterra, ma anche alle nostre latitudini nomi come Dario Hubner, Antonio Di Natale e infine Francesco Caputo sono lì a ricordarci che se una carriera non decolla subito i motivi possono essere numerosi e non dipendere esclusivamente dalle qualità del diretto interessato.

Appunto “non esistono cattivi calciatori”. Esistono storie, che sono diverse per ognuno, ed esistono caratteri, opportunità, situazioni più o meno favorevoli ed etichette pesanti che a volte rischiano di essere pesanti come macigni. Etichette che non possono essere assegnate in base ai numeri, giudizi che devono tenere conto dell’ambiente, dei compiti richiesti, della fiducia che nel calcio come in qualsiasi altro lavoro può fare tutta la differenza del mondo.

A 27 anni, emerso quasi dal nulla e capace di imporsi in una Premier League per cui tutti lo ritenevano inadatto, prossimo a una chiamata nell’Inghilterra, Patrick Bamford è più di un attaccante sulla bocca di tutti.

È un simbolo.

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