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Se l’Italia non sta benissimo, l’Olanda è messa poco meglio: da quando Frank De Boer si è seduto in panchina i risultati sono stati molto deludenti.

Nonostante l’Italia di ieri sera non sia stata proprio irresistibile, l’Olanda non può ancora dirsi promossa. Nel match di Bergamo, gli Oranje hanno sicuramente offerto una buonissima prova, ma ancora una volta hanno mancato la vittoria.

STIAMO SOPRAVVALUTANDO L’ITALIA?

Da quando Frank De Boer si è seduto in panchina, a fine settembre, gli olandesi hanno giocato tre partite senza vincerne nessuna, e quello di ieri di Van de Beek è stato il primo gol segnato, dopo la sconfitta interna col Messico e il pareggio in Bosnia a reti inviolate. E per qualcuno, questo è il momento di ritirare fuori i vecchi dubbi sull’ex-allenatore dell’Inter.

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De Boer prima dell’Olanda

Frank De Boer è stato un grande giocatore, ma come allenatore i suoi risultati non sono finora stati altrettanto convincenti. Eppure, i suoi esordi all’Ajax lasciavano sperare diversamente: quattro campionati consecutivi – cosa mai riuscita nemmeno a Michels, Cruijff e Van Gaal – lo avevano lanciato tra le grandi promesse della panchina. Anche se già allora c’era chi faceva notare le zone d’ombra: i pochi gol, il gioco difensivo e poco spettacolare, i campionati vinti al di sotto della media punti solitamente necessaria.

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Tutti nodi che sono venuti al pettine non appena lasciata Amsterdam. L’esperienza all’Inter è stata breve e terribile: chiamato in fretta e furia a sostituire il dimissionario Mancini, De Boer non fece in tempo a imparare la lingua e conoscere i giocatori (frutto di un mercato in cui non aveva avuto alcun ruolo) che dopo 85 giorni era già a spasso. Praticamente la stessa cosa avvenuta al Crystal Palace, anche se lì la permanenza durò appena 76 giorni.

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Ad accomunare le due esperienze, la scarsità di reti prima ancora che di punti totalizzati: 13 gol in 11 partite con l’Inter, addirittura zero in 4 partite col Palace; 14 punti conquistati in Italia, nessuno in Inghilterra. L’attacco, in fondo, era stato un suo problema anche all’Ajax, che a quei tempi aveva una percentuale di vittorie tra il 56% e il 60%. Problemi che si sono riproposti anche all’Atlanta United, nel modesto campionato nordamericano.

Gli squilibri dell’Olanda

L’approdo di De Boer in nazionale è stato abbastanza improvviso e inaspettato, frutto di un effetto domino generato dalla batosta subita dal Barcellona in Champions League: Ronald Koeman – che aveva portato l’Olanda in finale di Nations League – si è seduto sulla panchina blaugrana, liberando un posto agli Oranje, temporaneamente riempito dal suo vice Dwight Lodeweges (era lui l’allenatore, al momento della sconfitta di Amsterdam contro l’Italia).

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De Boer non era forse l’allenatore ideale per le ambizioni dell’Olanda, quanto piuttosto il profilo più alto tra quelli disponibili immediatamente. Non va comunque sottovalutato il fatto che, nei Paesi Bassi, il suo nome è ancora legato ai successi con l’Ajax, e non tanto ai fallimenti avvenuti in seguito. Ciò non toglie che il suo esordio col Messico sia stato molto negativo, e la causa non può essere solo dei giovani che ha fatto partire tirolari (Wijndal e Koopmeiners).

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L’Olanda sconta innanzitutto i problemi di una rosa poco equilibrata, con alcuni giocatori di grandissimo livello (Van Dijk, Van de Beek, Frenkie De Jong) ma anche con reparti abbastanza scoperti. Tra questi, purtroppo per De Boer, c’è anche l’attacco. Col Messico ha schierato Depay falso nove, con Berghuis e Babel esterni, sul modello di Koeman, ma gli Oranje sono sembrati abbastanza inoffensivi (6 tiri totali, di cui 3 nello specchio della porta, e possesso palla leggermente a sfavore).

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Nella trasferta in Bosnia, De Boer ha deciso di optare per l’unica vera prima punta di peso a sua disposizione, Luuk De Jong, attaccante di 30 anni che, però, fa la riserva al Siviglia e non ha mai saputo imporsi lontano dalla Eredivisie. L’Olanda è stata più pericolosa (15 tiri, anche se solo 4 in porta), pur senza riuscire a capitalizzare il suo possesso palla e la grande mole di lavoro fatto da un centrocampo che, al momento, è il vero punto di forza della squadra.

De Boer deve lavorare in attacco

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Probabilmente, è ingiusto dare troppe responsabilità a De Boer. Ha avuto poco tempo per lavorare e queste sue prime uscite non sono state facili. Inoltre, come abbiamo accennato, l’Olanda è priva di un grande realizzatore: ecco perché, alla sua prima uscita, il ct ha scelto di puntare su Berghuis, ala destra e capocannoniere dell’ultimo campionato locale. Già Koeman aveva dovuto fare i conti con la scarsità di centravanti, ma era riuscito lo stesso a dare un gioco armonioso alla squadra sfruttando proprio il ruolo di Depay come falso 9.

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Le difficoltà di De Boer con i suoi attaccanti meriterebbero quasi un articolo a parte: arrivato all’Ajax, dovette rinunciare dopo pochi mesi a Suarez, passato al Liverpool. Faticò a rimpiazzarlo, e infine optò per l’islandese Sigborsson, che però raramente raggiungeva la doppia cifra stagionale. Paradossalmente, quando ad Amsterdam arrivò Milik, i Lancieri smisero di vincere il campionato. Il futuro dell’Olanda dipende soprattutto da come De Boer riuscirà a risolvere il più grande difetto del suo calcio.

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