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È scomparso all’età di 85 anni Jack Charlton: fratello maggiore del leggendario Bobby, icona del Leeds United e perno dell’Inghilterra campione del mondo nel 1966, fu il commissario tecnico dell’Irlanda capace per la prima volta di qualificarsi ai Mondiali.

In questi giorni, a trent’anni esatti di distanza dalle “notti magiche” di Italia ’90, si sprecano le rievocazioni di un’estate che per molti fu nel bene o nel male indimenticabile. Tra le tante immagini che tornano alla mente ripensando a un Mondiale entrato per forza di cose nell’immaginario collettivo, tra gli occhi spiritati di Totò Schillaci e le lacrime di Maradona, non è così istintivo per noi appassionati italiani ricordare un’altra avventura che segnò la storia calcistica di un Paese.

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Fu il sogno dell’Irlanda, capace per la prima volta di qualificarsi alla fase finale di un campionato del mondo e capace sulle ali dell’entusiasmo di volare fino ai quarti di finale, finendo per essere eliminata 1-0 dall’Italia che per molti poi avrebbe dovuto alzare al cielo la coppa.

Un sogno che il regista inglese Stephen Frears, basandosi sull’omonimo racconto di Roddy Doyle, descrive perfettamente con il film “Due sulla strada”, la storia di due amici e un chiosco ambulante durante quell’indimenticabile estate italiana in cui un’Irlanda “brutta, sporca e cattiva” – si dirà che “i festeggiamenti furono più belli delle partite” – si trova finalmente a lottare alla pari con le grandi realtà del pianeta.

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Jack Charlton e la riscossa dell’Irlanda

Tutto ha inizio con l’arrivo sulla panchina della Nazionale di Jack Charlton, all’epoca poco più che 50enne allenatore inglese con un curriculum non così esaltante: indiscutibilmente considerato un’icona da calciatore, come tecnico ha alle spalle un eccellente esordio con il Middlesbrough – promozione in First Division e allenatore dell’anno nella prima stagione – ma poi diversi alti e bassi. È un personaggio che divide, le sue idee tattiche sembrano vecchie e superate: nessuno può immaginare quello che succederà nel giro di pochissimo tempo.

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Affidandosi a un tradizionale 4-4-2 tipicamente british, basato su tanta corsa e lanci lunghi verso il poderoso centravanti, l’Irlanda riesce finalmente a trovare una propria identità di squadra, che va al di là del valore dei singoli.

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L’esempio è il “gran rifiuto” di Jack Charlton nei confronti di Liam Brady, che dopo essersi ritirato dalla Nazionale durante il percorso di qualificazione verso i Mondiali del 1990 si rende nuovamente disponibile una volta che la squadra ha raggiunto lo storico traguardo: il ct è categorico, in Italia ci andrà soltanto chi si è conquistato questo onore sul campo.

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Quella Nazionale entrerà nel cuore di tutti: è un gruppo scanzonato, irriverente, che si diverte. Da ct Jack Charlton concede ai suoi la libertà di gestire come preferiscono il tempo libero, a patto di vedere impegno e applicazione nei 90 minuti. La squadra vola sulle ali dell’entusiasmo, gioca senza paura e per questo riesce a mettere in difficoltà anche rivali ben più accreditate, affrontandole senza alcun timore reverenziale.

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La prima storica qualificazione ai Mondiali è la conseguenza della prima, altrettanto storica, qualificazione agli Europei: è questo il primo grande traguardo raggiunto da Jack Charlton come commissario tecnico dell’Irlanda, e arriva nel 1988 a due anni di distanza dal suo insediamento. Il calcio irlandese è cresciuto enormemente in brevissimo tempo, e tanti ragazzi sono diventati uomini mettendosi alla prova in Inghilterra.

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A EURO ’88 la banda di Jackie esce già al primo turno, ma si toglie la soddisfazione di superare la Scozia durante le qualificazioni e di stendere l’Inghilterra durante la manifestazione: sono state gettate le basi per l’esaltante cavalcata di Italia ’90 – parliamo dell’Irlanda di Bonner e O’Leary, Cascarino e McGrath, Houghton e Niall Quinn – a cui seguiranno una nuova qualificazione a USA ’94 e gli Europei del 1996 soltanto sfiorati, sfumati a causa degli infortuni occorsi a uomini-chiave come Roy Keane e dopo uno spareggio contro l’Olanda che si basa sull’Ajax finalista in Champions League.

“Nel mio cuore sapevo di avere chiesto tutto quello che potevo chiedere ai miei giocatori. E che loro mi avevano dato tutto quello che mi potevano dare.”

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Le due vite di Jack Charlton, eroe d’Irlanda e d’Inghilterra

È all’indomani della sconfitta contro gli oranje, poco più che 60enne, che Jack Charlton decide di ritirarsi a vita privata: incassato l’eterno amore di un popolo che con gli inglesi non ha certo un rapporto eccezionale (eufemismo) il ct che ha cambiato la storia calcistica di un Paese chiude una storia, quella con il football, durata mezzo secolo.

Oggi che ci ha lasciato, 85 anni compiuti da poco e a causa di un linfoma di cui soffriva da tempo, è doveroso ricordare Jack Charlton a 360 gradi: come l’uomo che ha rivoluzionato il football irlandese, dunque, ma anche come il campione che fu sul campo in una carriera vissuta interamente con la maglia del Leeds United.

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Nato in condizioni di grande povertà, fuggito alla dura vita della miniera insieme al fratello minore Bobby grazie al calcio, Jackie entra nelle giovanili dei Peacocks quasi all’ultimo tuffo, dopo aver riflettuto a lungo sulla possibilità di entrare in polizia. È l’inizio di una storia che lo porterà a collezionare 773 presenze con il club (un record) e a vincere tutto a livello domestico sotto la guida di Don Revie: campionato, FA Cup, Coppa di Lega, trofei che vanno ad aggiungersi a due Coppe delle Fiere.

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In eterno ricordo

In Nazionale arriva alla soglia dei trent’anni, quando quasi non ci pensa più: il ct Alf Ramsey nel 1965 lo affianca al centro della difesa a Bobby Moore, il suo compito è coprire il più talentuoso compagno – vero e proprio regista difensivo – e lui lo svolge con costanza e abnegazione. Se i geni calcistici della famiglia – la madre è cugina di ben 4 calciatori professionisti – sono andati in gran parte a Bobby, giustamente considerato ancora oggi uno dei più forti giocatori mai visti al mondo, Jack Charlton è comunque una colonna della difesa, implacabile sull’uomo e insuperabile nel gioco aereo.

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Tanto basta per conquistare la fiducia del ct: ai Mondiali del 1966, Jack Charlton è un elemento fondamentale – con il portiere Banks, Moore, i terzini Cohen e Wilson e il pugnace mediano Stiles – di una difesa che fino alla finale incassa una sola rete e che nell’ultimo atto contro la Germania Ovest soffre non poco la classe degli avversari ma viene salvata dalla strepitosa tripletta di Geoff Hurst.

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L’Inghilterra vince il suo primo – e unico – mondiale nel 1966, e Jackie Charlton giustamente entra, insieme ai compagni, nella storia del calcio inglese. Trent’anni più tardi, all’indomani delle sue dimissioni da ct, l’Irlanda gli concede la cittadinanza onoraria per ringraziarlo del lavoro svolto e che ha cambiato calcisticamente un Paese troppo spesso finito ai margini della storia del football.

Anche se la sua anima ha lasciato questo mondo, Jack Charlton resterà per sempre uno degli eroi immortali del calcio britannico e mondiale, l’uomo che da calciatore entrò nella storia dell’Inghilterra e da ct fu capace di fare lo stesso con l’Irlanda, guadagnandosi l’eterno rispetto di due popoli uniti dalla sua leggendaria figura.

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