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Il Bayern Monaco ha schiantato mercoledì sera un Atletico Madrid costruito dal Cholo appositamente per arginare la marea bavarese. Poche settimane dopo la vittoria della sesta Champions League, la squadra di Flick sembra aver intrapreso una strada nuova, che a sette anni dal primo triplete non ha il sapore di una “Last Dance 

Bayern Monaco: quanto è profondo il fondo?   

“Success, in sports, can be a soporific. A glorious today has a tendency to make tomorrow seem too distant, too theoretical to worry about. In the narcotic haze, it can seem as if the present will last forever.”

Rory Smith, New York Times

Il successo nello sport può essere soporifero? Spesso, purtroppo, è così. Proviamo a prendere d’esempio il Barcellona di oggi, in profonda crisi finanziaria e destinata a salutare Leo Messi al termine della stagione. Gli anni di vittorie e trionfi europei e mondiali non hanno lasciato spazio a una programmazione a lungo termine portando di fatto alla situazione attuale.

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Lo stesso problema sembrava essere sorto al Bayern Monaco durante la gestione di Niko Kovac: arrivato nel luglio 2018, l’allenatore croato prese in mano una squadra che sembrava giunta alla sua ultima corsa. Dopo l’arrivo di Heynckes come pacificatore di una situazione negativa nella stagione 2017/2018, ecco che il tecnico ex Amburgo sembrava poter ridestare il gigante dormiente della Baviera. 

Eppure le sessantacinque gare in cui sedette sulla panchina del Bayern Monaco non avevano dato cattivi presagi: 45 vittorie, 12 pareggi e solo 8 sconfitte, con una media di 2,26 punti a partita. Il problema, evidente ai più, era il rapporto instaurato con la vecchia guardia, con i campioni che Heynckes aveva portato al primo triplete della storia del Bayern: Thomas Müller, Javi Martinez, Jerome Boateng e – in parte – anche Manuel Neuer, sembravano giunti a fine ciclo, con Kovac a traghettarli nel dopo-Bayern. 

Rigenerazione Bayern Monaco 

E così, nel marzo ’19, il Bayern esce contro i futuri campioni d’Europa del Liverpool, perdendo per 1-3 all’Allianz Arena e cadendo nell’ennesima buca europea dal triplete del 2013.  Jerome Boateng, su tutti, sembrava dover andare via e l’estate 2019 venne etichetta soprattutto per la delusione del mancato arrivo di Leroy Sané, punto cardine della campagna propagandistica di un Bayern in crisi di identità. 

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A novembre la svolta: Kovac esonerato, Flick promosso a primo allenatore per quello che sembrava l’ennesimo anno di transizione. Da allora, condite e fondate sulla vittoria della Champions League in versione estiva, Flick ha inanellato 40 vittorie in 44 gare sulla panchina del Bayern, con 3 sconfitte e un solo pareggio a concedergli una media di 2,75 punti a partita. 

Con una media più alta di Guardiola (2,41) e di Heynckes stesso (2,17), Flick sta dimostrando di possedere quelle qualità umane per gestire uno spogliatoio come quello dei campioni di Germania e d’Europa. 

“He has a genuine interest in you as a person. He is not afraid to show his own vulnerability. And that is contagious.”

Pere Mertesaker

Ma ecco che qui sboccia il fiore della rigenerazione: a vederla da fuori, la vittoria dell’ultima Champions da parte del Bayern Monaco sembra il colpo di coda di una generazione. Müller, Lewandowski, Neuer, Boateng, Martinez, tutti ormai oltre i trent’anni, sono ancora l’unica colonna portante di questa squadra? 

Gioventù lanciata

La risposta è, come si può evincere guardando una partita qualsiasi del Bayern, ovviamente no. Nel 2017 il Bayern ha dato il via ad un nuovo centro per giovani calciatori a pochi passi dall’Allianz Arena, destinato a generare nuovi campioni con il DNA bavarese nei geni.

Ne parla Hermann Gerland durante l’inaugurazione del centro nell’agosto ’17, quando sottolinea: 

“Prometto che lavoreremo sodo e daremo tutto, io stesso darò tutto. Perché semplicemente qui non c’è spazio per chi non da tutto. Il nostro motto è: non dare all’avversario il tempo di pensare.” 

Tale evoluzione, figlia dell’avvento di pep Guardiola nel 2013, ha generato diversi campioni attualmente in rosa e gettato le basi per un futuro ancor più roseo: Joshua Kimmich, dopo David Alaba, è il prodotto della mentalità del Bayern Monaco più importante degli ultimi anni. 

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Ma, come visto nella gara contro lo Schalke in apertura di Bundesliga, molti di più sono i missili in rampa di lancio che il club sta preparando per il prossimo futuro. 

DNA Bayern Monaco 

Partiamo dai talenti homemade che, acquistati low cost dalle giovanili mondiali o prodotti in casa, stanno pian piano prendendo spazio nelle gerarchie di Flick: Chris Richards, classe 2000, arriva da Dallas, e insieme ad Alphonso Davies – per il quale è possibile quasi fare un discorso a sé stante – rappresenta il fiore della gioventù d’oltreoceano approdata ai lidi della Baviera. 

BAYERN MONACO: LA NUOVA GIOVENTÙ

A seguire i talenti del Bayern Monaco II: Angelo Stingler (2001), Daniels Ontuzans (2000), Leon Dajaku (2001), Armindo Sieb (2003) e, sopratutto, Jamal Musiala (2003) e Joshua Zirkzee (2001). Questi ultimi, protagonisti contro lo Schalke e in altre gare del Bayern tra la scorsa e l’attuale stagione, rappresentano ciò che il Bayern sta costruendo: un nuovo arsenale di talenti, pronti a crescere al fianco dei campioni di oggi. 

Acquisti mirati, futuro assicurato 

Se dunque al Bayern Monaco il clima che Flick sta cercando di instaurare tra veterano e giovani promesse sembra essere quello di una comunione di intenti e di volontà, ecco che gli acquisti, quasi sempre a costo zero, formano la vera linfa vitale di un modus operandi tipico dei campioni d’Europa e di Germania. 

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Leroy Sané, dal costo proibitivo di 100 milioni di sterline nell’estate 2019, è alla fine arrivato alla corte del Bayern un anno dopo, per la metà del costo richiesto da Guardiola la stagione precedente. Leon Goretzka, ex Schalke come Manuel Neuer e lo stesso Sané, è arrivato a costo zero imponendosi come uno dei migliori centrocampisti del panorama internazionale, così come Gnabry e Coman, i due alter ego di Robben e Ribery, che nella scorsa stagione hanno trovato la propria consacrazione. 

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Starting from the top

Una formazione ragionata, costruita su solide basi gettate nel 2013 da Heynckes e in grado di accompagnare nella crescita i giovani talenti che il Bayern ha saputo mettere uno di fianco all’altro nel corso degli anni. 

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Lisbona, per questo nuovo Bayern Monaco, sembra più un punto di partenza che un punto di arrivo: Flick, come riportato anche da Mertesaker dopo una chiacchierata avuta negli spogliatoi di Brasile 2014, ha la capacità di entrare in comunione con i giocatori a livello umano, qualità fondamentale in club come il Bayern. 

I giovani si sentono accolti in un contesto in grado di valorizzarli e accettarli come futuro incombente al fianco di chi ha vinto tutto ciò che c’era da vincere. Nessuna formula magica né segreti per restare al top costantemente, in questo il Bayern è sempre stato chiaro: progettazione su un futuro che non può aspettare, neanche quando il profumo di alloro è ancora fresco. 

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