Il 24 ottobre 1977 nasceva Ivan Kaviedes, attaccante ecuadoregno genio e sregolatezza che passò anche dal Perugia di Gaucci. Ecco la sua storia.
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Un attaccante sudamericano arriva a Perugia, ma non è Luis Suarez e non è lì per un esame di lingua italiana: si chiama Ivan Kaviedes, viene dall’Ecuador e il suo acquisto da parte della società umbra è una delle piccole notizie del calciomercato del gennaio 1999.
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Non si può dire che la sua esperienza in Serie A lascerà il segno a livello tecnico, ma Kaviedes troverà comunque il modo di farsi ricordare, e negli anni la sua figura si ammanterà di un pizzico di fama, più per le sue azioni fuori dal campo che dentro. Ma andiamo con ordine.
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Kaviedes, il primo ecuadoregno
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Quando arriva il Italia, El Flaco Kaviedes è il primo ecuadoregno della storia del nostro campionato: Felipe Caicedo è ancora un ragazzino, all’epoca, e dell’Ecuador nessuno sa molto, sia a livello calcistico che geografico o politico. I più esperti, sicuramente ricordano Alberto Spencer, fuoriclasse del Peñarol degli anni Sessanta, ma null’altro.
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Il suo acquisto è una delle prime bizzarre operazioni di Luciano Gaucci, il presidente del Perugia neopromosso in A, che nel corso degli anni andrà a pescare giocatori sconosciuti “da statistica” come Kaviedes, conquistandosi grande fama mediatica e più magri risultati sportivi. È il Perugia di Gianluca Petrachi, di Zé Maria, di Hidetoshi Nakata, di Mika Lehkuoso e di Milan Rapaic, per intenderci.
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Kaviedes è una prima punta “alla sudamericana”, tecnica e spettacolare, e che sa giocare quasi esclusivamente coi piedi e non con la testa: insomma, non proprio il giocatore più adatto alla Serie A. Ma nella sua ultima stagione in patria, con l’Emelec, ha messo a segno l’impressionante cifra di 43 reti e vinto la classifica cannonieri, così il Perugia spera di aver fatto il colpo che gli garantirà una comoda salvezza.
El Nine vagabondo
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El Nine, cioè “il nove”, in un pidgin ispano-anglosassone: Kaviedes si presente così al Perugia, volendo sulla maglia questa scritta al posto del proprio cognome, visto che il numero è occupato e gli tocca in sorte un anonimo 33. Capita in una squadra in difficoltà , che dopo poche settimane cambia allenatore (Boskov rileva Castagner) e l’impatto col calcio italiano non è dei più semplici: oggi, ce lo si ricorda soprattutto per lo spettacolare pallonetto con cui beffa Rampulla a Torino.
Le cose non vanno bene perché Kaviedes tende a perdersi nella vita notturna della città universitaria, e poi perché un giorno viene alle mani con Zé Maria e, offeso, torna in Ecuador per due settimane, durante le quali manca ovviamente di allenarsi. Lascia l’Italia in estate e inizia a girovagare in cerca del suo ambiente ideale: Celta Vigo, Puebla, Valladolid, Porto, Crystal Palace, Argentinos Juniors, con puntuali ritorni in patria.
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Su internet lo si trova ormai citato tra i bidoni e le meteore della Serie A, o per situazioni extra-campo prossime alla galassia del trash (come ad esempio il soprannome Inseminator, guadagnato dopo che tre donne diverse lo identificarono come padre dei rispettivi figli), che lo hanno reso uno di quei miti bizzarri e inspiegabili della nostra era.
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Sfiorando la gloria
Kaviedes fu indubbiamente un giocatore con un carattere non all’altezza del suo talento, visse anni giovanili eccezionali che poi non fu più in grado di ripetere. Quando, nel 2002, il suo Ecuador prese parte per la prima volta ai Mondiali, El Flaco non era certo tra le stelle della squadra (Agustin Delgado e Ulises De La Cruz erano sicuramente più noti) e giocò appena 67 minuti in due partite, contro il Messico, da titolare, e poi subentrando contro la Croazia.
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In quello stesso anno, era stato una comparsa nel Porto vincitore della Supercoppa portoghese, che fece da base per i successi dell’era Mourinho. Ma a quel punto Kaviedes aveva ripreso a viaggiare in cerca della sua dimensione sportiva ideale. Nel 2006, mentre giocava in Argentina, tornò ai Mondiali e questa volta segnò finalmente una rete, rimasta celebre più che altro per l’esultanza con la maschera da luchador, dedica all’amico e collega Otilino Tenorio, appena morto in un incidente stradale.
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“Mi abuelo tuvo una enfermedad, le dijeron que tenÃa poco tiempo de vida, decidà en ese momento venirme de Portugal 🇵🇹 y rescindir el contrato porque querÃa estar con mi abuelo. pic.twitter.com/H6iOgojZYg
— Gabriel Solorzano (@GaboSolorzanoEc) June 10, 2020
Un personaggio bizzarro, Ivan Kaviedes. I media riportano si sia ritirato nel 2014, ma in realtà ogni tanto torna in campo in Ecuador: nel 2015 ha giocato con l’Aguilas, nel 2017 con il Club Deportivo Santo Domingo, e lo scorso luglio ha annunciato un nuovo come back, a 42 anni, il Club Aviced. Perchè se sei genio e sregolatezza, lo sei per sempre.