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Il 9 ottobre 1940 nasceva John Lennon, storico leader del Beatles. Pochi sanno che, da ragazzo, il suo mito era un attaccante cileno del Newcastle, George Robledo, primo sudamericano del calcio inglese.

Questa storia inizia il 4 ottobre 1974, con la distribuzione nel mondo di Walls and Bridges, il nono album solista di John Lennon. Per l’ex-frontman dei Beatles, questo è un periodo complicato: si è separato da Yoko Ono a causa di una relazione con la propria assistente, e i lavori del suo album precedente sono finiti malissimo, con i nastri che sono spariti e Lennon che ha dovuto ricominciare daccapo, cambiando completamente progetto.

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Walls and Bridges, però, si rivelerà un successo clamoroso, regalandogli il suo primo e unico signolo solista in cima a una classifica: Whatever gets you thru the night. La scelta della copertina del disco è molto particolare: si tratta di frammenti di disegni che Lennon fece da bambino, tra cui se ne scorge uno di una partita di calcio. Questo è l’aspetto che interessa a noi: è la finale di FA Cup del 1952, e raffigura il gol di George Robledo, il primo sudamericano della storia del calcio inglese.

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Dal Cile a Brampton

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Jorge Robledo nasce nel 1926 a Iquique, una città mineraria del Cile. Sua madre Elsie proviene da una povera famiglia dello Yorkshire, e si è trasferita in Cile per lavorare come tata per i figli dell’alta borghesia britannica che da anni controlla le miniere del paese sudamericano. Qui si è innamorata di Aristides, contabile cileno impiegato anche lui nel settore minerario, e hanno avuto tre figli: Jorge, Eduardo e Walter. Ma nel 1932 il Cile è travolto dalla crisi economica e dall’instabilità politica, ed Elsie lascia il marito, prende i figli e torna dai parenti in Inghilterra.

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La famigliola cresce a Brampton tra molte difficoltà, sia economiche che sociali: i ragazzi sono mulatti, e subiscono il razzismo della provincia inglese. Ma si riscattano giocando a pallone, Jorge come attaccante ed Eduardo come difensore. Diventano presto noti come George e Ted, e nelle seconda metà degli anni Quaranta entrano nel Barnsley, in Second Division.

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Robledo, stella a Newcastle

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Ted, che gioca terzino sinistro, non è molto talentuoso, ma George è un fenomeno, e fa presto strada, portandosi appresso il fratello in ogni trasferimento. Nel 1949, dopo 105 presenze e 45 reti, lascia il Burnsley per 26.500 sterline e sale di categoria, accasandosi al Newcastle United. Qui, la sua carriera raggiunge l’apice: un anno dopo, il ct Arturo Bucciardi lo convoca per giocare con il Cile ai Mondiali del 1950, i primi del dopoguerra. Robledo è così il primo nazionale sudamericano a un Mondiale a giocare in Europa, e va anche in gol nel 5-2 inflitto dalla Roja agli Stati Uniti.

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In Inghilterra, le cose vanno anche meglio. Nel 1950, il Newcastle chiude al quinto posto in campionato; l’anno seguente, al quarto, e vince la FA Cup, battendo in finale il Blackpool di Stanley Matthews. Nei Magpies, Robledo forma una coppia d’attacco sensazionale assieme a Jackie Milburn, che garantiscE al club bianconero una seconda FA Cup l’anno seguente, conquistata sull’Arsenal con un gol nel finale proprio del cileno, quello che il piccolo John Lennon disegnerà.

Nello stesso anno, Robledo è capocannoniere della First Division, e primo non-britannico a vincere il titolo. Nelle sue stagioni al Newcastle, segna 82 gol in 146 partite, ma nel 1953, a soli 27 anni, decide assieme al fratello Ted di fare ritorno a casa: la malinconia dell’emigrante li convince a tornare in Cile, siglando un trasferimento storico al Colo-Colo.

Robledo cambia il calcio cileno

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L’impatto di George Robledo sul calcio locale è devastante e porta a una vera e propria rivoluzione tattica: formatosi in Europa, in un gioco fisico e verticale come quello inglese, insegna subito ai compagni a servire i passaggi non sui piedi, ma in profondità, e a fare le sponde di testa, invece che cercare unicamente la conclusione. Il suo influsso si rivela decisivo nella crescita, prima in nazionale e poi nel Colo-Colo, di Enrique Hormazabal, l’astro nascente del calcio cileno.

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Nel 1955 e nel 1956, il Cile raggiunge due secondi posti nella Copa America, e Robledo si afferma come uno dei più determinanti giocatori del continente: con la maglia del Colo-Colo mette a segno la bellezza di 84 gol in 153 partite, è due volte capocannoniere e vince due campionati più una coppa nazionale, prima di trasferirsi a chiudere la carriera al O’Higgins di Rancagua.

Divenuto ingegnere minerario, continua a lavorare nello sport a livello giovanile, e viene inserito nel comitato organizzatore dei Mondiali del 1962, che si tengono proprio in Cile. Sarebbe potuto essere il torneo destinato a consacrare il suo pupillo Hormazabal come star internazionale, ma i dissidi con il ct Riera lasceranno a casa l’attaccante, che oggi è molto noto in patria ma poco conosciuto fuori dai confini nazionali.

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Epilogo

La storia di George Robledo non finisce qua. Innanzitutto, bisogna citare la misteriosa morte di suo fratello Ted, che lo aveva seguito al ritorno in Cile e, nel 1957, aveva lasciato il calcio per andare a lavorare nel settore petrolifero: tredici anni dopo, cadde da una nave nel Golfo dell’Oman e annegò; il suo corpo non fu mai trovato e si diffusero le voci che fosse una spia al soldo dei britannici.

George invece terminò i suoi giorni nel 1989, sostanzialmente dimenticato. Nessuno aveva collegato la copertina di Walls and Bridges al suo gol all’Arsenal del 1952, fino a che, nel 2009, lo scrittore cileno Nestor Flores non riuscì a connetter i due avvenimenti. Da allora, la figura di Robledo è stata recuperata sia in Cile che in Inghilterra, dandogli il valore che merita: quello di un eroe sportivo dei due mondi.

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