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Ci si domanda, osservandolo: è lo stesso? Perché la differenza è notevole. Ciro Immobile, quello dell’Olimpico, è un centravanti infallibile. Quello che indossa l’azzurro, e non il celeste, fatica a brillare. Eppure è lui, non ci sono dubbi, ma altri ne sorgono commentando certe difficoltà e i suoi numeri. Il rendimento con l’Italia lo espone a critiche che a Roma sono rare.

Della Lazio, Immobile è il re: da quattro anni segna gol a grappoli. Poi, in Nazionale, l’involuzione: non demerita, ma neppure si esalta. Diventa uno dei tanti. Non giustifica l’enfasi di ogni suo gol da fantacalcio. Quali i motivi? Tanti, troppi. Non esiste una sola verità. Si parte dal banale presupposto che la concorrenza non lo aiuta: Immobile, che indossa la Scarpa d’Oro, gioca alternandosi a Belotti. Un dualismo anche mediatico che strozza le rispettive ambizioni. Ma è un alibi che non regge.

Immobile alla Lazio e in Nazionale: statistiche e differenze

Si parte dalle cifre, fotografia dei momenti: Immobile in Nazionale ha segnato 10 gol in 42 partite, la media elementare è di una rete ogni quattro incontri. Solo 4 nelle ultime 21 gare. Ben altri numeri nella Capitale: 126 gol in 181 presenze. Tradotto: una rete ogni partita e mezza. Per comprendere meglio, due gol ogni tre gare con la maglia della Lazio.

STIAMO SOPRAVVALUTANDO L’ITALIA?

Sono numeri impressionanti che confermano la sua enorme qualità: perché Immobile s’è ripetuto nel tempo e ogni anno ha fatto meglio. 26, 41, 19 e 39 le sue cifre in quattro stagioni: sono i gol complessivi in tutte le competizioni. Difficile vantare una continuità simile. Per questo motivo il dubbio sul rendimento altalenante è invadente. Ricorrente la domanda: perché Immobile in Nazionale non riesce a ripetersi? Cosa gli manca, cosa cambia, cosa c’è diverso?

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Immobile con l’Italia: la concorrenza e l’aiuto dei compagni

La prima risposta è universale: giocare per le proprie Nazionali non è come farlo per il proprio club. Cambia tutto, a partire dai compagni. Immobile è un attaccante legato all’istinto ma anche agli schemi, alle situazioni favorevoli. Sa crearsele. Nella Lazio gioca a memoria. Conosce pregi e difetti di ogni altro calciatore. In Nazionale, dove spesso si sperimenta, sia tatticamente che nei singoli, non c’è spazio per azioni a occhi chiusi. Emergono maggiormente le doti individuali. Immobile, che non è un centravanti classico, che non si diverte spalle alla porta, fatica per questo.

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Il 4-3-3 di Mancini, che lo difende, non è il modulo adatto a esaltare le sue caratteristiche. Gli esterni cambiano spesso e lo servono poco e male. Con l’Olanda la squadra ha palleggiato bene ma costruito a tratti: appena 7 tiri di cui 6 in porta. Due di questi di Immobile: uno fallito clamorosamente a tu per tu col portiere. Tanti gli errori dell’attaccante a Bergamo: appena 2 duelli vinti su 10 e 8 palloni persi. Forse per scarsa lucidità. Non è mancata la corsa. Ma non è stata sapiente e utile come quella di Roma.

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Immobile alla Lazio: oasi felice di gol e spettacolo

Immobile ha reso grande la Lazio e viceversa. Nessuno ha maggiori meriti: si equivalgono. La conquista della Champions è legata ai suoi 36 gol, il suo traguardo dipende dal gioco corale di Inzaghi che lo esalta. Ancora le statistiche ci supportano: nell’ultimo campionato, la Lazio ha raggiunto diversi primati. La squadra biancoceleste ha la media di 9 contropiedi a partita. Proprio in campo aperto Immobile brilla: frontale alla porta, rincorrendola assieme al pallone.

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La Lazio, inoltre, ha segnato il 63% dei suoi gol in area di rigore. Cosa significa? Che sulla trequarti c’è grande tecnica e la squadra arriva con facilità col ‘pallone in porta’ grazie ai vari Correa, Luis Alberto e Milinkovic-Savic. Si spiegano così i 18 rigori conquistati, altro primato, con Immobile spesso protagonista dal dischetto. E’ una giostra di gol, la Lazio: ne segna, in media, tra i 2 e i 3 a partita. Meglio, nell’ultimo campionato, ha fatto solo l’Atalanta.

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