Idolo dei tifosi del Torino, ma in crisi profonda dal punto di vista tecnico: la carriera di Andrea Belotti, alla vigilia di un mercato che potrebbe portarlo via dai granata, è arrivata a un punto di svolta
Il 28 maggio 2017, con un bellissimo gol segnato al Sassuolo, Andrea Belotti concludeva la sua miglior stagione in carriera. In campionato, il bomber del Torino aveva raggiunto quota 26 gol, attirando non solo le sirene di diversi top club europei, ma facendo drizzare le antenne anche a Urbano Cairo. Il presidente granata aveva annusato l’affare: per cederlo all’estero, quindi, inserì una clausola da 100 milioni di euro pensando che si potesse scatenare una vera e propria asta di calciomercato.
Alla fine, però, il centravanti rimase in granata, convinto dalle promesse della società e dall’investitura da capitano datagli in stagione, quando Sinisa Mihajlovic decise di togliere la fascia dal braccio di Benassi per affidarla al Gallo, condottiero di una squadra che, a quei tempi, nutriva sogni di gloria. A tre anni di distanza però le cose sono decisamente cambiate: sia chiaro, Belotti rimane uno degli attaccanti più forti del campionato, ma la scia dell’iper-valutazione sembra ormai un lontano ricordo. E adesso il Torino riflette seriamente sul da farsi.
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Belotti, un idolo in crisi
Nella partita di sabato sera contro il Parma, Belotti è stato decisivo in negativo, come purtroppo è capitato troppo spesso in questa stagione. Ovviamente, è inutile dire che il contesto generale non lo ha di certo aiutato – il Torino, quest’anno, sta disputando una delle peggiori stagioni dell’era Cairo -, ma anche lui è praticamente sempre mancato nei momenti clou. Il rigore fallito contro i Ducali ha di fatto precluso la vittoria ai granata, che prima del lockdown arrivavano da un filotto di sconfitte clamoroso a tal punto che Cairo, a febbraio, aveva deciso di esonerare Walter Mazzarri.
La rincorsa, il tiro debole e centrale, l’esecuzione quasi a occhi chiusi: per Sepe, portiere del Parma, parare il rigore del Gallo è stato un gioco da ragazzi. Più in generale, l’attuale stagione ha, se ancora ce ne fosse il bisogno, messo in luce tutto il meglio ma anche il peggio di Belotti, idolo incontrastato (spesso a ragione) del popolo granata per via dell’impegno e dell’abnegazione sfoderata ogni domenica sul terreno di gioco.
Contestualmente, in più occasioni si è rivelato un attaccante limitato dal punto di vista tecnico: se da un lato ha affinato negli anni le sue doti balistiche da stoccatore (nelle ultime tre stagioni viaggia comunque a una media di 15 gol ogni anno), dall’altro difficilmente ha mostrato di sapersi costruire da solo i presupposti per andare a rete. Il che, in questo Torino che corre e crea poco, sta paradossalmente trasformandosi in un grosso problema. A oggi Belotti ha scollinato la doppia cifra stagionale, ma solo se contiamo anche i 6 gol segnati nel preliminare di Europa League contro avversarie – eccezion fatta per il Wolverhampton – improbabili.
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Una questione tattica e di attitudine
Non è un caso che, nell’unica annata in cui ha decisamente overperformato, Belotti abbia avuto a dirigerlo un allenatore dalla vocazione prettamente offensiva come Sinisa Mihajlovic. Nel primo anno del serbo, sebbene in termini di risultati il Torino non abbia ottenuto nulla, la squadra costruiva e finalizzava molto. Il Gallo veniva affiancato stabilmente da due esterni in grado di metterlo in porta più volte durante una partita. A destra Iago Falque, a sinistra Adem Ljajic: il feeling con entrambi è sbocciato in fretta, perché se è vero che la squadra non si preoccupava troppo di difendere, davanti era letale.
Dato il benservito al serbo, mai veramente sostituito, sono cominciati i primi problemi. Poi, l’arrivo di Mazzarri, ha completato inconsapevolmente l’opera: il livornese, dogmatico e fissato per il 3-5-2, ha riadattato Iago Falque da seconda punta, togliendolo di fatto dall’unica mattonella nella quale lo spagnolo sapeva rendere. In piccolo, è stato fatto con Iago ciò che Ventura fece con Cerci: ti dò libertà , tu cerca di risolvermi la partita. E Belotti, in tutto ciò, si è sempre più ‘evoluto’ in un attaccante più incline a sgobbare senza palla tra i piedi, fermando quella crescita in zona gol che sembrava promettente.
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Belotti e i rigori: statistiche da incubo
C’è poi un’altra statistica preoccupante che fa tremare i tifosi del Torino: Andrea Belotti è uno dei peggiori rigoristi della Serie A. Prendendo in considerazione soltanto gli specialisti attuali che militano nel massimo campionato italiano, notiamo come il Gallo sia tra gli ultimi per quanto riguarda la percentuale di realizzazione. I numeri dicono che, su 25 rigori calciati in carriera, ne ha falliti ben 8. Mal contati, il 32% circa, davvero troppo per un centravanti come lui.
Tra i problemi evidenziati, percepibili anche al di fuori del campo, c’è sicuramente la meccanica di esecuzione: Belotti aspetta sempre diversi secondi dopo il fischio dell’arbitro e spesso i suoi tiri sono a incrociare, forti ma quasi mai angolati. In questo modo, o il portiere va dall’altra parte o è molto probabile che il penalty venga neutralizzato. In casa granata non è però che ci siano molte alternative, questo è vero, ma contestualmente va detto che, in queste condizioni di classifica, il Torino non può permettersi di perdere punti in questo modo.
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Rinnovo o addio: tutti gli scenari di mercato
Detto ciò, Belotti rappresenta comunque un asset societario molto importante. Tanto che, da qualche settimana, in molti si chiedono quale possa essere il suo futuro. Partiamo col dire che, in caso di retrocessione del Torino, i pezzi pregiati – quindi anche lui – verranno ceduti per fare cassa. In caso di salvezza, invece, Cairo dovrà capire il da farsi. Da una parte c’è voglia di allungargli il contratto, oggi in scadenza nel 2022, per farne una bandiera del Torino, passando ovviamente per un ritocco al rialzo dell’ingaggio.
Dall’altra, invece, si sprecano le voci di calciomercato: durante il lockdown Everton e Napoli si erano fortemente interessate a lui, mentre oggi l’Inter sarebbe forte sul centravanti bergamasco, uno dei profili ideali per il credo calcistico di Conte. La valutazione del cartellino, considerando anche i disastri lasciati dalla crisi economica figlia del Coronavirus, non può superare un range che va dai 40 ai 60 milioni di euro. E sì, Cairo si starà mangiando le mani ripensando al passato, ma i tifosi un po’ meno.
A prescindere da ogni ragionamento, Belotti rimane il simbolo di un’intera tifoseria, il giocatore del quale i bambini si innamorano imitando la sua esultanza con tanto di cresta e numero 9 sulle spalle. O, più banalmente, uno dei migliori bomber della storia granata. Il calcio moderno però apre strade sempre più differenti e variegate: Belotti ha 27 anni e deve decidere cosa fare da grande. Se essere granata per sempre o accettare una nuova sfida. Scelta difficile, molto più che realizzare un calcio di rigore.
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