In patria viene considerato come uno dei futuri protagonisti della nazionale portoghese, ma al Manchester United non trova spazio: alla scoperta di Diogo Dalot
Un paio di anni fa gli scouting, a domanda precisa quale fosse il terzino destro più promettente in circolazione, avrebbero più o meno dato la stessa risposta: ce ne sono tanti, certo, ma Diogo Dalot è differente. Differente nel senso che ha mezzi importanti e poco importa se, dopo un paio di stagioni al Manchester United, le promesse non sono ancora state mantenute in pieno. Portoghese, classe 1999, Diogo Dalot ha infatti davanti orizzonti ancora inesplorati.
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Per questo motivo, e data la situazione complicata all’interno del contesto dei Red Devils, il lusitano potrebbe finire sul mercato e lasciare Manchester a cifre consone. Tra i tanti club interessati ci sarebbe anche il Milan, che avrebbe già addirittura avanzato un primo approccio per capire se, e soprattutto quanto, percorrere questa strada sia concretamente fattibile. Il nodo sarebbe la formula: prestito con diritto contro la richiesta di obbligo. Niente di insuperabile, comunque.
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Un profilo spendibile
Portarsi a casa Diogo Dalot, per di più a condizioni favorevoli, sarebbe un affare sotto tutti i punti di vista. In primis tecnico, perché al Milan manca tanto un laterale con le sue caratteristiche, ma anche economico e di prospettiva. Infatti, il nuovo corso giallorosso prevede l’innesto massiccio di giovani forti e già pronti per essere gettati nella mischia, da far crescere e maturare per poi, perché no, ributtare sul mercato alla ricerca della plusvalenza perfetta.
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Diogo Dalot risponde a questo identikit? Risposta sintetica: sì. Argomentando ed entrando un po’ di più nel dettaglio, si parla comunque di un ragazzo 21enne sbocciato molto presto, per il quale José Mourinho ha fatto carte false per averlo al Manchester United: la società ha infatti sborsato oltre 20 milioni di euro, il valore intero della clausola rescissoria, per poterlo regalare al guru portoghese. Poi, però, le cose non sono andate come sperato.
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Un’esperienza in chiaroscuro
Già , perché a Manchester negli ultimi anni l’aria è strana, rarefatta da un ambiente che non si è ancora ripreso dal doloroso addio di Sir Alex Ferguson. Dopo lo scozzese, sulla panchina dei Red Devils si sono succeduti diversi manager, nessuno dei quali ha saputo raccogliere quell’eredità tanto prestigiosa quanto pesante. Solskjaer in parte ce l’ha fatta, ma non sono mancate le critiche nemmeno per lui. Peraltro, con il norvegese al timone Diogo Dalot è scivolato in fondo alle gerarchie di squadra.
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Nella stagione 2019/20, infatti, il portoghese ha totalizzato solo 11 presenze – segnando peraltro una rete, in FA Cup – per un totale di 577 minuti, meno di sette partite intere. Davvero troppo poco, anche aggiungendoci il fastidioso problema all’inguine che lo ha tenuto fuori dai campi da ottobre a fine gennaio. Post lockdown, Diogo Dalot non ha praticamente mai visto il campo, un segnale inequivocabile del fatto che del progetto sportivo del Manchester United, lui, non fa più parte.
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Cresciuto nel sempre florido vivaio del Porto, Diogo Dalot è nato a Braga ma sin da piccolo ha lasciato casa per inseguire il suo sogno di giocare a calcio. Passato ai Dragoni, che lo strapparono al Benfica, è cresciuto sul prato dell’Estadio Do Dragao facendo da raccattapalle alla prima squadra. Celebre, in tal senso, una foto che lo ritrae mentre abbraccia Kelvin: l’ex attaccante del Porto segnò il gol vittoria proprio in un match contro gli Encarnados e Diogo Dalot, posizionato dietro la portà , gli saltò in braccio.
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Il diamante portoghese è il classico terzino di spinta mediterraneo. Gioca a destra ma si adatta perfettamente anche a sinistra, è abile tecnicamente e possiede una buona conduzione di palla, crossa tanto e spesso prova anche il tiro dalla distanza. Colpisce poi la sua maturità nel gestire le situazioni e la lettura del gioco, anche se quando viene pressato va ancora troppo in confusione. Di certo, chi lo prende fa un affare: per l’immediato, certo, ma soprattutto per il futuro.
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