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Il 29 ottobre 1970 nasceva Edwin van der Sar, portiere dell’Ajax degli anni Novanta e oggi dirigente dei Lancieri. Nel suo passato, una storia di caduta e rinascita sportiva, che passa anche dall’Italia.

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Nell’estate del 1999, con l’addio di Edwin van der Sar, si suggella la fine del mitico Ajax di Van Gaal, capace di vincere una Coppa UEFA, una Champions League, una Supercoppa europea e una Coppa Intercontinentale nel giro di un decennio. Lui e Litmanen erano gli ultimi rimasti di quella formazione, dopo la partenza dei gemelli De Boer, e adesso il portiere più talentuoso della storia olandese approda in Serie A.

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Lo ha chiamato la Juventus, che sotto la guida di Carlo Ancelotti vuole iniziare un nuovo ciclo giovane e vincente, tipo il suo vecchio Parma ma più in grande. Il capitano Peruzzi è stato ceduto all’Inter per fare posto proprio a Van der Sar (come lui gli altri veterani Di Livio e Deschamps), e in rosa sono arrivati anche Sunday Oliseh, Jonathan Bachini, Darko Kovacevic e Gianluca Zambrotta.

Ci sono tante aspettative su Van der Sar: lungilineo e glaciale, è un portiere senza eguali al mondo, capace di precisi rinvii coi piedi che si trasformano in azioni offensive molto pericolose. Attorno a lui, però c’è anche il solito scetticismo italiano verso gli stranieri: se dici “portiere olandese”, tutti pensano al bizzarro Jan Jongbloed, che giocava senza guanti e parava coi piedi.

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Costato 17 miliardi di lire, Van der Sar si ritrova catapultato in un mondo che più alieno non si può rispetto al suo stile di gioco: i difensori juventini, come Ciro Ferrara, gli intimano di non azzardarsi a passare loro la palla; Ancelotti insiste che, quando ce l’ha, deve limitarsi a calciare più lungo che può. Se oggi vi sembra di vedere costruzione dal basso ovunque, sappiate che circa dieci anni fa le cose andavano così.

Van der Sar resta un portiere incompreso, in Italia. Capisce di non avere la piena fiducia della squadra e dell’allenatore, e pian piano inizia a mostrarlo anche in campo, specialmente nel corso della sua seconda stagione in bianconero. Gli errori sono sempre più marchiani, e gli valgono il nomignolo di Saponetta; uno dei più gravi, permette a Nakata di pareggiare in un match contro la Roma che, poi, si laureerà campione d’Italia proprio davanti alla Juventus.

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A 30 anni, la carriera di Van der Sar sembra avere gli anni migliori alle spalle. Il Fulham lo paga appena 7 miliardi di lire, e per lui inizia un tranquillo pre-pensionamento in Premier League, fuori dalle coppe europee. Fine della storia.

Anzi no. A Londra, Chris Coleman lo capisce e ne trae il meglio, così lentamente Van der Sar si ricostruisce una reputazione dopo le prese in giro in Italia. Nell’estate del 2005, quando sarebbe più facile prevederne il ritiro, sir Alex Ferguson lo chiama per diventare il nuovo portiere del Manchester United.

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Van der Sar difenderà i pali dei Red Devils fino al 2011, vivendo un’autentica e inimmaginabile seconda giovinezza che gli porterà in dote quattro campionati, tre Coppe di Lega, tre Community Shield, una Champions League e un Mondiale per Club.

L’esperienza allo United segna il riscatto della carriera di un portiere in anticipo sui tempi, ma in grado di ispirare una nuova generazione di colleghi, a partire da Manuel Neuer, che proprio mentre l’olandese si ritirava passava al Bayern Monaco e si consacrava come un estremo difensore rivoluzionario.

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La storia di Van der Sar, però, non finisce con la carriera in campo. Dopo il ritiro, è entrato nella dirigenza dell’Ajax, inizialmente a capo del reparto marketing e poi di tutto il settore sportivo del club.

Nel suo nuovo ruolo, è stato decisivo nella rinascita dell’Ajax degli ultimi anni, ponendo particolare attenzione allo sviluppo dei giovani e a un mercato accorto, delineando il metodo migliore per tornare a essere competitivi in Europa senza stravolgere la filosofia aiacide. La semifinale di Champions League 2018-19, conquistata grazie a De Ligt, De Jong e Van de Beek è in gran parte merito del suo lavoro dirigenziale.

Oggi, i Lancieri possono contare su una società moderna e ambiziosa, che guarda avanti con realismo e serietà. Il marchio di fabbrica di Edwin van der Sar si conferma essere la capacità di rilanciarsi e di essere in anticipo sui tempi, due caratteristiche che incarnano alla perfezione lo spirito dell’Ajax.

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