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Una squalifica per doping come incipit di una carriera che sembrava promettere ben altro: José Angulo, dopo quattro anni, è pronto a tornare in campo

Immaginate di essere davanti alla televisione e di guardare uno di quei programmi che parla di Sudamerica. Un argomento tanto svicerato, soprattutto negli ultimi anni, quanto banalizzato da quella mistica retorica che dipinge il subcontinente come un agglomerato di luoghi comuni, figli dello status di povertà che affligge milioni di persone e delle problematiche sociali che ovviamente ne conseguono. Concetti senza dubbio fastidiosi, che talvolta i calciatori sudamericani stessi tendono a combattere.

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José Angulo però non fa parte di questa categoria. L’attaccante ecuadoriano, proprio in questi giorni, ritornerà ad allenarsi dopo ben quattro anni di stop. Sì, avete capito bene: quattro anni. Il motivo? Una squalifica per doping comminatagli nel lontano 2016, quando il suo nome era sulla bocca di tutti per via di un paio di stagioni straordinarie al centro dell’attacco dell’Independiente del Valle. La matricola nerazzurra, con Angulo a fare da referente offensivo, si era spinta addirittura a un passo dalla vittoria della Copa Libertadores, sfumata nella doppia finale contro il colosso Atletico Nacional de Medellin.

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José Angulo, una promessa mancata

Classe 1995, José Angulo per anni è stato considerato come uno dei talenti più cristallini dell’intero panorama sudamericano. Svezzato nel sempre florido vivaio della IDV, ‘Tin’ – soprannominato così per la somiglianza fisica ma anche tecnica con Agustin Delgado, storico centravanti della nazionale tricolor – aveva esordito presto nel professionismo, e a 20 anni aveva aiutato l’allora squadra allenata da Mauro Repetto a conquistarsi l’accesso alla finale di Libertadores.

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Un cammino, quello dell’Independiente del Valle, da vero e proprio ‘matagigantes’, visto che nella fase a eliminazione diretta i nerazzurri si erano presi il lusso di spazzare via sia il River Plate che il Boca Juniors. Con ‘Tin’, ovviamente, sempre nelle vesti di attore principale: la punta originaria di San Lorenzo, città porteña nella provincia di Esmeraldas, ha segnato in tutte le doppie sfide, bucando i due giganti argentini con una rete a testa e decidendo, praticamente da solo, la partita casalinga con i Pumas messicani.

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Il Granada e la squalifica per cocaina

Luglio 2016 rappresenta la prima vera sliding door per la carriera di José Angulo. Dopo la grande campagna disputata in Libertadores, il Granada – ai tempi ancora sotto il controllo della famiglia Pozzo – lo strappa alla concorrenza per oltre 4 milioni di euro, una cifra che permette all’Independiente del Valle di risistemare il proprio centro sportivo – un riferimento non solo circoscritto all’Ecuador, ma esempio per tutto il Sudamerica – e costruire nuove strutture a Sangolquì, città dormitorio alla periferia di Quito nella quale la IDV incanala tutto il talento rastrellato all’interno del paese.

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Angulo, però, fa giusto in tempo a imbarcarsi per l’Andalusia prima di ricevere una grande delusione: il Granada lo ha scaricato perché la società, nella persona del direttore sportivo Javier Torralbo, è venuta a conoscenza di una sua positività durante il controllo antidoping effettuato dopo la prima finale di Libertadores. Il responso non lascia spazio a interpretazioni, visto che le analisi parlano di un consistente consumo di cocaina. Angulo non conferma né smentisce, rimane fermo un anno e mezzo ma vince il ricorso presentato alla Conmebol.

Il quale, però, viene ribaltato dal TAS, con la FIFA che conferma così la squalifica e la prolunga fino al 2020. Quattro anni, quarantotto mesi senza poter scendere in campo. Tantissimi, soprattutto per un ragazzo che sembrava decisamente in rampa di lancio. La sue giocate, che abbinavano un tecnica di base clamorosa all’esplosività fisica di cui pochi sono dotati, all’improvviso non contano più. E mentre alcuni suoi compagni di squadra come Bryan Cabezas, Jefferson Orejuela e Junior Sornoza volano all’estero, lui si rifugia a Sangolquì, facendo perdere le proprie tracce.

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La rissa e il carcere, poi il ritorno

Per un po’ di mesi ci si chiede che fine abbia fatto quel centravanti implacabile che si era guadagnato un’opportunità in Liga. Poi, nel maggio del 2018, i notiziari della capitale aprono con la sua faccia in primo piano: José Angulo è stato arrestato per una scazzottata con alcune forze dell’ordine, ‘colpevoli’ di aver fermato lui e i suoi amici per un controllo di routine nel bel mezzo della notte. Nella collisione volano anche bottiglie rotte e sassi, che feriscono un paio di poliziotti. L’epilogo è inevitabile: arresto e detenzione per aggressione a pubblico ufficiale.

‘Tin’ passa così 102 giorni in carcere, durante i quali diventa l’idolo della prigione e viene conteso dalle squadre di futsal che giocano il torneo interno della struttura. Una volta uscito comincia nuovamente ad allenarsi: in suo soccorso arriva l’Independiente del Valle, che non ha dimenticato il grande apporto dato dal ragazzo fino a qualche anno prima. Per non lasciarlo da solo, la società lo invita al campo e gli permette di allenarsi con la prima squadra: “Per me è stata una liberazione – ha dichiarato Angulo in un’intervista – perché ho capito che sarei potuto davvero tornare a giocare”.

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Tijuana, una nuova era

Nel frattempo cominciano a piovere offerte. D’altronde il ragazzo è giovane, e questo gli permette di guardare avanti con ottimismo. Barcelona ed Emelec gli propongono un precontratto, che diventerebbe effettivo al momento della fine della squalifica, ma accettare la corte dei colossi d’Ecuador sarebbe un po’ come tradire l’unico club che non lo ha mai abbandonato. Quindi Angulo ringrazia e declina, aspettando una nuova occasione.

Poche settimane fa è stato ufficializzato il suo passaggio al Tijuana, prima divisione messicana. Gli Xolos lo hanno tesserato a parametro zero e gli hanno permesso di allenarsi, in attesa di capire se e quando in Messico il calcio tornerà finalmente al centro dell’attenzione. Nel frattempo c’è una condizione fisica da puntellare e nuovi obiettivi da raggiungere.

Tornare in campo è quello principale, magari ritagliandosi uno spazio importante in uno dei campionati più importanti delle Americhe. Perché no, facendo tesoro di certi errori di gioventù, sperando col lavoro di poter di nuovo riprendersi quell’Europa che quattro anni fa gli ha sbattuto la porta in faccia. A 25 anni, di orizzonti da esplorare ce ne sono ancora parecchi.

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