Cosa rischia la Lazio nel caso tamponi? Ecco gli aggiornamenti sul processo al club biancoceleste, che coinvolge direttamente come imputati il presidente Lotito e due medici
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È arrivata anche la sentenza della Corte Fedeale d’Appello a Sezioni Unite, in merito al processo per il caso Lazio-tamponi, scoppiato nel novembre 2020 e che aveva già portato, lo scorso aprile, al deferimento del presidente Lotito.
La Corte, presieduta da Marco Lipari, era stata chiamata dal Collegio di Garanzia del CONI a valutare nuovamente la sanzione comminata qualche mese fa, e ha parzialmente accolto le rimostranze della società Lazio, di Lotito e dei medici Pulcini e Rodia, accusati di aver violato, o comunque non vigilato, le norme sanitarie previste.
⚽️ È stata rinviata al 26 marzo alle ore 11 l'udienza relativa al processo alla #Lazio sul caso #tamponi. Lo ha deciso il Tribunale federale nazionale della #Figc nell'udienza di oggi
— RTL 102.5 (@rtl1025) March 16, 2021
La nuova sentenza ha stabilito, quindi, una riduzione della pena a 2 mesi d’inibizione per Lotito e a 5 mesi per Pulcini e Rodia (rispetto ai 12 dell’ultimo grado di giudizio). Inoltre, la multa ai danni del club è stata ridotta da 200mila a 50mila euro.
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Caso Lazio-tamponi: cosa è successo
Per capire cosa rischia la Lazio, occorre ricostruire il caso tamponi dall’inizio. Il 26 ottobre scorso, la Lazio ha effettuato il consueto giro di tamponi in vista della trasferta di Champions League contro il Club Brugge: Ciro Immobile è risultato positivo al coronavirus, e come lui pare altri componenti della rosa biancoceleste, come Lucas Leiva, Luis Alberto, Strakosha, Lazzari e Luis Felipe.
“Pare”, perché la società non ha mai comunicato i nomi, che i media hanno dedotto dagli assenti negli allenamenti e nelle convocazioni; ad oggi, Immobile è l’unico della cui positività si ha certezza, anche se la Lazio non ha mai smentito gli altri nomi. Ad ogni modo, nessuno di loro ha potuto raggiungere il Belgio il 28 ottobre.
Tamponi #Covid19 negativi alla #Lazio pic.twitter.com/iXHEKgjXGw
— Giovanni Capuano (@capuanogio) November 1, 2020
Fabio Rodia, coordinatore dello staff medico della Lazio, chiarisce però che i casi evidenziati erano “dubbi” e la società ha deciso di metterli in isolamento a scopo precauzionale. Il 30 ottobre nuovi tamponi vengono effettuati, stavolta non dal laboratorio Synlab (a cui fa riferimento la UEFA) ma da Diagnostica Futura di Avellino, che da maggio collabora con la Lazio: il responso è di negatività per Leiva, Strakosha e Immobile, che così tornano a disposizione di Inzaghi per la sfida con il Torino. Il test viene ripetuto il 31 con lo stesso esito: i tre sono convocati, anche se restano in panchina; Leiva e Immobile entrano a gara in corso e quest’ultimo segna anche un gol.
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La situazione però si complica lunedì 2 novembre, con i test per la partita di Champions League in casa dello Zenit: il giorno seguente escono i risultati e, se per Diagnostica Futura sono negativi, per Synlab Leiva, Strakosha e Immobile sono invece ancora positivi. A questo punto, il laboratorio di Avellino precisa che Immobile è risultato “lievemente positivo” al gene N: si tratta di un gene che fa parte della famiglia del coronavirus ma non legato al Sars-Cov-2 (cioè, alla malattia Covid-19), come spiegato da Walter Taccone, proprietario del centro medico campano.
I tre giocatori sono rimasti a casa per la trasferta in Russia, ma a questo punto la Lazio ha deciso di chiedere un parere terzo, rivolgendosi al Campus Biomedico ci Roma: nella giornata di ieri, venerdì 6 novembre, il laboratorio avrebbe confermato la positività di Leiva, Strakosha e Immobile. Anche qui il condizionale, per le ragioni già spiegate sopra. Ma nel frattempo, la Lazio comunicava che gli stessi test, effettuati ad Avellino, avevano dato tutti esito negativo.
Inchieste e sospetti
L’alternanza di positività dei tre giocatori della Lazio desta forti sospetti, al punto che Giuseppe Chiné, Procuratore federale della FIGC, decide di aprire un’inchiesta. Un atto necessario, visto che di mezzo ci sarebbero delle possibili violazioni del protocollo, oltre che un esposto in procura fatto dal presidente del Torino Urbano Cairo, contro la cui squadra la Lazio potrebbe aver schierato giocatori di cui era nota la positività al coronavirus.
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#Coronavirus Scandalo tamponi. La #Asl inguaia la #Lazio: nessuna comunicazione formale sui positivi https://t.co/IVOzlgRimy #serieA #premium
— La Gazzetta dello Sport (@Gazzetta_it) November 6, 2020
La Lazio è sotto accusa anche per non aver segnalato all’Asl i casi di elementi della rosa contagiati, impedendo così di predisporre le misure per l’isolamento fiduciario; la società nega questa dimenticanza, ma a quanto pare la comunicazione sarebbe avvenuta senza fornire la necessaria documentazione agli uffici sanitari. Inoltre, c’è un’altra confusione riguardante i test rapidi e quelli molecolari, che potrebbero dare risultati diversi.
Alcuni giornali, come ad esempio La Repubblica, fanno notare come Taccone, proprietario del laboratorio di Avellino, sia stato presidente del club di calcio campano dal 2012 fino al fallimento del 2018 e, durante quel periodo, fu molto vicino a Lotito al punto da sostenere la sua candidatura a presidente della Lega Serie B.
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Rischi per la Lazio
Immobile si è allenato con la squadra nonostante Synlab lo avesse dichiarato positivo. Per questo, ora la Lazio rischia una penalizzazione di un punto in classifica; ma se dovessero emergere ulteriori irregolarità, attualmente al vaglio delle indagini, le conseguenze potrebbero essere anche più gravi. Per la Gazzetta dello Sport, “le violazioni del protocollo su cui si indaga iniziano ad essere diverse e la posizione del club sembra aggravarsi giorno dopo giorno”: il riferimento è alla mancata comunicazione della Lazio all’Asl competente.
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Inizialmente, Lotito è restato in silenzio, ma dall’ambiente laziale più vicino al presidente sono trapelate – come riporta il Corriere dello Sport – rassicurazioni sul rispetto dei regolamenti da parte del club capitolino, e le sempre presenti ipotesi di complotto, ormai un leitmotiv della cronaca calcistica.
#Lotito a #Repubblica: “Ma che vuol dire positivo? Positivo vuol dire contagioso no? Anche nella vagina delle donne ci sono i batteri ma mica tutti sono patogeni, solo in alcuni casi diventano patogeni e degenerano”
— Giovanni Capuano (@capuanogio) November 7, 2020
Successivamente, La Repubblica ha pubblicato un’intervista a Lotito, in cui il proprietario della Lazio accusava Cairo di agire contro di lui perché “mi odia a morte perché ha perso con me, i suoi giornali mi attaccano per questo” (Cairo è editore della Gazzetta dello Sport), più altre considerazioni medico-sanitarie di dubbia consistenza e ancor più dubbio gusto.
Intanto, però, i test effettuati al Campus Biomedico non vengono tenuti in considerazione dalla Lega Serie A e dalla FIGC, e tantomeno quelli di Synlab, che serve la UEFA, ma unicamente quelli di Diagnostica Futura, a cui la Lazio fa riferimento ufficialmente.
Quando ci si domanda cosa rischia la Lazio, va considerato che il caso a livello giuridico è molto complesso. Paco D’Onofrio, avvocato e professore di diritto presso l’Università di Bologna, ha spiegato a TMW Radio che le conseguenze per il club possono andare dalla multa alla retrocessione.
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La sentenza sul caso Lazio tamponi
La richiesta della Procura della FIGC era stata, a sorpresa, di 200mila euro di multa alla Lazio, 13 mesi e 10 giorni di inibizione al presidente Lotito, e 16 mesi ai medici sociali Rodia e Pulcini. Niente penalizzazione o tantomeno retrocessione per il club, nonostante secondo l’accusa i fatti siano comprovati e il massimo dirigente della società biancoceleste sia minacciato di lunga inibizione.
Quello che si fatica a comprendere della richiesta della Procura #Figc sui tamponi della #Lazio è come possa bastare una multa quando l’accusa dice che i fatti sono provati, tanto che per i responsabili (medici e #Lotito) si chiedono inibizioni lunghe 🤔
— Giovanni Capuano (@capuanogio) March 26, 2021
La sentenza del Tribunale federale presieduto da Cesare Mastrocola aveva ridotto leggermente le richieste della Procura: 150mila euro di multa alla Lazio e 7 mesi di inibizione al presidente Lotito, mentre 12 mesi di inibizione erano stati comminati ai medici Pulcini e Rodia.
Nelle motivazioni della sentenza, rese pubbliche il 7 aprile, il Tribunale diceva che a Lotito non si poteva imputare direttamente della mancata comunicazione dei positivi all’Asl (che era compito dei medici della Lazio), ma è stato comunque punito perché avrebbe “dovuto imporre, unitamente ad altri soggetti qui non deferiti, compresi gli stessi calciatori, un comportamento idoneo e vietare categoricamente ai positivi di poter rientrare nei ranghi della squadra ed imporre loro l’isolamento previsto”.
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Il 30 aprile era poi arrivata la sentenza del processo d’appello, che aveva aumentato la pena per la Lazio: l’inibizione di Lotito era passata da 7 a 12 mesi, e la multa a carico della società da 150mila a 200mila euro. Ora, però, una nuova sentenza ha ammorbito la posizione del presidente, dei due medici e del club.
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